Io sono sempre stata un caterpillar nel fare esami. Una macchina da guerra.
La cosa che mi rendeva speciale era la capacità di “fare io” l’esame, di
condurlo. Nel senso che non me ne stavo lì come un agnello sacrificale in
attesa della mazzata, nel 90% dei casi è stata praticamente una conversazione
alla pari anche perché avevo ben chiaro dove sarebbe calato il bastone e così
potevo scansarmi in tempo. La caratteristica più importante del bravo studente
non è la preparazione, bensì la capacità di “leggere” il proprio insegnante.
Insomma, potendo prevedere dove saremmo andati a parare, non ci sono mai state
troppe sorprese. Sia io che il mio professore avevamo qualcosa (molto) da dire
sull’argomento perché ovviamente io ero anche preparatissima (oltre che
sveglia) e quando si tratta di parlare, qualcuno dovrebbe spararmi alle gambe
per farmi stare zitta.
Tutto è iniziato alle elementari, le ho vissute in modo davvero travagliato.
Non ho frequentato nessun asilo e ne vado fiera, ho passato la mia infanzia
allegramente appesa sugli alberi, a coccolare gatti e a rincorrere galline.
Trascorrevo le giornate da sola (e in piena armonia) a disegnare splendide
donne libere (come lo ero io) e a inventare storie (più o meno quello che mi
piacerebbe fare anche adesso). La vera spensieratezza.
Poi da un giorno all’altro, senza preavviso, mi hanno buttato su un banco (e io
sono nata a novembre, quindi a scuola ci sono pure andata presto).
Non l'ho presa bene. C’ho provato, credetemi, e all’inizio ero molto
emozionata di questa novità e anche ottimista (sono una a cui piace buttarsi). Avrei
conosciuto la maestra di Guido e Silvia, solida istituzione del paese, ci
tenevo a fare bella figura.
Appena entrati in classe ci fece un bel sorriso, poi ci chiese: “Chi di voi sa
scrivere il proprio nome?”
Io alzai subito la mano perché sapevo scriverlo
benissimo, anzi, andavo tutta fiera di aver inventato un modo molto grafico di
incastrare le due “LL” per formare una firma stilosa da apporre sui miei
disegni. Scrisse i nostri nomi alla lavagna e ci chiese di alzarci, uno per
uno, e di andare a riconoscerli. Io non sapevo leggere nient’altro che il mio nome, ma ci sono
andata fiduciosa, solo che quello non c’era e così le ho detto: “Il mio
nome non c’è.”
“Come no? Allora scrivilo tu, se ne sei capace davvero.” Aveva smesso di
sorridere, il suo tono di sfida mi turbò. Non conoscevo ancora la “razza insegnante”,
era il mio primo contatto, e non mi aspettavo di poter finire così alla gogna
in un attimo. Ricordo che la mano mi tremava e la firma non venne tanto
elegante. “Questo non è il tuo nome: lalla non significa niente, tu ti chiami
Ilaria,” e sempre più fredda: “Vai a sederti.” Quindi pensò bene che non bastasse
e che fosse il caso di umiliarmi di fronte a tutta la classe: “Bambini,
ricordatevelo bene tutti: se non sapete fare una cosa non dovete dire bugie, io
non sopporto le persone che mentono.”
Io non mento mai. Era lei a non conoscere il mio vero nome. Prendermi della
bugiarda in quel modo dopo dieci minuti di scuola, è stata una delle offese più pesanti che
ho subito nella vita.
A fine mattinata entrò un’altra insegnate: “Dovremmo riequilibrare le classi,
l’altra sezione è troppo piccola, va spostato uno studente, dopo ne parliamo.”
La maestra/istituzione del paese non ci pensò neanche un secondo, lo disse
senza guardarmi negli occhi: “Non c’è bisogno di parlarne, prenditi
lei.”
Prenditi lei.
Lo so che questa storia l’ho già raccontata un milione di volte, il fatto è
che, evidentemente, mi brucia ancora. Magari a quella povera donna era morto il gatto il giorno prima, vallo a sapere, ma io sono permalosa a livello patologico e
a tutt’oggi non mi è chiaro una cosa: se sono nata dislessica o se ci sono
diventata per forza di volontà. Quel rifiuto mi fece sentire in diritto di
rifiutare. In ogni caso, non posso negare di aver sofferto di disturbi
specifici dell’apprendimento (e di non esserne guarita mai completamente).
Non ricordo più niente della prima elementare e sospetto persino di non averla
fatta, in ogni caso non credo di aver imparato praticamente nulla. La
maestra/istituzione fu costretta a riprendermi in seconda, ma quel primo giorno
era cominciata una guerra, dal mio punto di vista l’aveva iniziata lei, io mi impegnai molto
nel portarla avanti scrivendo davvero come una bestia.
I miei quadernoni di seconda elementare sono commoventi, li ho ritrovati anni
fa e mi sono quasi messa a piangere, poi li ho rinchiusi in uno scatolone che
non ho avuto più il coraggio di riaprire. Ricordo solo di aver pensato: “La mia
mamma vedendo questi scempi come ha fatto a non pensare che io avessi un
problema?” Boh, misteri della maternità.
In alcune pagine campeggiano enormi parole (in quello che sarebbe dovuto essere
un corsivo) scritte con un pennarellone spuntato viola, tutte storte e completamente
fuori-scala, praticamente illeggibili e completamente fuori dalle righe, come
mi sentivo io.
Passavo la ricreazione a disegnare sa sola, nel mio banco. Quella era l’unica
cosa che sapevo fare davvero bene e in fondo anche adesso, no? Non è che poi in
quarant’anni si cambi granché.
Torniamo in seconda elementare, forse anche la maestra ci metteva del suo: io adoravo recitare ed ero anche bravissima e
pimpante ma allo spettacolo di Natale lei mi fece vestire da
pastore maschio “sei troppo scura per fare la Madonna e hai i capelli troppo corti
per fare la femmina”. Per Maria scelse una sdolcinata bionda e vabbè, ma farmi fare il pastore maschio... stiamo scherzando?
Ero scura e maschiaccia, è vero, ma sapevo disegnare meglio degli studenti di quinta.
Tutte le maestre della scuola se ne erano accorte, ignoravano però che a poco più di
sette anni sapessi anche vendicarmi. Mi misero a decorare tutte le finestre della
scuola, che settimane magnifiche, passavo intere mattinate a dipingere un enorme
presepe sui vetri mentre i miei compagni (poveracci) se ne stavano al banco a spremere le meningi.
Nell’ultima grande finestra dipinsi la Sacra Famiglia, erano tutti bellissimi e
con la pelle più scura di Barack Obama. La mia
mamma si fece una grassa risata, poi sentenziò che la mia ricostruzione era
storicamente corretta e per poco la maestra/istituzione non ci rimase secca!
Continuammo a scambiarci cortesie per quattro anni.
Ricordo ancora l’incubo di quando mi interrogava per giorni e giorni in piedi
sulle tabelline esordendo sempre con la stessa frase “Ora sentiamo l’Ilaria che
tanto non le sa.” E infatti io non le sapevo, mai. Non mi capacitavo, il
pomeriggio le ripassavo e ogni volta al mattino mi fregava. Alla fine,
disperata, mi rivolsi alla mamma: “Ti prego aiutami, sono un caso disperato con
le tabelline, in classe lo sanno tutti ormai.” Dopo avermele fatte un po’ ripetere la mamma, con
mia grande sorpresa, disse: “Guarda lalla che tu sai praticamente tutte le
tabelline eccetto pochissime (7x6, 8x6, 7x9, 8x9).”
L’arpia mi chiedeva sempre quelle!
In una mezz’oretta trovai il modo di impararle e il giorno dopo la lasciai senza fiato: “Ma come
hai fatto Ilaria a imparare tutte le tabelline in un giorno?”
E io, che sono una pura di spirito, le risposi pure: “Non le ho imparate tutte,
lei mi chiede sempre le solite quattro o cinque più rognose, mi è bastato imparare
quelle!”
Arriviamo all’esame di 5° elementare (che purtroppo adesso non esiste più) e al
momento che ha dato finalmente un senso al nostro rapporto di maestra e allieva.
L’ho affrontato con grande serenità e infatti non avevo studiato un bel niente
di Storia (per me, che ancora non riuscivo a leggere fluidamente, studiare
senza le immagini era un supplizio). Dopo il tema di Italiano mi ricordo che ci
divisero un po’ a scaglioni, mentre interrogavano alcuni a matematica, misero
altri a fare scienze e un disegno. Il disegno lo finii presto e così entrai in
aula dove la maestra/istituzione stava interrogando in geometria. La geometria
mi piace parecchio!
Toccava a Nicoletta, compagna intelligente, sempre ben preparata e molto più
scolarizzata di me.
La maestra sorridendo cominciò a dettarle il testo di un problema e lei lo
scrisse elegantemente alla lavagna, fece un bel disegno, riportò i dati e la
domanda e… silenzio… si voltò impietrita: “Non lo so fare.”
Momento di panico, la maestra guardò meglio la pagina: “Oddio, scusa Nicoletta,
questo argomento non lo abbiamo fatto, lo farete il prossimo anno alle medie,
cancella pure la lavagna.”
E io: “Scusate, ma io invece credo di saperlo fare, posso provare?”
Erano entrambe incredule, in ogni caso mi disse che potevo avvicinarmi.
Il mio ultimo giorno di elementari ho alzato la mano e sono tornata di mia
spontanea volontà di fronte alla stessa lavagna, alla stessa maestra, a
dimostrare quello che sapevo fare.
Non ricordo esattamente il testo del problema, c’entravano una circonferenza e
un triangolo equilatero inscritto, il raggio… Pitagora? Ricordo bene la faccia
della maestra osservando il mio ragionamento perfetto e veloce.
Alla fine le chiesi: “Va bene così?”
E lei, ancora un po’ meravigliata, rispose: “Va benissimo Ilaria… penso che
adesso puoi andare alle medie.”
E io, votata al sacrificio: “Ma no Maestra, dovete interrogarmi ancora in
Storia…”
“No, fidati, sei pronta.” Come lo disse, con calma e orgoglio, davanti a mezza
classe rimasta congelata, Nicoletta compresa.
Che botta d’autostima!
In quell’attimo si chiuse il cerchio perfetto. Quell’esame mi ha consegnato ai
successivi impegni scolastici convinta di avere sì tantissimi limiti, ma anche
infinite possibilità.
Aveva ragione la mia meravigliosa e terribile maestra/istituzione: io ero
pronta. E a quel punto mi ci aveva portato lei, con le sue durezze, con le sue
sfide assurde, con i suoi piccoli dispetti, ma anche con la sua capacità di sopportare
le mie ripicche e, alla fine, di riconoscere i miei pregi oltre ai miei difetti
e alle mie stravaganze.
In prima media ho dovuto davvero sgobbare molto per cercare di colmare i miei
problemi di letto-scrittura, non esistevano i Disturbi Specifici
dell’Apprendimento (DSA) e non avendo aiuti speciali, ho dovuto trovare con la
logica una strada per aiutarmi da sola, inventarmi dei trucchi, ce l’ho fatta soprattutto
perché mi ero convinta di avere la forza di potercela fare. Mi ero convinta di
poter fare tutto quello che avrei voluto. E quindi diciamo che poi l’esame di
3° media con Ottimo, il 60/60 alla maturità, il 110 e lode alla laurea, il 1°
posto al concorso a cattedre per l’insegnamento… contano molto meno e sono solo
una logica conseguenza di quel primo grandioso esame e di quel primo disastroso
giorno di scuola. Sono la conseguenza di una sfida nata e poi vinta davanti a
quella lavagna e della consapevolezza che con la mia determinazione da quel
momento in avanti avrei potuto vincerle tutte!
Gli esami, magari c’é chi li prende sotto gamba, ma possono contare molto nella
vita, sono degli spartiacque. Per questo ci tenevo tanto che
riuscissimo a far svolgere alle nostre 5° gli esami di Stato (la famosa
“maturità”) in presenza.
Molti ragazzi si sarebbero venduti il cane pur di portare avanti una farsa a
distanza, la paura ovviamente era tanta. Alla fine per fortuna li abbiamo
delusi. Certe cose nessuno ha mai voglia di farle, ti ci devono costringere, ma
quella fifa e quell’adrenalina ogni tanto ci vogliono nella vita!
Il terribile periodo che il mondo intero sta vivendo gli ha evitato di
giocarsela agli scritti, peccato soprattutto per il tema di Italiano, perché
quella sensazione da “fine di mondo” che ho provato il 24 giugno 1993,
all’apertura della busta con i titoli, non è per niente una roba comune.
Comunque, qualche brividino anche i miei studenti l’hanno provato e soprattutto
grazie a me.
Per iniziare il colloquio interdisciplinare siamo partiti sempre da un’opera d’Arte.
Io sono una persona corretta, non si fanno pagliacciate: non gli ho fatto nessuna anticipazione su che opera gli sarebbe toccata (nel programma
dettagliato erano circa trecento). Ogni volta che andavo a proiettare
l’immagine ero presa io stessa dal terrore, sapevo che erano preparati, ma se
con il panico del momento avessero avuto un vuoto e non l'avessero riconosciuta? Non si sa mai… invece è andato tutto bene e alcuni non solo hanno analizzato in modo
approfondito l’opera, ma sono riusciti a creare continui collegamenti
interdisciplinari e a condurre un colloquio eccellente! Che bellezza!
Ho cercato di dare soddisfazione a tutti e concedergli quella spinta tanto
determinante che, quando avevo solo dieci anni, fu data a me.
Li ho visti piangere, gioire, tremare, alcuni sono stati capaci di
meravigliarmi e di riempirmi d’orgoglio, li conosco da quattro anni, come potevo
rimanere distaccata emotivamente?
In sostanza, nonostante la serietà e l’entusiasmo, non sono l'insegnate adatta per fare il
membro interno alla maturità: non ho dormito una settimana intera!
Poi, molto velocemente (solo orali di sessanta minuti ciascuno, si fa presto), il 20 giugno
anche questo esame è finito.
Ma io non ho potuto riprendere sonno fino al 23 giugno, mi aspettava un altro
esame e ora vi spiego il perché.
Visto che gli esami alle elementari non esistono più, noi abbiamo trovato il modo di inventarcelo.
La Piccola Fata è nata il 30 aprile 2014, è molto grande e sveglia, avrei
potuto mandarla in 1° elementare a settembre 2019, ma non sono riuscita a
capire se fosse o meno una buona idea, non volevo farle un torto. Tutti a dirmi
“le togli un anno di giochi”, questione per me poco chiara, in che senso? Io
comunque l’avrei rispedita alla materna otto ore al giorno, non è che proprio l’avrei
lasciata libera di farsi i cavoli suoi come me ne stavo io alla sua età.
Comunque, alla materna ci era sempre andata volentieri, il padre era contrario
all’anticipo e quindi nulla.
A settembre ha iniziato il suo terzo anno all’asilo e mi ha sorpreso: piangeva
e non voleva più andarci, ci è rimasta malissimo che le migliori amiche fossero
andate alle elementari, ha iniziato a ribellarsi, non voleva più stare in
cerchio a cantare (secondo una maestra: “Meno male che non l’avete iscritta
alle elementari, la bambina è regredita. Evidentemente è molto indietro. Quando
raccontiamo una storiella lei non ha memoria e non capisce, ad ogni domanda risponde
sempre “siamo in autunno”).
Ma se per due anni mi avevano detto che era intelligente, allegra e
socializzava con tutti?
Non capisce??? Forse non ascolta!
“Matilde, ma perché non vuoi più ubbidire alle maestre e andare a scuola? Ti
garbava tanto!”
“Ci sono tanti bambini piccoli e io mi annoio, voglio imparare a leggere e
scrivere.”
Oioi, e ora?
“Facciamo un patto Tinne: adesso tu vai a scuola più allegra e provi a fare
amicizia con i bambini nuovi e a divertirti, io ti prometto che a Natale, se ne
hai ancora voglia, inizio a insegnarti io a leggere e a scrivere.”
Pensavo che se ne scordasse.
Il 1° dicembre abbiamo fatto l’albero e lei mi ha detto tutta seria: “Adesso è
Natale, insegnami.”
Così ho tirato fuori i quaderni del piccolo Elia (riesumare i miei orripilanti
non mi pareva proprio il caso) e ho iniziato a farle fare le stesse identiche
cose, ogni giorno voleva andare avanti. Pensavo che le passasse. Non le
passava, ha iniziato a scrivere bigliettini d’amore per me e il fratello, a
firmare e descrivere i disegni con cui decora tutta la casa. Siamo state
insieme all’open-day della scuola elementare, ha parlato con le maestre e le è
piaciuto tutto. Mi sono informata e ho scoperto che a giugno i bimbi possono fare
un esamino per entrare direttamente in seconda. Quindi dopo due mesi mi sono
resa conto che sarebbe stato il caso di chiamare una vera maestra per capire
dove stavamo andando a parare.
La vera maestra mi ha detto che la bimba era sveglissima e interessata e che
secondo lei era il caso di “cavalcare l’onda”.
Poi c’è stato il lock-down, la didattica a distanza, ore e ore davanti al PC, io
che registravo video-lezioni e lei che disegnava in silenzio accanto a me, la
sua bronchite, la mia polmonite, in tutto questo c’eravamo anche io e la mia
Piccola Fata, un’ora ogni giorno solo per lei, per farla imparare.
Ho chiesto alla scuola i programmi da farle fare, mi hanno dato quelli comuni a
tutte le classi dell’istituto.
Ha lavorato con grande dedizione, ogni tanto è stata più svogliata (quando
l’argomento le piaceva meno).
Finalmente a fine aprile ho ottenuto di poter comunicare con le sue possibili
maestre di seconda, volevo avere delle dritte per allineare la sua preparazione
a quella delle sue compagne, mi hanno risposto, molto carine: “ma non si
preoccupi, con il coronavirus si è praticamente fermata la didattica, non
importa che le faccia fare l’intero programma, faremo un breve colloquio per
conoscerci meglio, ci ricordiamo di Matilde, la accogliamo in seconda con tanto
piacere”.
Vabbè, noi comunque siamo andate avanti su tutto, fino al 23 giugno.
Il giorno prima ho confessato alla mia mamma di essere terrorizzata. “Ma dai
lalla, è un formalità, poi con molti studenti d’Italia che non hanno fatto
nulla, lei è così brava, le faranno leggere e scrivere due frasi e fare due
operazioni, che vuoi che sia?”
Temevo che potesse essere qualcosa di spiacevole per lei, magari un
piccolo/grande trauma, perché ormai un po’ d’esperienza ce l’ho e conosco “la
razza insegnante”…
Eccoci al primo esame della Piccola Fata presentato da me come: “Tinne, che bello!
Oggi andiamo a conoscere le maestre delle elementari, vogliono vedere cosa hai
imparato, quindi tu sii educata, ascolta e fai tranquilla ciò che ti chiedono, non
preoccuparti se qualcosa ti riesce di meno, ok?”
E lei subito “Ti sbagli mamma, le abbiamo già conosciute all’open day”. Già,
questa è quella senza memoria.
L’esame è stato sconcertante.
Innanzi tutto le due maestre carine non c’erano, c’erano un maestro e una
maestra molto giovani e che hanno preso la questione parecchio seriamente.
L’hanno fatta sedere a un banco e l’hanno interrogata, giuro, su qualsiasi cosa
per un'ora e mezza. Una bambina che a un banco non c’era stata seduta mai. Ha tenuto
la mascherina tutto il tempo.
Io ero a soli due metri da lei appena fuori dalla porta e ho ascoltato tutto.
Nella prima oretta ha fatto pure la splendida, esordendo con frasi tipo: ”Ma
questo è un subacqueo, voi due lo sapete che è una delle “parole bagnate” che
ci scrivono con C e Q?” Poi gli ha detto
tutte le altre e anche l’unica che si scrive con QQ. Ha proseguito tipo
maestrina spiegando ai due mal capitati la storiella di Re Nome e dei suoi
servitori gli Articoli e dei due birichini che perdono la faccia davanti alla
vocale e gli resta una lacrimuccia… e via così di grammatica in grammatica,
l’analisi della frase, singolare e plurale… dopo 60’ ha iniziato ad accusare la
stanchezza e quando le hanno chiesto se conosceva i numeri ordinati non lo
sapeva (non glieli avevo fatti) e neppure cosa fosse un numero precedente
perché non le avevo insegnato al parola (poi appena le hanno detto che era il
numero che veniva prima allora lo sapeva), poi maggiore minore e uguale, ha
fatto le operazioni, risolto un problema (ma arrancava, non ne poteva più),
risposto in inglese, parlato dei 5 sensi e delle stagioni…
E’ uscito il maestro per fare delle fotocopie e gli ho spiegato che non le
avevo mai parlato dei numeri ordinati e che la bambina mi sembrava un po’
provata.
“Sì Sì, non si preoccupi, nella prima parte è stata bravissima, molto pronta,
poi adesso ci siamo resi conto che è stanca, ma siamo interessati a sondare
tutto il programma”.
Madonnina celeste.
Al novantesimo minuto, alla domanda secca “Il fungo è un vivente?” era un po’ perplessa
e a dire il vero anche io.
Ha risposto: “Sono stanca.”
“Lo sappiamo, ma secondo te è un vivente?”.
“Non lo so.”
“… ma cresce come un albero…”
“… allora sarà vivente.” che era un po’ come dire: fai un po’ come ti pare, a me
non è che a quest’ora me ne freghi più molto.
Fine.
I due esaminatori sono stati fin troppo accurati, ma per fortuna niente di
umiliante, le hanno fatto un sacco di complimenti. Hanno voluto trattenere i quattro quadernoni di Matilde per farli vedere alle maestre spergiurandomi che me li
restituiranno (devo impilarli con quelli belli di Elia e con quelli orripilanti
miei).
Siamo usciti, ero più sfinita io di lei.
“Tinne sei stata bravissima, scusa che non ti avevo insegnato cosa fossero i
numeri ordinati.”
“Non importa mamma, tanto me l’hanno spiegato questi due maestri e adesso lo
so.” Che mito.
“Mamma, ma come mai non c’erano le altre due maestre?”
“Oggi non sono potute venire, ma non ti preoccupare: gli raccontano tutto
quello che gli hai detto e loro le rivedi a settembre.”
Dopo abbiamo chiamato la nonna e lei complimentandosi le ha spiegato un po’
meglio che aveva appena sostenuto un esame e da quel momento la Piccola Fata ha
cominciato a vantarsi in giro con tutti. Speriamo bene, che questo strano
inizio di istruzione parentale con maestra/mamma/dislessica sia per te un buon
inizio e che questo lunghissimo primo esame ti porti fortuna.
Ma è solo il primo, Piccola fata, perché gli esami non finiscono mai.
lalla
Sarò per sempre in debito con il grande dottor Adeleke per aver sistemato il mio matrimonio rotto dopo che mio marito mi ha lasciato per la sua amante per 7 mesi .. la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124. Non ho mai creduto agli incantesimi fino a quando il mio amico non me lo ha presentato. All'inizio ero scettico su di lui perché ho sentito molto parlare di falsi lanciatori di incantesimi, ma ho messo i miei dubbi dietro di me perché volevo disperatamente riavere mio marito e ho fatto secondo quello che mi aveva detto di fare. Ora mio marito è tornato solo 48 ore dopo averlo contattato. Vivo di nuovo felicemente con mio marito dopo 6 mesi di divorzio e non mi riposerò finché non sarà conosciuto in tutto il mondo. È anche specializzato in incantesimi con denaro, lotterie, incantesimi di malattia E.T.C. Connettiti con il dottor Adeleke ora, la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124 ... È potente
RispondiEliminaSarò per sempre in debito con il grande dottor Adeleke per aver sistemato il mio matrimonio rotto dopo che mio marito mi ha lasciato per la sua amante per 7 mesi .. la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124. Non ho mai creduto agli incantesimi fino a quando il mio amico non me lo ha presentato. All'inizio ero scettico su di lui perché ho sentito molto parlare di falsi lanciatori di incantesimi, ma ho messo i miei dubbi dietro di me perché volevo disperatamente riavere mio marito e ho fatto secondo quello che mi aveva detto di fare. Ora mio marito è tornato solo 48 ore dopo averlo contattato. Vivo di nuovo felicemente con mio marito dopo 6 mesi di divorzio e non mi riposerò finché non sarà conosciuto in tutto il mondo. È anche specializzato in incantesimi con denaro, lotterie, incantesimi di malattia E.T.C. Connettiti con il dottor Adeleke ora, la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124 ... È potente
RispondiEliminaMio marito mi ha lasciato per una donna più giovane ed ero devastata. Era come se lo avesse avuto sotto un incantesimo malvagio, Saul si è rivoltato contro di me durante la notte senza alcun preavviso. È successo l'anno scorso, ero disperato, quindi ho usato ogni singolo sito Web di incantesimi che potevo trovare senza risultati. Un amico mi ha mandato dal Dr. Adeleke e l'ho contattato. Ha iniziato a lavorare con me a giugno. Come risultato di tutto il suo meraviglioso lavoro, io e il mio uomo siamo tornati insieme. Sono così felice e privilegiato di avere una persona così grande come te al mio fianco. Grazie! Contatta aoba5019@gmail.com e su whatsapp:+27740386124
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