sabato 8 giugno 2024

Piccola Fata pasionaria

Passeggiando per strada, tutto a un tratto: "Mamma, io credo che oltre al maschilismo, esista anche il problema dell'adultismo."
Indago: "Adultismo?"
"Sì, puoi capirlo anche dalle piccole cose: tipo quando usciamo da un negozio tu dici 'arrivederci' e loro ti rispondono 'arrivederci', anche io dico 'arrivederci' e loro delle volte non mi rispondono, oppure mi rispondono 'ciao'."
Mi lascia interdetta, chiaramente non va bene ignorare un bambino, ma il 'ciao' l'ho sempre inteso come una tenerezza, non come una mancanza di rispetto... va considerato però che chi ha un privilegio difficilmente tende a rendersene conto.
"E la cosa ti disturba?"
Annuisce.
"Quindi... come definiresti l'adultismo?"
E lei, precisissima: "L'adultismo è quando gli adulti pensano che i bambini non siano in grado di fare le cose da soli o anche, quando pensano che le cose fatte dai bambini siano meno importanti di quelle fatte dai grandi."
E che le vuoi dire a questa?
Solo congratulazioni e magari alle elezioni avessi la possibilità di votare per lei!

Nota bene che la definizione è perfetta anche se traslata su ogni tipo di razzismo, sessismo, etc.
Rimanendo sulla problematica specifica di adultismo (termine da oggi ufficialmente inserito nel vocabolario della lingua italiana dall'Accademia della Crusca e altro che 'petaloso'!😉), l'ho sempre percepita anch'io (fortunatamente meno presente in Italia che in altri paesi dove i bambini vengono totalmente esclusi dalla vita sociale dei grandi).
Come insegnante, ho cercato e cerco di tenerne conto, di non erigermi mai al di sopra di studenti e studentesse. Come mamma, pure.
Viva il giovanismo e arrivederci a tutte e tutti!

lalla


mercoledì 29 maggio 2024

incomprensioni, pittura e amore

L’altro giorno riflettevo su quale fosse la molla che mi spinge a fare arte nonostante sia tanto faticoso (e pericoloso) e mi è venuto di essere sincera. Ho scritto questo sui social:

Mi sento incompresa da tutta la vita.
E per questo, sola.
Vorrei bastare a me stessa, ma tutto quello che faccio, me ne rendo conto, è una richiesta di condivisione e vicinanza. Il continuo raccontarmi, che chiaramente mi espone e porta al risultato opposto.
Dipingere, scrivere.
In fondo la mia arte è solo un tentativo disperato e vano di spiegarmi.
A me stessa e agli altri.”

Il che mi pareva un pensiero fin troppo scontato e comune, soprattutto tra le personalità creative.
Ma invece no, anche questa riflessione è stata fraintesa.
Si è alzato un coro di: “Devi amarti per quello che sei e bastare a te stessa” o addirittura: “Esci di casa, fai cose, ama”.
Il buffo della questione è che tale coro non provenisse da un popolo di eremiti appollaiati su cocuzzoli di montagna che vivono ognuno per conto suo e si amano in completa solitudine e realizzazione personale, bensì da esponenti della società. Mi ha ricordato quelle donne fresche di tintura che mi fanno sperticati complimenti per i miei capelli bianchi. E a me ogni volta viene di pensare: mi stanno prendendo per il culo? Può darsi. O forse ancora una volta ci stiamo solo fraintendendo a vicenda, come sempre.
Spiegarsi è faticoso quanto dipingere e pericoloso nello stesso modo. Scrivere lo è altrettanto. Ma sono tutte la stessa cosa, no? Sono sempre io.
Mi pare che in un’intervista 
Marina Abramović abbia detto: “sono un’artista anche quando vado a fare la spesa”. Io forse non sono un’artista mai, neanche quando dipingo, ma il concetto è quello: non riesco a scindere me stessa da quello che creo, sono tutti pezzi di me che escono fuori e si mostrano. Si espongono al pubblico ludibrio. Creare è come spogliarmi nuda e lasciare che la gente mi spii. Che indugi con lo sguardo su ogni mia caratteristica, che noti tutto ciò che in me si allontana dal loro modello ideale. Che mi ammiri o più soventemente mi derida. Chi vede raramente mi comprende, talvolta commenta e spesso mi ferisce. Per questo considero tutto ciò una pratica quasi autolesionista, un “tentativo disperato e vano”.
Eppure, necessario.
Sicuramente non lo faccio per diletto, ma per bisogno.
Che volete che vi dica? Io al mondo ci so stare solo in questo modo: i miei non sono hobby, ma necessità.
Ho dipinto la mia mamma. Lei non ha mai voluto e credo che fosse perché si è sempre considerata vecchia, dai quarant’anni in poi. E mi rattrista molto pensare che lei, che è sempre stata una donna bellissima, si sia sentita sciupata e sfiorita per metà della vita. Che peccato terribile.
Io la penso come gli antichi ritrattisti romani: i segni del tempo sono belli, sono simboli di esperienza e saggezza. Sono una fortuna. La memoria di come è stata vissuta la propria vita, dei traguardi raggiunti e del tempo trascorso insieme alle persone amate. Come Anna Magnani 
disse a una truccatrice : “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C'ho messo una vita a farmele!
Temevo la reazione della mamma. Mi dispiaceva pensare che vedersi ritratta da me avrebbe potuto darle fastidio. Soprattutto perché la mia "non è una pittura cosmetica” (indugia su ogni aspetto, ricama ogni piega, affonda nello sguardo e cerca di indagare l’anima). Ma avevo tanta voglia di dipingerla da troppo tempo e in fondo sono un’egoista, quindi l’ho fatto.
Sono anche presuntuosa perché cullavo la piccola speranza che vedendo il quadro si sarebbe piaciuta più che guardandosi allo specchio e che magari si sarebbe perfino commossa. Che avrebbe percepito l’amore che ho provato durante la stesura di ogni singola pennellata. Che avrebbe letto la propria bellezza attraverso i miei occhi.
Così non è stato.
Lei, come altre, ha visto solo le rughe. Come se la bellezza di una persona (nota bene, di una donna) fosse legata a questo unico fattore: la giovinezza.
Magari la colpa è mia che non sono stata all’altezza. O forse essere fraintesa è davvero intrinseco nel mio DNA.
Però, due cose voglio ancora provare a chiarirle.
Prima di tutto, l’errore non può essere il non aver alleggerito i contrasti cromatici in modo da mascherare e nascondere. La mia pittura tende al reale e non può essere intesa come una seduta di chirurgia estetica. Una cosa del genere mi ripugnerebbe.
Seconda cosa, non sono una pittrice esistenzialista alla Lucian Freud. Non voglio ritrarre il disfacimento della carne per disperarmi del degrado fisico e dell’insensatezza dello stare a questo mondo. Io sono esattamente il contrario: a me piace parecchio starci e quando dipingo una ruga, un seno cadente o una piega insolita della carne (che appartengano a me o a un altro soggetto), non lo faccio con disprezzo e disgusto, bensì con grande attenzione e cura. Dipingere, ormai ne sono certa, è per me soprattutto un modo d’amare.

lalla

P.S. penso che il quadro sia finito. Dopo la sua prima reazione è stato difficile riuscire a recuperare la serenità necessaria per andare avanti. L'ho lasciato a lungo in attesa. Solo quando mi sono sentita di nuovo tranquilla, l'ho portato fin dove volevo. In un angolino nascosto spero ancora che col tempo riesca ad apprezzarlo (e ad apprezzarsi) di più.

"la mia mamma", olio su masonite, 40x60 cm.

domenica 17 marzo 2024

tutto quello che verrà

Tutte le età sono belle, ma al di là dei luoghi comuni e dei punti di vista politicamente corretti: ce ne sono alcune più belle di altre.
Ne esiste una, oserei dire, "perfetta" in cui si è ancora abbastanza piccole dal credere che il mondo sia composto di persone gentili e rispettose e che tutto andrà sempre bene. Un’età in cui prevalgono curiosità e speranza, non timore. E dove si è già abbastanza grandi per aver capito cosa ci piace ed aver elaborato sogni complessi. Un’età che purtroppo, incaute, desideriamo abbandonare perché smaniose di crescere convinte come siamo che il futuro non potrà altro che darci la possibilità di realizzarli.
Quindi, un’età destinata a durare pochissimo e a scontrarsi con gli imminenti cambiamenti fisici, chimici e mentali dell’adolescenza; per alcune tanto violenti dal mettere in discussione tutto.
In ogni caso, anche l’età del sentirsi inadeguata e strana, passerà.
Arriverà quella adulta in cui si intraprendono avventure, si imbastiscono progetti e si costruiscono cose, le occupazioni, il grande amore, i rapporti umani, la propria casa e magari si lavora ancora incessantemente per inseguire gli stessi sogni, quelli che avevamo immaginato nell’età perfetta. Magari solo un po’ rivisti e più concreti.
Poi arriverà l’età delle scoperte, dove i rapporti umani si rivelano quasi sempre rapporti di comodo, dove tante persone del mondo mostreranno la loro vera faccia di egoismo e indifferenza. Dove ce ne saranno alcune che tenteranno solo di sfruttarci e poi distruggerci, noi e i nostri sogni.
La disillusione rischierà di schiacciarti, ma invece no, andrà bene comunque perché come tutte le età anche quella passerà.
Arriverà l’età della maturità e della consapevolezza, quella in cui ti renderai conto che, se hai agito con impegno, coraggio, gentilezza e onestà, niente sarà stato inutile e che in fondo non hai perso i tuoi sogni. Sono ancora lì con te, a portata di mano. Forse non sono proprio gli stessi che avevi a dieci anni, ma a dire il vero: neppure tu sei proprio la stessa. Magari sono cresciuti con te, si sono evoluti e adesso sono perfino migliori.
Certo: ci vuole fortuna, non solo impegno.
Quella ti auguro, mia Piccola Fata, tanta, tantissima fortuna. La stessa che ho avuto io e che mi ha concesso di continuare a sognare liberamente, scrivere, dipingere ed anche essere la tua mamma. Avere una figlia o un figlio significa sdoppiare il proprio interesse, allontanarsi da sé stesse e guardare da fuori la vita di un’altra persona, una persona più importante di te. Diventare spettatrice oltreché attrice. Anche questo ti auguro di provare un giorno perché è qualcosa di potentissimo, ma solo se lo vorrai. Perché, innegabilmente, diventare madre complica le cose. Si rimane fregate: la propria felicità non dipende più solo dalla fortuna e dall’impegno personale, ma soprattutto dal riflesso di quella della propria prole. Potrà sembrare poco femminista, ma che posso farci? Per me è un istinto naturale: da quando vi ho messo al mondo le cose devono andare bene per voi e solo così sento che stanno andando bene anche per me.
Eh, lo so, non è giusto caricare te e il Re dei Sugolini di questa responsabilità, ma infatti tranquilla: io non ho intenzione di dirtelo. Ti prometto che quando attraverserai età sfortunate io cercherò di rimanerti accanto (o di spostarmi da una parte, se lo preferirai) e non verrò mai a dirti che vederti delusa o infelice mi sta facendo soffrire. Le età di merda (alla faccia del “tutte le età sono belle”) fanno già abbastanza schifo senza bisogno che una madre ci metta il carico da undici. In cambio vorrei chiederti, se posso, di non arrenderti mai, di lottare e avere fiducia. I momenti difficili, le disillusioni peggiori: tutto passerà. Dalle cadute più rovinose ti rialzerai più forte e io, se tu lo vorrai, sarò lì a porgerti una mano.
Non ho più dieci anni e sarei un’imbecille se ti promettessi che tutto andrà bene proprio come vorrai, anzi, posso rivelarti in piena coscienza che non accadrà di certo. Purtroppo, te lo confesso, un’altra cosa che una persona ansiosa come me diventa partorendo è: "apprensiva". Su questo aspetto lavoro quotidianamente, non voglio opprimere te ed Elia con le mie preoccupazioni e quindi adesso ti dico che con tanto coraggio e, ribadisco, la giusta dose di culo, le cose evolveranno, si sistemeranno e magari andranno perfino meglio di come ti eri immaginata. La vita, scoprirai, possiede una certa ironia e sa essere molto fantasiosa. Lasciati sorprendere, figlia mia.
Ma non scordarti mai di come sei adesso, di quello che hai provato nella tua età perfetta, rimani amica di questa meravigliosa Piccola Fata come io lo sono rimasta della mia piccola lalla. Questo è il segreto, sai?
Se i miei sogni si sono avverati, si stanno avverando e so che si avvereranno ancora, molto lo devo a lei. A quella bambina di dieci anni che ogni giorno immaginava storie con le sue Barbie e scriveva i suoi racconti su diari segreti, che osservava il mondo con occhi curiosi (soprattutto il mondo della sua famiglia, fatto di tante donne) e lo disegnava con cura chiusa nella sua camera. Ancora e ancora. Quella piccola lalla che immaginava di diventare una celebre scrittrice, un’artista famosa e avere una figlia con le trecce. Che celebre e famosa non è diventata, ma chissenefrega perché ha imparato, sta imparando, che l’approvazione degli altri e il sentirsi dire “brava” non sono così fondamentali se riesci a darteli da sola. Che, inaspettatamente, ha partorito anche un figlio adorato e, nota bene, quella bambina con le trecce sei tu. Arrivata quando mai avrei creduto, dopo una lunga serie di aborti e aver detto la parola “basta”. E invece, a sorpresa: ecco la Matilde! Che culo, per l’appunto.
Ma il mio babbo, accanito giocatore di carte, alle nostre continue lamentele sulla sua fortuna sfacciata rispondeva convinto: “Tre volte culo è classe.”
Allora un po’ di classe ce l’ho anch’io e la stessa, credo e spero, saprai trovarla anche tu.

lalla

"Tutto quello che verrà", olio su masonite, 60x60 cm, marzo 2024


sabato 17 febbraio 2024

conversazioni distopiche pre-scrutinio

Pomeriggio di febbraio in una scuola semideserta.
Ciondolo come gli/le altre/i insegnanti in fase digestiva e attesa semi-vegetativa che si liberi un'aula per procedere allo scrutinio.
Nel salone centrale e in bella vista, mi si avvicina collega eccentricamente festosa e urlante: "Ilariaaa!!!!"
Mi scuoto dal torpore e saluto gentilmente.
"Ma tu per caso stai scrivendo il tuo terzo librooo?!"
Un po' imbarazzata per il tono altissimo che attira l'attenzione delle/i presenti, ma grata per l'interessamento, rispondo cauta: "L'ho già pubblicato."
E quella, giuliva: "Posso consigliarlo a una studentessa?"
Perché mai questa proposta?
Il mio cervello ancora mezzo in catalessi e già settato sul dovere che l'attende, fatica a cogliere immediatamente il senso della conversazione, in ogni caso: "Veramente io evito di pubblicizzare i miei libri nelle classi."
Gesticola con fare comprensivo: "Certo, fai bene." Poi aggiunge, quasi preoccupata: "Ma li pubblichi senza uno pseudonimo, proprio così col tuo nomeee???"
Quando le rispondo guardinga ammetto che il mio livello di gratitudine è drasticamente scemato: "Beh, sì, non mi sembra di aver fatto niente di male scrivendo dei libri."
Mi rassicura: "Ma certo... in ogni caso, lei potrebbe acquistarlo?"
"Come tutti... sono su Amazon," e mi informo: "Quale volevi consigliarle?" Ammesso che la signorina esista davvero.
Si affretta a prendere le distanze con gesti teatrali: "Ah, non saprei proprio, io non li ho mica letti," e con fare ammiccante: "Sai, non sono il mio genere."
OK, quindi dove vogliamo andare a parare?
La guardo muta, dandole il permesso di concludere solennemente: "Io leggo Guerra e pace."
Perfetto.
Ora, magari la collega in questione vorrebbe solo essere gentile, è una tipa vivace, sono io a essere cattiva, ammettiamolo: il risveglio disarmonico dallo stato letargico non mi ha fatto bene.
Una piccola stronzissima parte di me avrebbe tanta voglia di risponderle acidamente: "Allora perché non consigli Guerra e pace alla tua studentessa?"
Ma per fortuna sono anche persona educata e francamente impegnata in questioni più serie, quindi recupero lucidità, ringrazio con ampio sorriso e mi dirigo a fare lo scrutinio.

lalla

mercoledì 7 febbraio 2024

bellezza e(è) libertà

Parma, 2004.


Ogni tanto razzolo nel pc e scovo qualche vecchia foto. Questa tutta in ghingheri davanti all'ingresso di un alberguccio emiliano inizialmente mi aveva un po' intristito. Il fatto è che, porca miseria, in questo scatto sembro Monica Bellucci al lido di Venezia!
Mi sono ricordata che quando ero così "in forma" era perché mi privavo del cibo per mesi e mesi cercando di essere abbastanza magra e bella per la persona che avevo accanto. Sinceramente, un po' per scherzo e molto sul serio, ha sempre tentato di non farmi sentire del tutto alla sua altezza. Mi diceva che avevo un modo di fare poco femminile, che qualche volta gli sembrava di stare con un maschio. Io non è che ci credessi davvero, ma a ripensarci, che rabbia!
Ok, poi ho continuato a scorrere le foto e ne ho trovate molte altre dove rido sguaiatamente con la qualunque e mi scateno in pista peggio di Bella Baxter. E allora mi è tornata l'allegria.


Ricordo bene anche le gomitate che mi tirava sotto il tavolo quando secondo lui alzavo troppo il tono della voce o chiacchieravo a vanvera. La sua supponenza nei confronti della mia pittura e del mio modo di scrivere. Tanti sforzi inutili per sottomettere e imprigionare me che probabilmente hanno finito per frustrare lui. In fondo non gli ho mai dato troppa retta, la mia natura, solo all'apparenza mite, è profondamente disubbidiente e libera.
E la dieta dimagrante l'ho fatta anche prima di lui (perché è soprattutto la società a farti sentire inadeguata) e l'ho rifatta pure dopo, sia chiaro, dovrei rifarla anche adesso, ma per questioni di benessere e salute va bene, non per inseguire un merdoso standard imposto da qualcun altro.

lalla

venerdì 2 febbraio 2024

torna quando vuoi

Che cosa strana l’inconscio, non trovi?
Nel mio caso spesso e volentieri lavora contro di me sostenendo simpatici sensi di colpa e immancabili ansie da prestazione; stanotte pareva dello stesso avviso. Invece.
Come sai in questo periodo siamo di scrutini, quelli del primo quadrimestre e io potrei concedermi di dormire se non fosse che ci sono già in ballo decisioni importanti come la composizione delle commissioni (i miei studenti e le mie studentesse mi fanno una corte spietata perché li porti all’esame, ma quest’anno, non so se lo sai, anche tuo nipote Elia deve sostenere la maturità nella mia scuola; diciamo che la situazione è più complicata del solito e dovunque mi volti rischio di far danni e scontentare qualcuno). Tanti, tanti pensieri. A metà nottata mi sono ritrovata con l’occhio pallato. I miei intorcinamenti cerebrali, ti confesso, non ti riguardavano (ero così presa dai miei doveri di insegnante e di mamma che mi stavo scordando quelli di figlia).
Ma per fortuna dopo un po’ mi sono addormentata di nuovo e ho iniziato a sognare: un gruppo di persone allegre, tipo quasi a braccetto, chi fossero non mi interessa, ma a due metri da me e un po’ spostato sulla sinistra c’eri tu. Tu ancora vigoroso e forte, ma non troppo in sovrappeso. Neanche troppo imbiancato, diciamo un tu cinquantenne, praticamente mio coetaneo.
Ti ho riconosciuto e mi sono sentita fortunatissima di poterti incontrare di nuovo: “Che bello che sei venuto, era tanto tempo che non lo facevi.” Anche tu mi hai riconosciuto e mi hai sorriso. Sapevo che era un sogno e sapevo anche che avevamo poco tempo a disposizione così ti sono venuta subito incontro e ti ho abbracciato. Ho percepito fisicamente il nostro contatto (ed è strano, nei sogni di solito vedo ciò che succede “da fuori” e non riesco ad utilizzare davvero i sensi). Invece ho sentito la solidità del tuo corpo e, deliziosa, la tua barba sulla mia guancia. Come allora, forse un pochino più dura di allora perché in effetti la tua era molto soffice, ma l’ho sentita. Chiaramente. Ho fatto bene ad abbracciarti, è stata una sensazione bellissima. Ma è durata solo un attimo, poi mi sono svegliata.
Se avessimo avuto ancora un po’ di tempo, magari anche solo una frazione di secondo, che nel sogno si sarebbe dilatata, avrei potuto raccontarti tante cose su di noi e su quello che facciamo. Rassicurarti sul fatto che stiamo tutti bene e ricordarti che devi aver fatto qualcosa di davvero buono se ancora oggi, dopo otto anni, ti portiamo con noi. Forse avrei potuto utilizzare quel poco tempo che avevamo per confessarti che la mamma ti guarda ancora con lo stesso sguardo, so che ti avrebbe fatto piacere perché sei sempre stato un inguaribile romantico. Invece no, non ho potuto fare a meno di essere egoista: avevo tanto bisogno dal tuo abbraccio e me lo sono preso. Mi ha riempito di soddisfazione, ha sciolto ogni nervosismo e tensione, ha riportato la mia mente alle cose belle e giuste. È stato un dolcissimo modo di passare la giornata ogni tanto toccarmi la guancia e ricordare quella carezza ispida. Grazie.
Grazie di essermi venuto a trovare proprio per il tuo compleanno.  
Caro babbo, torna quando vuoi.


lalla



sabato 4 novembre 2023

Madre Natura

Mentre dipingevo provavo così tante cose. Avrei dovuto dirvele allora, ma in fondo è proprio quello che stavo cercando di fare con i colori. Adesso forse no, forse è diventato superfluo. E mi fa fatica per una questione di principio e cioè la presunzione di pensare che questo mio quadro possa parlare da solo. 
Da molti giorni lo guardo e in effetti a me parla. 
Ma forse a voi no e allora magari potrei darvi qualche suggerimento, così tanto per capire dove andare a parare, tanto per portavi sulla mia stessa lunghezza d'onda, ma poi basta. Che una volta finite, le immagini diventano di chi le guarda e che ognuno si lasci dire da loro ciò che vuole. Anche niente, se gli garba il mutismo.
In ogni caso, ora ci provo.
Come molti dei mei lavori, anche questo ha a che fare con la Bellezza.
Ha a che fare con la bellezza dell'unicità e della verità. La mia verità, la nostra. Quella di tutte noi.
Ha a che fare con la bellezza dei miei affetti reali e per questo ho chiesto a mia sorella Silvia di posare per me.
Ha a che fare con la bellezza della memoria, dei segni del tempo e delle cicatrici. Che sono magnifici trofei, ricordi di fibre ricucite, di dolori superati, di corpi e di spiriti sopravvissuti. Di voglia di vivere e di andare avanti. Nel 2009 Silvia è stata da Veronesi a Milano e lì le hanno tolto un tumore al seno grosso come un frutto. Tutto in una solo volta: asportazione e ricostruzione; l'intervento è durato più di sei ore. In famiglia siamo talmente poppone che con una mammella sono riusciti a rifarne due e non è che adesso si ritrovi piallata. Le dissero che dopo un taglia e cuci così estremo probabilmente i capezzoli sarebbero morti, ma in famiglia siamo anche parecchio sterpigne e così quelli sono sopravvissuti proprio bene. Non solo: la cicatrice intorno all'aureola si è accresciuta e naturalmente sfrangiata creando un effetto particolare che li fa somigliare a due splendidi fiori.
Questo dipinto ha a che fare con la bellezza di una grande quercia, dal tronco forte e robusto, dalla chioma ombrosa e frusciante nel vento, dalle frasche cariche di bacche nutrienti.
Ha a che fare con la fertilità e la prosperità tanto quanto un'antica venere preistorica. 
Chi meglio di mia sorella poteva interpretare per me Madre Natura? 
Lei che ha dato alla luce quattro figlie e che vive circondata da animali di ogni tipo e in continua riproduzione, lei che adora il cibo e l'abbondanza.
Lei che rinchiude in sé ogni aspetto della natura: quello terribile e sublime amato da Turner e quello pittoresco e rassicurante preferito da Constable. Lei che qualche volta ha quel suo modo aggressivo di porsi, che sembra esplodere come una grandinata d'estate per devastare i raccolti. Lei che con me ha saputo tante volte anche essere mite, l'amica più fidata al mondo e farmi sentire al sicuro come un pulcino in un nido di rondini a primavera. 
Lei che è la mia bellissima sorella grande.

lalla

"Madre Natura", olio su masonite, 70x50 cm.

giovedì 2 novembre 2023

1,2 e 3: Giallo Cristina!

Quando sono in balia dei romanzi, scrivo sul blog più raramente; mi dispiace, ma evidentemente il mio cervellino dislessico desidera e può sopportare un carico massimo di letterine al giorno. Peccato, la prossima volta chiederò in dotazione un cervello più efficiente, ma per adesso tocca adattarsi. 
Non ho più postato aggiornamenti sui miei romanzi, ma rimedio subito.
Il 3 ottobre sui social avevo scritto questo:

"Sto ultimando la copertina del terzo volume della Saga dei Colori e la mia espressione nella foto è del tutto veritiera perché lavorare a questo progetto mi rende felice. Lo sarei ancora di più se le mie storie trovassero i canali giusti per arrivare a un pubblico più vasto, ma in ogni caso, quanto ho fatto bene a imbarcarmi in quest'avventura tre anni fa!
Mi sono concessa il lusso di vivere un'altra vita.
E ormai sono tante.
Ho iniziato come piccola disegnatrice asociale e prodigiosa inebriata dal potere della sua mano destra e poi sono diventata (non strettamente in ordine cronologico, né di importanza) una studentessa attratta dal sapere, un'amante della natura schiava dei gatti e padrona del mare, una figlia devota alla propria famiglia, un'architetta affascinata dal risolvere e dall'immaginare, una ragazza e moglie invaghita di un uomo, una ceramista ammaliata della creta duttile tra le proprie dita, una scultrice sedotta delle sue creazioni, una madre incantata dai propri figli, un'insegnante appassionata della sua materia e affezionata alle sue classi, una pittrice rapita dal tormento e dall'estasi che solo l'olio le può procurare, una single innamorata di sé stessa, una viaggiatrice meravigliata dalla scoperta. Anche una scrittrice stregata dai propri personaggi.
Me le sono godute (e me le godo) tutte le vite vissute fino ad adesso e non vedo l'ora di viverne ancora!"

Che entusiasmo, eh? Brava lalla!
Ma sappiate che chi sceglie di essere multitasking si autocondanna a compiere una serie infinita di errori e leggerezze.
Il 21 ottobre, ormai in dirittura d'arrivo, stavo ritoccando la bozza su KDP quando mi sono messa a chiacchierare con la mia Piccola Fata (e apprendista Strega) e, invece di "salva come bozza", ho cliccato per sbaglio su "salva e pubblica" e... Ta-Tan: pubblicato!
Lì per lì, il panico, ma in verità poco male perché non mi si fila nessuno e così sono riuscita, in segreto, ad apportare ancora piccole modifiche fino al 31 ottobre senza che nessuno acquistasse copie troppo farlocche.
La notte delle Streghe mi è sembrata un momento propizio per pubblicizzare l'uscita e così mi sono divertita un sacco a vestire e fotografare una Barbie della mia collezione per farmi dare una mano.
Ti diverti ancora a giocare con le Barbie come una bambina?
Di più.

Felicità, gioco e divertimento: sono proprio espressioni adatte al mio modo di vivere.
Questo progetto di diventare anche una scrittrice di commedie romantiche sicuramente non è qualcosa di abbastanza adulto e razionale, me ne rendo conto, fa acqua da tutte le parti (prima fra tutte il fatto che non abbia praticamente tempo per portarlo avanti e debba farlo rubando preziose ore di sonno notturno), ma è un' esperienza che mi regala una soddisfazione enorme. E magari mi regala anche occhiaie profondissime e tanta spossatezza durante le altre attività diurne, questo è vero, ma d'altronde, quale passione viscerale non lo farebbe? Perché dovrei privarmene?
Non preoccupatevi che ogni tanto mi fermo e mi riposo, mi tocca farlo per forza quando il mio corpo si lamenta e la stanchezza diventa insopportabile. Negli anni la resistenza sta inesorabilmente diminuendo e i tempi di recupero aumentando, anche di questo mi rendo conto. Peccato, la prossima volta chiederò in dotazione un fisico più resistente, ma per adesso tocca adattarsi.
In fondo tra poco più di una settimana sarà il mio quarantottesimo compleanno e allora io credo che vada bene così. Quando lo vorranno, concederò alle mie membra un po' di riposo, ma sarebbe sciocco frenare la mia natura creativa e risparmiarmi proprio adesso; certamente sentirò il bisogno di farlo presto, ma finché avverto tutta questa spinta, tanto vale cavalcarla, no?
Brindo a quel pizzico di sana follia che porta le persone a ideare pazzi progetti e alla forza di spirito che serve per portarli avanti fino in fondo. E brindo anche alle occhiaie, le mie me le sono guadagnate in anni di infaticabile lavoro e alla fine su una Strega stanno pure bene!

lalla

venerdì 1 settembre 2023

Non amo stare ferma

Non amo stare ferma.
Sono sempre stata una persona che progetta e che fa. Progetti piccoli, progetti grandi. Possibilmente portati fino in fondo perché odio lasciare le cose a metà.
Come un libro che leggo, che magari un po’ non lo capisco e mi sta ricrescendo in mano, ma che devo per forza finire, anche a costo di avanzare poche pagine per volta. Perché magari sul finale poi si riprende, io che ne so?
Come per un film che vedo, che se mi fa già cagare dopo due minuti netti ce la faccio a spengerlo, ma quando varco la soglia dei dieci ormai è fatta: mi tocca arrivare fino in fondo. Almeno per capire gli autori dove volessero andare a parare. Che un filmuccio un può spento può sempre nascondere un messaggio, una svolta, ribaltare la situazione e recuperare negli ultimi minuti. O forse rimanere “uccio”, ma spingermi in ogni caso a una riflessione, a un pensiero. Insomma: lasciarmi qualcosa.
Quando accade… perché accade, credetemi, che sorpresa e che soddisfazione immensa!
Tante cose della vita, anche le più leggere o inaspettate, spingono a riflettere o lasciano qualcosa, purché si sia abbastanza curiosi e disposti ad aprire la mente. Se non ci credete, provate a guardarvi intorno con più attenzione o ad arrivare in fondo alle cose per scoprirlo. Anche a quelle che non capite alla prima perché sarebbe un peccato desiderare che tutto fosse semplice e dare giudizi affrettati.
Dicevamo: quando accade, è una sorpresa e una soddisfazione immensa.
Ora, per film, libri o mostre che andiamo a visitare, non è davvero merito nostro ciò che accadrà. L’unico merito è appunto essere spettatori onesti e aperti. Creano altri, scrivono altri, a noi non resta che fruirne e saper cogliere una possibilità.
Creano altri, scrivono altri, ma mica sempre.
Io un po’ di cose le faccio. Ne ho sempre fatte e sempre ne farò. Perché appunto non riesco a stare ferma; la mia mente, le mie mani, non ce la fanno proprio. Progetti piccoli, progetti grandi, progetti enormi. Non è una passeggiata portarli tutti in fondo. No, per niente. Ma non posso fare altro, non è una scelta quella di creare, solo chi nasce irrequieto come me lo sa: è una necessità. Con la sottile speranza, lo confesso, di riuscire anche io a regalare ogni tanto quell’effetto di sorpresa e soddisfazione. Così a casaccio, a gente sconosciuta. Che se davvero ogni tanto ce la facessi, in una vita, non sarebbe mica poco, eh?
E’ tutta l’estate che penso a un nuovo progetto pittorico, per adesso il quadro danza nella mia testa, spero di trovare presto la forza di fargli prendere una forma terrena. Come sempre, inizierò a dipingere solo quando davvero sentirò di aver bisogno di dipingere. Al momento giusto, non un minuto prima, né uno dopo. La pittura non è uno scherzo per me, è una cosa seria. Non la faccio per denaro, né per il piacere altrui. Non è prostituzione. Non è fatta solo di masonite e colori a olio, è fatta delle mie sensazioni e dei mei pensieri. Chiaramente può non incontrare il gusto altrui, ma almeno è sincera e mia.
Prima o poi spero di riuscire a riassume il mio lavoro in una mostra e di darle il nome REALISMO INTIMO perché è quello di cui parla: la mia realtà. Niente di più, niente di meno.
Vedi? Un altro enorme progetto… non riesco proprio a stare ferma!
Intanto scrivo molto.
Anche i libri sono progetti enormi, che richiedono mesi e mesi di lavoro. E tanto coraggio.
Quando crei qualcosa, diventa la tua vita stessa, lo ami e lo odi. Lo temi. Temi di non essere capace di farlo arrivare con te dove volevi effettivamente andare. Temi che ti trascini via, lontano, che prenda il sopravvento. Quanta fatica nel tentativo di dominarlo. Che sia un quadro, che sia un libro, che sia un post come questo. Che non si perda il senso, è importante. Ma anche che non si capisca subito, a una prima occhiata distratta, che pretenda un po’ di interesse sincero da parte dello spettatore e del lettore. Che riesca a catturare, a portare.
Non credo che nessuno di noi (gli irrequieti che non sanno stare fermi, quelli che hanno bisogno di progettare e di fare, quelli che creano) che nessuno di noi, possa mai sapere se alla fine ce l’ha fatta davvero. Il creatore è condannato all’incertezza e alla perenne insoddisfazione. E’ condannato a provarci e può solo sperare di poter regalare al fruitore quella scintilla di sorpresa e soddisfazione.
Solo questo mi viene concesso e solo a questo posso appellarmi nei momenti di fatica, vergogna, ripensamento, autostima a terra e paura: solo alla speranza. E magari neanche a quella perché se la perdo non è che cambi molto. Ve lo confesso in piena sincerità: pure se fossi certa che quello che faccio fa schifo a tutto il mondo, io al mondo chiederei scusa, mi dispiace (un giorno ci penseranno altri a bruciare i miei quadri, strappare i miei libri e cancellare questo blog), ma io non potrei comunque fare a meno di progettare, fare e arrivare fino in fondo ancora una volta.

lalla


P.S. Che il mondo lo desideri oppure no, la mia “Saga dei Colori” va avanti; la prima bozza del mio terzo libro, “Giallo Cristina”, è quasi terminata. 

domenica 2 aprile 2023

anche io ho bisogno di carezze

Tante persone sono profondamente egoiste (e deboli), io non ho mai voluto essere come gli altri.
Però detto così non è del tutto vero: io non ce l’ho mai fatta a essere come gli altri, non ho mai potuto. Non potevo già alle elementari, figuriamoci adesso.
Ognuno ha la sua natura. Voglio dire: da un certo punto di vista, ma beati quelli che se la spassano!
Io non obbligo me stessa a stare sempre attenta e a prendermi cura degli altri, lo faccio e basta, perché sono fatta così. Ho bisogno di cercare di fare sempre la cosa giusta per tutti. Il ché è abbastanza impossibile, ma comunque devo provarci. E ho perennemente paura di sbagliare, di turbare il resto del mondo, di disturbarlo. Io sono un essere disturbante, lo sono sempre stata. Socialmente strana, disomogenea.
La mia disomogeneità mi regala il dono di essere incompresa. Così le persone, anche quelle che mi apprezzano, non mi vedono mai per quella che sono, mi fraintendono, non mi capiscono. Posso risultare invadente e inadeguata. Probabilmente lo sono. Esibizionista? Sicuramente lo sono. Basta che una sola persona mi faccia notare quanto io sia stonata per essere ferita, anche con uno sguardo o una sola parola, anche da chi non conta nulla.
Perché, tra le tante, sono pure ipersensibile e se sapeste q
uanto fa male...
ma poi mi rialzo e me ne vado dritta (e sola) per la mia strada perché sono pure fiera della mia diversità (e perché in fondo non potrei fare altrimenti).
Per fare questa vita fuori dagli schemi dovrei essere più forte di quella che sono, ma forse questa forza non esiste. Forse nessuno lo è.
Forse nessuno può procedere dritto (e solo) per il mondo senza vacillare ogni tanto.
Ma prima che forte, e prima di ogni altra cosa, desidero essere sincera. Non posso esserlo ogni giorno con le persone che mi fraintendono e che si aspettano altro da me. Per loro io sono (e devo essere) quella forte e premurosa, quella disponibile. Quella che sorride sempre.
In verità, non sempre. Ogni tanto mi sento un po’ mesta e sola. Ma questo non posso dirlo a nessuno perché nessuno vuole sentirselo dire da me. Ma almeno a me stessa posso dirlo. E posso ascoltarmi.
Detesto il contatto fisico con gli sconosciuti, ma adoro coccolare le persone che amo. Mio figlio ormai è un gigante, eppure ancora non si scansa del tutto se ogni tanto lo abbraccio. Mia figlia mi stringe forte quando lo faccio, ogni giorno. Più volte al giorno.
Ma entrambi stanno crescendo e (è bene che io me lo ricordi sempre) non sono su questa terra per me, devono esserlo per loro stessi. Sono io ad averceli messi e sono io a prendermi cura di loro. Un giorno se ne andranno entrambi, così come se ne vanno i miei studenti e tutte le persone di cui mi prendo cura.
Va bene così, razionalmente sono convinta di poter bastare a me stessa, che il mio valore di essere umano non dipenda dall’avere accanto una persona e, a dirla tutta, neanche da aver messo al mondo la mia prole.
Ma ogni tanto vacillo. Sono gli ormoni, quelle merde!
Ogni tanto devo ammettere con me stessa che mi gratificherebbe molto piacere a qualcuno che non fosse geneticamente obbligato a farlo. Ogni tanto mi chiedo quanto possa essere bello essere visti per quello che si è veramente e piacere lo stesso.
State tutti fingendo o a qualcuno succede davvero?
Quanto è bello? Raccontatemelo, voi che potete. Voi che sapete chiedere e prendere, oltre che dare.
Sappiate che anche alla mia pelle (e alla mia anima) piacerebbe essere toccate e carezzate. Io non mi scanserei mai, non l’ho mai fatto. Eppure, nella mia vita, in così pochi mi hanno accarezzato. Perché mi hanno sempre frainteso, perché nessuno si è mai reso conto di quanto ne avessi bisogno.
Di quanto, oltre ad amare, mi piaccia essere amata.

lalla

P.S. non c’è da preoccuparsi, è solo la primavera, presto gli ormoni si arrenderanno e io tornerò stoicamente padrona della mia vita. Nell'attesa, come sempre ci ha pensato la mia migliore amica a darmi ciò di cui avevo bisogno.

"Carezzarmi", olio su masonite, diametro 50 cm.