Di fondo, sono una persona allegra. Chi mi gira intorno sa che tendo a sentirmi entusiasta della vita e a buttare tutto sul ridere. Non solo per una fortunata combinazione chimica, ma grazie a una mia precisa volontà. Perché sono anche una persona razionale, molto. Io voglio, e devo, onorare il culo di essere venuta al mondo sana in un ambiente economicamente e culturalmente privilegiato. Cercare di dare sempre il massimo, diffondere serenità e praticare gentilezza, combattere a testa alta per i principi in cui credo e non dare per scontato nessun giorno su questa terra, mi pare il minimo.
Ma, gratitudine a parte, vivo anche percependo una latente delusione. In grande scala: prevaricazioni, ingiustizie odiose, violenze feroci e diffusa indifferenza. Nel quotidiano: costanti incomprensioni. Mancate connessioni. Soffro di una solitudine atavica che cerco di non far pesare a nessuno, ma che scava in me profondissimi solchi. C’è di più. Nel mio piccolo, ogni tanto compare anche, lo confesso, un’insoddisfazione meschina. Un senso di mancato riconoscimento per le cose che faccio (scrittura e pittura) e per la donna che sono. Il sentirmi sottovalutata o data per scontata. Non vista. Mai scelta.
Nonostante i miei sforzi incessanti, che cosa mi renda così stonata, e non di rado sgradita, al resto dell’universo, io non l’ho mai capito. Il troppo chiasso? I troppi colori? Più probabilmente, qualche evidente trauma e rigidità che, è bene saperlo, sono impossibilitata a rimuovere. O magari, più semplicemente, il resto dell’universo è solo troppo occupato a pensare ai cazzi suoi per stare dietro anche ai miei. E giustamente, direi.
Quindi nulla, come non detto, procediamo tutti come sempre: sorridenti e pimpanti verso il 2026!
lalla


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