sabato 26 ottobre 2019

essere bravi, non basta

Come cerco sempre di spiegare in classe, non si giudica quanto sia stato bravo l’artista o la bellezza di un’opera d’arte, né di una performance, quanto la sua efficacia. In poche parole un’opera d’arte ha davvero valore se ci racconta qualcosa dell’artista o della società che l’ha prodotta, comunica il messaggio che si voleva comunicare o ottiene l’effetto che si cercava di ottenre.
Ebbene, vorrei far sapere agli studenti che ieri hanno bloccato la porta della mia scuola in piazza Frescobaldi, a coloro che si son sentiti tanto bravi per la propria performance, per “averla tirata in tasca” ai professori e alla scuola, che forse la prossima volta dovrebbero fare maggiore attenzione.
Perché a ben vedere, aldilà dell’essere stati furbi e scaltri, il messaggio generale che hanno diffuso, non può dirsi univoco e ben comprensibile. Dico davvero: poca chiarezza e coerenza ragazzi, questo è un problema.
Innanzi tutto, erano girati volantini che inneggiavano a far sciopero il 25 ottobre contro l’ampliamento dell’aeroporto, eppure, davanti all’ingresso ostruito del Capponi, nessun cenno a questa motivazione, sventolate invece cartelli con scritto “NO TAV”. Cos’è, la voglia di rispettare il clima e non inquinare vi ha spinto a riciclare i cartelli dell’anno scorso? Poi, verso le 9.00, ve ne siete andati in piazza Santo Spirito, a fare cosa (oltre che a fumare e socializzare allegramente)? No, sul serio, chiedo perché sono curiosa, siete andati a parlare di clima (dopotutto era venerdì), sicurezza, aeroporto, a riflettere sull’antico detto “piove, governo ladro” o a vantarvi della vostra bravata?
Forse sono io a essere un po’ tonta, può darsi, ma se davvero avete a cuore qualcosa e volete ottenerlo, dovrete parlare alle masse (che facilmente fraintendono) e, ricordatevelo, i messaggi dovranno essere più chiari.
No, perché ieri, anche uno in buona fede, poteva capire male.
Per esempio, poteva pensare che non manifestavate contro l’aeroporto, bensì contro quei poveracci dei custodi. Ma certo, non vi sembrava abbastanza fargli pulire l’urina (che puntualmente viene diffusa a pioggia nei bagni dei maschi) e quindi avete ideato la furbata di fargli spaccare la schiena per riportare i banchi al primo piano (tutti quelli che avevate accatastato nell’androne). Ganzi davvero, come minimo c’avete trent’anni di meno, se vi garba di far traslochi, la prossima volta vi suggerirei di farli a casa vostra.
Oppure, una meno in buona fede come me, poteva pensare che non volevate far lezione e basta, che volevate prendervi un giorno di vacanza. Per questo il trasloco: perché una volta che i carabinieri (pagati anche dalle mie tasse) invece di essere impiegati in qualcosa di socialmente più utile (complimenti ancora ragazzi), sono venuti a tagliare la catena e forzare i lucchetti nel cortile, se voi non aveste accumulato tutti quei banchi e reso momentaneamente inagibile la scuola, saremmo entrati tutti a far lezione… non sia mai!
Ma lasciamo perdere cosa può aver pensato un’insegnate secchiona e un po’ stupida, che pur di non perdere un’ora di lezione, va a scuola anche con la febbre e accompagna i ragazzi nelle uscite nel suo giorno libero.
C’è di peggio.
Volete sapere che tipo di messaggio è arrivato ieri a tutti coloro che non facevano parte della vostra "task force" di furbacchioni e scaltri, cioè a tutti gli altri studenti, soprattutto a quelli di prima (che si accalcavano spaesati su ponte Santa Trinita con lo zaino carico di libri e le cartelline, chiedendomi se potevano almeno consegnarmi il disegno lì)?
Credetemi, non è arrivato nessun messaggio a favore del clima o contro l’aeroporto, bensì, solo e soltanto, che loro non avrebbero potuto scegliere (se entrare e far lezione o se rimanere fuori e manifestare) e che dovevano imparare a chinare la testa e basta.
Gli avete insegnato qualcosa di terribile: che loro, come singoli, non avevano il diritto di pensare diversamente o agire diversamente dal gruppo.
Allora, voglio che sappiate come la penso io, voglio dirvelo con chiarezza, perché così vanno dette le cose a cui si tiene davvero: chi pensa di avere ragione e decide di imporre il proprio pensiero sugli altri in modo violento, privandoli dei propri diritti e della libertà di scelta, potrà anche avere successo, ma avrà sempre, decisamente, torto.

lalla

P.S. Può darsi che io abbia capito tutto al contrario: magari non sono stati degli studenti. Magari.

mercoledì 2 ottobre 2019

in pericolo, ma fiera

Non esiste esperienza più pericolosa e gratificante di dipingere il ritratto di una bambina su commissione.
Pericolosa, perché io proverò a capirla in pochissimo tempo, nonostante il fastidio di farsi fotografare e attraverso tutte le maschere che indosserà per difendersi da me. Che sono un’estranea armata di Canon e parecchio curiosa, non c’è di peggio. E la mia casa non è il suo ambiente naturale (dove sarebbe stato più facile nascondersi), ma ci sarà sempre la sua mamma con lei e di solito, con un po’ di pazienza e una merenda, l’imbarazzo la abbondonerà e mi lascerà entrare per conoscerla.
Dopo circa un’ora (spero non troppo brutta per lei) ci saluteremo, ma anche se io non dovessi rivederla mai più in carne e ossa, passeremo ancora tanto tempo insieme.  Nel mio studio resteremo sole. La guarderò a lungo negli occhi, dovrò scavarci dentro e razzolare nel profondo, alla ricerca di quel qualcosa che è lei. Quando mi sembrerà di averla trovata, proverò a catturarla con delle pennellate di colore. Non sarà facile, mi impegnerò con tutta me stessa.
E’ davvero una cosa pericolosa, perché quando io penserò (stremata) di esserci riuscita, quello che crederò di aver visto infondo a quello sguardo forse (probabilmente) non corrisponderà a quello che ci ha sempre visto (o vorrebbe vederci) la sua mamma. So già che, nonostante tutto il mio impegno, il rischio di deluderla non è propriamente un rischio, ma più una discreta probabilità.
Gratificante, perché mi renderà davvero fiera pensare che una mamma innamorata della sua bambina avrà così tanta fiducia in me da affidare gli occhi di sua figlia ai miei occhi. Che sono diversi dai suoi, ma che in ogni caso la guarderanno e la ameranno sinceramente.
E’ questa sincerità, io credo, l’unica attenuante che di solito salva il risultato del mio lavoro dal rigetto di quella mamma.
E se anche questa volta, che le bimbe sono due (insieme), io riuscirò a cavarmela, non potrò che dire grazie. A tutte e tre.
Con una speranza: che nel lungo periodo, le due ragazze (e donne) possano sempre ricordare e apprezzare ciò che io ho visto dentro di loro.


lalla

martedì 1 ottobre 2019

sono troppo, sono per niente

C’è un problema grande.
Mando segnali sbagliati, oppure sono gli altri che li capiscono male.
Anzi no, mi sa che i segnali sono giusti, gli altri li capiscono fin troppo bene e così mi fregano.
Cerco di cavarmela da sola e di non rompere le palle (chiedendo favori a destra e a manca), le persone ne deducono che io non abbia mai bisogno di aiuto (e neanche di tante attenzioni).
Provo ad aiutare quelli che me lo chiedono e mi viene naturale di fare tutto ciò che posso per gli altri, così le persone intuiscono che io sia una fonte inesauribile e che se c’è da fare qualcosa, nessun problema, basta chiedere alla lalla (che tanto quella bischera se ne sta lì impalata senza fare niente, in attesa di servire).
Mi impegno per invitare gli amici, proporre e organizzare, di conseguenza le persone ipotizzano che non ci sia bisogno di fare altrettanto e, se non lo faccio io, passano mesi  (o anni) senza un contatto.

Cerco di trasmettere intorno a me gentilezza, gioia ed entusiasmo, così le persone pensano che io sia eternamente felice. Che come un'ameba galleggi in uno stato di grazia intoccabile e che non abbia bisogno mai di niente. Che qualsiasi sentimento introspettivo e profondo in fin dei conti non mi appartenga.

Mi sono sempre fatta coraggio e ho trovato il modo di andare avanti anche dopo enormi batoste, perciò le persone si sono convinte che io sia indistruttibile (che possa essere colpita, con piccoli e grandi urti, in eterno). Che insomma io sia una specie di pungiball e che possa sopportare ancora e ancora, all’infinito. In ogni caso, a loro non interessa.
Vado avanti con quello che la vita mi da senza lamentarmi troppo, anzi con gratitudine (perché in effetti la vita mi ha dato tanto), per questo le persone suppongono che io per me non desideri più niente. Forse, pensano perfino che quello che ho, sia troppo. Cioè, se proprio devono provare un sentimento nei miei confronti, la maggior parte delle volte, è l’invidia.
Dato che io mi piaccio abbastanza e non mi vergogno di me stessa (anzi, me ne vado in giro vestita come una rificolona), né cerco di nascondere gli anni che passano (neanche mi tingo i capelli), le persone pensano che io sia molto sicura di me e che non abbia bisogno di conferme, quindi che non mi piacerebbe essere desiderata, né corteggiata.
Mi arrangio e sto bene anche da sola, quindi le persone credono che io mi basti, cioè che non mi piacerebbe avere un’altra persona accanto, né essere amata.
Calma adesso, non cominciamo a dire: “tu non sei sola, tu sei circondata da tante persone che ti amano” perché in questo discorso non valgono i figli (geneticamente progettati per amare la propria madre), non vale la mamma (per la medesima ragione), né tanto meno tre gatti spelacchiati (in cerca di protezione, coccole e cibo).
Se io sospetto (piuttosto fondatamente) che la stragrande maggioranza dei maschi sia incapace di amare incondizionatamente qualsiasi altro essere umano ad eccezione di se stesso (la mamma non vale, vedi protezione, coccole e cibo), subito le persone pensano che non mi piacerebbe essere smentita e incontrare finalmente un’eccezione.  Tutti coloro che sono forti e solitari, anelano nel profondo di essere smentiti.
Io non sono insensibile.
Quando le persone mi sfruttano io lo percepisco, mi disturba e mi fa sentire usata.
Io non preferisco la solitudine.
Quando le persone mi ignorano io lo percepisco, mi disturba e mi fa sentire dimenticata.
Chi mi vuole bene mi dice: “Sei troppo buona”, “Non sai dire mai di no”, “Ti preoccupi troppo per gli altri”.
Non ci posso fare niente: se vedo sorridere qualcuno per merito mio, mi sento felice.
Come faccio a cambiare? Forse dovrei provarci perché altrimenti il problema non si risolve, però in realtà io sono fiera di essere così. Non posso credere che questa non sia una cosa bella: esser felici della felicità altrui. Io non voglio cambiare proprio per niente... non è che per caso tutti gli altri potrebbero smettere di approfittarsene? Di me e di tutti quelli come me (non sono mica l’unica scema sulla faccia della terra).
Non accadrà mai. Ormai l’ho capito, pace.
Invece, per quanto riguarda gli uomini, proprio non mi capacito.
Ora, io non dico di trovare l’amore, per carità, ma manco uno che mi inviti a uscire?! Cioè, un povero Cristo che mi trovi un minimo interessante e che abbia voglia di passare un po’ di tempo con me? Sono davvero così repulsiva o c’hanno tutti dei gusti di merda? Perché altrimenti non si spiega!
La questione inverosimile è che non si tratta di adesso, bensì di sempre (cioè anche di quando ero una ventenne oggettivamente molto gnocca). Via, bisogna che ne prenda atto: sarò pure dolce e sorridente, ma globalmente respingente. Non c’è verso, mi sa che sono un caso da studiare in laboratorio e che emano un ormone speciale che li scaccia. 

La mia mamma (quella che mi ama) dice che con me i maschi si spaventano: “perché sei troppo intelligente, sei troppo bella e sei troppo brava in tutto quello che fai”.
Sono troppo bella e brava? Ma quando mai!? E quindi? Dovrei farmi uno sfregio sulla guancia? Dovrei iniziare a disegnare gli omini-stecco?
Recentemente mi è anche stato detto: “In effetti non ti mancherebbe niente quindi è sicuramente una questione di atteggiamento: sei troppo sincera e trasparente”.
Dovrei essere falsa? Imparare a raccontare un po’ di cazzate?
Mi sa che è vero, ma proprio non posso, tolleranza zero verso bugie e falsità.
E quindi, ecco la dura verità: non sono emotivamente sicura di me, avrei anch'io tanto bisogno di protezione e di coccole (una montagna di coccole, cibo no grazie, sennò divento un barile).
Ma io mi conosco, se incontrassi qualcuno che mi piace, se mi invitasse a uscire, dopo due o tre moine finirei per innamorarmi di nuovo e ricadrei nella solita modalità geisha. Sarei ancora io a prendermi cura e non viceversa. Basta: non va bene per niente, fortuna che mi stanno alla larga! Il mio ormone è, evidentemente, difensivo.
Sono troppo. Sono per niente.
E io che da bambina pensavo che bastasse essere me stessa. Che prima o poi avrei incontrato qualcuno a cui sarei piaciuta così come sono, senza se e senza ma.
Romantica e cretina, altro che intelligente.

lalla