Nel 2009 ho scelto di effettuare una ITG (interruzione terapeutica di gravidanza) alla 28° settimana di gestazione. Ho abortito in Francia perché in Italia dopo le 22° settimana avrebbero rianimato il feto e dopo la 24° non avrebbero più concesso un'interruzione nonostante le evidenze mediche. Sono stata costretta a lasciare il mio paese per andare a partorire da sola tra le lacrime e in mezzo ad estranei che parlavano una lingua diversa dalla mia. Ho spinto fuori dal mio corpo una bambina cadavere dopo sette mesi di gravidanza. Dopo averla sentita scalciare e vista succhiare il liquido amniotico attraverso le ecografie. Dopo averla desiderata e amata con tutta me stessa. Dopo aver scoperto due mesi prima attraverso l'eco morfologica che aveva delle malformazioni cerebrali. Dopo aver aspettato tutto il tempo necessario per capire se esistesse un modo per aiutarla a stare bene. Dopo aver sottoposto lei e me stessa a ogni tipo di analisi e consulto. Dopo essermi infine arresa di fronte all'evidenza del suo peggioramento e aver accettato che quel modo non c'era. Dopo aver scelto di non farla nascere e di salvare prima di tutto lei (e poi chi al mondo già c'era) dalle sofferenze che ci sarebbero state fuori dal conforto della mia pancia. Di questa decisione non provo alcuna vergogna e non mi sono mai pentita, neppure una sola volta in tutti questi anni. Sono certa di essere stata per lei la migliore madre che potessi essere. Scrivo questo oggi perché mi sembra giusto ribadire, in un momento storico in cui tutto sembra andare dalla parte opposta, che ogni donna ha il proprio vissuto, la propria testa e il proprio cuore. Che tutti gli altri dovrebbero fare un passo indietro senza giudicare e lasciare che ciascuna possieda anche, in ogni parte del mondo, porca miseria, il sacrosanto diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e del proprio destino. lalla
artù
4 giorni fa
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