Nel 2009 ho scelto di effettuare una ITG (interruzione terapeutica di gravidanza) alla 28° settimana di gestazione. Ho abortito in Francia perché in Italia dopo le 22° settimana avrebbero rianimato il feto e dopo la 24° non avrebbero più concesso un'interruzione nonostante le evidenze mediche. Sono stata costretta a lasciare il mio paese per andare a partorire da sola tra le lacrime e in mezzo ad estranei che parlavano una lingua diversa dalla mia. Ho spinto fuori dal mio corpo una bambina cadavere dopo sette mesi di gravidanza. Dopo averla sentita scalciare e vista succhiare il liquido amniotico attraverso le ecografie. Dopo averla desiderata e amata con tutta me stessa. Dopo aver scoperto due mesi prima attraverso l'eco morfologica che aveva delle malformazioni cerebrali. Dopo aver aspettato tutto il tempo necessario per capire se esistesse un modo per aiutarla a stare bene. Dopo aver sottoposto lei e me stessa a ogni tipo di analisi e consulto. Dopo essermi infine arresa di fronte all'evidenza del suo peggioramento e aver accettato che quel modo non c'era. Dopo aver scelto di non farla nascere e di salvare prima di tutto lei (e poi chi al mondo già c'era) dalle sofferenze che ci sarebbero state fuori dal conforto della mia pancia. Di questa decisione non provo alcuna vergogna e non mi sono mai pentita, neppure una sola volta in tutti questi anni. Sono certa di essere stata per lei la migliore madre che potessi essere. Scrivo questo oggi perché mi sembra giusto ribadire, in un momento storico in cui tutto sembra andare dalla parte opposta, che ogni donna ha il proprio vissuto, la propria testa e il proprio cuore. Che tutti gli altri dovrebbero fare un passo indietro senza giudicare e lasciare che ciascuna possieda anche, in ogni parte del mondo, porca miseria, il sacrosanto diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e del proprio destino. lalla
domenica 10 novembre 2024
martedì 22 ottobre 2024
piove
Piove. Io non amo la pioggia. Non sono una pianta e non ho bisogno di essere annaffiata. Il cattivo tempo mi stronca l'umore. E il buio di più. Insieme mi portano a rimuginare e a fare bilanci, a soppesare e a percepire soprattutto quello che manca nonostante sia tanto, tantissimo, quello che c'è. Spesso mi viene detto: "Sei una persona così forte!" Lo sono perché voglio esserlo. Le persone forti lo sono per scelta: scelgono di attutire i colpi (che arrivano per tutti e con la stessa intensità, forti o deboli che siano) e di non far piovere sugli altri il proprio dolore. La disillusione, la frustrazione, la fatica. Niente. Nascondono ogni cosa e la affrontano da sole. Sole. Come il sole non potranno mai essere guardate perché emanano luce verso l'esterno. Va bene così: abbronzatevi con i miei raggi, consolatevi con i miei sorrisi e nutritevi della mia energia, ma sappiate che essere una stella in fiamme richiede un alto grado di sopportazione. Non è sempre così facile, soprattutto sotto la pioggia.
domenica 6 ottobre 2024
Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi
Sono
stata alla presentazione per gli insegnanti della mostra di Helen Frankenthaler
a Palazzo Strozzi e dopo ho visitato l'esposizione in libertà con le mie fantastiche
colleghe del dipartimento.
Allora, la mostra mi è piaciuta, ma la presentazione organizzata dalla
fondazione no. Trovo anche il sottotitolo dell’esposizione “dipingere senza
regole” abbastanza fuorviante. L’artista ha più volte dichiarato di ispirarsi
alla pittura classica e rinascimentale nella ricerca di un’armonia compositiva
e cromatica, quindi “senza regole” una cippa! Quando ci è stato detto: “Chiediamo
ai ragazzi, cosa vedete in questo quadro astratto? Ognuno è libero di vederci
quello che vuole”, stavo per alzarmi e picchiare qualcuno.
In ogni caso, non credo sia facile capire appieno il valore di quest’artista
senza snaturala. Dopo essermi immersa di persona nei suoi colori e aver
ascoltato le sue parole dai video, anche se non conta niente, provo a dirvi
come la penso io.
Primo punto, a molti darà un certo fastidio sapere che questa artista americana
abbia avuto molto culo. È nata in una famiglia ricca e progressista che le ha
permesso di formarsi in una scuola d’arte contemporanea, di entrare in contatto
con i migliori galleristi, di frequentare chi le pareva, di viaggiare e
villeggiare e di fare arte liberamente e incurante di qualsiasi aspetto
economico per tutta la vita. Beata lei. Sì: beata lei, perché è chiaro che il
povero Jackson Pollock morto di fame, alcolista e maledetto ci intenerisca di
più, ma la spontanea forma di invidia generata dalla certezza che stiamo
parlando di una privilegiata va superata. Soprattutto perché lei lo sapeva di
essere una privilegiata, non l’ha mai negato, eppure si è impegnata tutta la
vita nella sua ricerca artistica. Poteva vivere d’inedia, sperperare i beni di
famiglia come molte “figlie di papà”, magari darsi ai vizi e alle droghe. Invece
si è data da fare. Detto tra noi, a proposito del caro Pollock, se anche lui
avesse bevuto di meno non gli avrebbe fatto male, ma evidentemente c’è chi
nasce pieno di demoni e fa fatica a domarli. Lei, sempre beata, era nata senza
demoni.
Ed eccoci al secondo punto: la sua pittura non significa niente. Amen! Helen Frankenthaler
non si è eretta a profeta, non ha scelto di denunciare ipocritamente i mali del
mondo, non ha aggiunto una ricerca spirituale o un’indagine sulla condizione
umana. Niente. Questo, a mio parere, non scalfisce in nessun modo il valore della sua
ricerca soprattutto materica e cromatica. Interessantissime le sue sperimentazioni tecniche, le pozze di tinte fluide e la stesura del colore con la spugna.
È cresciuta artisticamente accanto e in mezzo all’Espressionismo Astratto (ispirandosi
nelle tecniche e nelle dimensioni del formato sia all’Action Painting di
Pollock, sia allo spirituale Camp Field di Rothko e Newman), eppure non penso
ne abbia mai fatto filosoficamente parte.
Prima di tutto, non mi sembra che Frankenthaler sia propriamente una pittrice
astratta: le sue enormi tele hanno quasi sempre dei titoli, quindi dei soggetti
(“Cosa ci vedi?” un'altra cippa). Il suo astrattismo, come direbbe Paul Klee, “è un
mezzo, non un fine”. Inoltre, manca
tutta la componente di espressione (soprattutto di malessere in Pollock e di
spiritualità in Rothko e Newman).
Si ispirava alla natura, all’acqua, agli splendidi paesaggi conosciuti nei suoi
viaggi. In un’intervista dice che stava dipingendo un soggetto naturale, ma non
gli interessava davvero cogliere lui, quanto il disegno e il colore che lo
caratterizzavano. Mi ha ricordato tanto Claude Monet quando disse: “Metto del
rosso sulla tela e solo dopo mi rendo conto di aver dipinto un tetto.”
Mi è venuto di pensare che la ricerca pittorica di Frankenthaler fosse più simile
a un “Impressionismo astratto” che a un Espressionismo Astratto. Catturare e
sublimare il dato ottico, l’armonia compositiva e cromatica della natura. Con
un certo distacco scientifico e senza cercare di mandare nessun messaggio o
raccontare niente di speciale, proprio come faceva il caro e vecchio Monet. Monet
che alla fine, nelle enormi tele delle ninfee, del tutto inconsapevolmente, aveva
fatto scivolare tutto sé stesso, raggiungendo un altissimo lirismo e uno dei
più splendidi paradossi dell’Arte. Visitare l’Orangerie è come immergersi nel
suo stagno a Giverny, è come fare un bagno nei colori e arrivare a toccare la sua
anima.
Provate a visitare la mostra della Frankenthaler e a fare lo stesso: gioire degli
accostamenti cromatici, danzare tra le linee e i pesi compositivi. Lasciatevi
andare e fatevi tirare dentro. Tuffatevi nei suoi colori, guardate attraverso i
suoi occhi e, con una certa leggerezza, accarezzate la sua anima.
lalla
sabato 8 giugno 2024
Piccola Fata pasionaria
Indago: "Adultismo?"
"Sì, puoi capirlo anche dalle piccole cose: tipo quando usciamo da un negozio tu dici 'arrivederci' e loro ti rispondono 'arrivederci', anche io dico 'arrivederci' e loro delle volte non mi rispondono, oppure mi rispondono 'ciao'."
Mi lascia interdetta, chiaramente non va bene ignorare un bambino, ma il 'ciao' l'ho sempre inteso come una tenerezza, non come una mancanza di rispetto... va considerato però che chi ha un privilegio difficilmente tende a rendersene conto.
"E la cosa ti disturba?"
Annuisce.
"Quindi... come definiresti l'adultismo?"
E lei, precisissima: "L'adultismo è quando gli adulti pensano che i bambini non siano in grado di fare le cose da soli o anche, quando pensano che le cose fatte dai bambini siano meno importanti di quelle fatte dai grandi."
E che le vuoi dire a questa?
Solo congratulazioni e magari alle elezioni avessi la possibilità di votare per lei!
Rimanendo sulla problematica specifica di adultismo (termine da oggi ufficialmente inserito nel vocabolario della lingua italiana dall'Accademia della Crusca e altro che 'petaloso'!😉), l'ho sempre percepita anch'io (fortunatamente meno presente in Italia che in altri paesi dove i bambini vengono totalmente esclusi dalla vita sociale dei grandi).
Come insegnante, ho cercato e cerco di tenerne conto, di non erigermi mai al di sopra di studenti e studentesse. Come mamma, pure.
Viva il giovanismo e arrivederci a tutte e tutti!
mercoledì 29 maggio 2024
incomprensioni, pittura e amore
L’altro giorno riflettevo su quale fosse la molla che mi spinge a fare arte nonostante sia tanto faticoso (e pericoloso) e mi è venuto di essere sincera. Ho scritto questo sui social:
“Mi sento incompresa da tutta la vita.E per questo, sola.
Vorrei bastare a me stessa, ma tutto quello che faccio, me ne rendo conto, è una richiesta di condivisione e vicinanza. Il continuo raccontarmi, che chiaramente mi espone e porta al risultato opposto.
Dipingere, scrivere.
In fondo la mia arte è solo un tentativo disperato e vano di spiegarmi.
A me stessa e agli altri.”
Il che mi pareva un pensiero fin troppo scontato e comune, soprattutto tra le personalità creative.
Ma invece no, anche questa riflessione è stata fraintesa.
Si è alzato un coro di: “Devi amarti per quello che sei e bastare a te stessa” o addirittura: “Esci di casa, fai cose, ama”.
Il buffo della questione è che tale coro non provenisse da un popolo di eremiti appollaiati su cocuzzoli di montagna che vivono ognuno per conto suo e si amano in completa solitudine e realizzazione personale, bensì da esponenti della società. Mi ha ricordato quelle donne fresche di tintura che mi fanno sperticati complimenti per i miei capelli bianchi. E a me ogni volta viene di pensare: mi stanno prendendo per il culo? Può darsi. O forse ancora una volta ci stiamo solo fraintendendo a vicenda, come sempre.
Spiegarsi è faticoso quanto dipingere e pericoloso nello stesso modo. Scrivere lo è altrettanto. Ma sono tutte la stessa cosa, no? Sono sempre io.
Mi pare che in un’intervista Marina Abramović abbia detto: “sono un’artista anche quando vado a fare la spesa”. Io forse non sono un’artista mai, neanche quando dipingo, ma il concetto è quello: non riesco a scindere me stessa da quello che creo, sono tutti pezzi di me che escono fuori e si mostrano. Si espongono al pubblico ludibrio. Creare è come spogliarmi nuda e lasciare che la gente mi spii. Che indugi con lo sguardo su ogni mia caratteristica, che noti tutto ciò che in me si allontana dal loro modello ideale. Che mi ammiri o più soventemente mi derida. Chi vede raramente mi comprende, talvolta commenta e spesso mi ferisce. Per questo considero tutto ciò una pratica quasi autolesionista, un “tentativo disperato e vano”.
Eppure, necessario.
Sicuramente non lo faccio per diletto, ma per bisogno.
Che volete che vi dica? Io al mondo ci so stare solo in questo modo: i miei non sono hobby, ma necessità.
Io la penso come gli antichi ritrattisti romani: i segni del tempo sono belli, sono simboli di esperienza e saggezza. Sono una fortuna. La memoria di come è stata vissuta la propria vita, dei traguardi raggiunti e del tempo trascorso insieme alle persone amate. Come Anna Magnani disse a una truccatrice : “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C'ho messo una vita a farmele!”
Sono anche presuntuosa perché cullavo la piccola speranza che vedendo il quadro si sarebbe piaciuta più che guardandosi allo specchio e che magari si sarebbe perfino commossa. Che avrebbe percepito l’amore che ho provato durante la stesura di ogni singola pennellata. Che avrebbe letto la propria bellezza attraverso i miei occhi.
Così non è stato.
Lei, come altre, ha visto solo le rughe. Come se la bellezza di una persona (nota bene, di una donna) fosse legata a questo unico fattore: la giovinezza.
Magari la colpa è mia che non sono stata all’altezza. O forse essere fraintesa è davvero intrinseco nel mio DNA.
Però, due cose voglio ancora provare a chiarirle.
Prima di tutto, l’errore non può essere il non aver alleggerito i contrasti cromatici in modo da mascherare e nascondere. La mia pittura tende al reale e non può essere intesa come una seduta di chirurgia estetica. Una cosa del genere mi ripugnerebbe.
Seconda cosa, non sono una pittrice esistenzialista alla Lucian Freud. Non voglio ritrarre il disfacimento della carne per disperarmi del degrado fisico e dell’insensatezza dello stare a questo mondo. Io sono esattamente il contrario: a me piace parecchio starci e quando dipingo una ruga, un seno cadente o una piega insolita della carne (che appartengano a me o a un altro soggetto), non lo faccio con disprezzo e disgusto, bensì con grande attenzione e cura. Dipingere, ormai ne sono certa, è per me soprattutto un modo d’amare.
lalla
P.S. penso che il quadro sia finito. Dopo la sua prima reazione è stato difficile riuscire a recuperare la serenità necessaria per andare avanti. L'ho lasciato a lungo in attesa. Solo quando mi sono sentita di nuovo tranquilla, l'ho portato fin dove volevo. In un angolino nascosto spero ancora che col tempo riesca ad apprezzarlo (e ad apprezzarsi) di più.
domenica 17 marzo 2024
tutto quello che verrà
lalla
"Tutto quello che verrà", olio su masonite, 60x60 cm, marzo 2024 |
sabato 17 febbraio 2024
conversazioni distopiche pre-scrutinio
Ciondolo come gli/le altre/i insegnanti in fase digestiva e attesa semi-vegetativa che si liberi un'aula per procedere allo scrutinio.
Nel salone centrale e in bella vista, mi si avvicina collega eccentricamente festosa e urlante: "Ilariaaa!!!!"
Mi scuoto dal torpore e saluto gentilmente.
"Ma tu per caso stai scrivendo il tuo terzo librooo?!"
Un po' imbarazzata per il tono altissimo che attira l'attenzione delle/i presenti, ma grata per l'interessamento, rispondo cauta: "L'ho già pubblicato."
E quella, giuliva: "Posso consigliarlo a una studentessa?"
Perché mai questa proposta?
Il mio cervello ancora mezzo in catalessi e già settato sul dovere che l'attende, fatica a cogliere immediatamente il senso della conversazione, in ogni caso: "Veramente io evito di pubblicizzare i miei libri nelle classi."
Gesticola con fare comprensivo: "Certo, fai bene." Poi aggiunge, quasi preoccupata: "Ma li pubblichi senza uno pseudonimo, proprio così col tuo nomeee???"
Quando le rispondo guardinga ammetto che il mio livello di gratitudine è drasticamente scemato: "Beh, sì, non mi sembra di aver fatto niente di male scrivendo dei libri."
Mi rassicura: "Ma certo... in ogni caso, lei potrebbe acquistarlo?"
"Come tutti... sono su Amazon," e mi informo: "Quale volevi consigliarle?" Ammesso che la signorina esista davvero.
Si affretta a prendere le distanze con gesti teatrali: "Ah, non saprei proprio, io non li ho mica letti," e con fare ammiccante: "Sai, non sono il mio genere."
OK, quindi dove vogliamo andare a parare?
La guardo muta, dandole il permesso di concludere solennemente: "Io leggo Guerra e pace."
Perfetto.
Ora, magari la collega in questione vorrebbe solo essere gentile, è una tipa vivace, sono io a essere cattiva, ammettiamolo: il risveglio disarmonico dallo stato letargico non mi ha fatto bene.
Una piccola stronzissima parte di me avrebbe tanta voglia di risponderle acidamente: "Allora perché non consigli Guerra e pace alla tua studentessa?"
Ma per fortuna sono anche persona educata e francamente impegnata in questioni più serie, quindi recupero lucidità, ringrazio con ampio sorriso e mi dirigo a fare lo scrutinio.
lalla
mercoledì 7 febbraio 2024
bellezza e(è) libertà
Mi sono ricordata che quando ero così "in forma" era perché mi privavo del cibo per mesi e mesi cercando di essere abbastanza magra e bella per la persona che avevo accanto. Sinceramente, un po' per scherzo e molto sul serio, ha sempre tentato di non farmi sentire del tutto alla sua altezza. Mi diceva che avevo un modo di fare poco femminile, che qualche volta gli sembrava di stare con un maschio. Io non è che ci credessi davvero, ma a ripensarci, che rabbia!
Ok, poi ho continuato a scorrere le foto e ne ho trovate molte altre dove rido sguaiatamente con la qualunque e mi scateno in pista peggio di Bella Baxter. E allora mi è tornata l'allegria.
Ricordo bene anche le gomitate che mi tirava sotto il tavolo quando secondo lui alzavo troppo il tono della voce o chiacchieravo a vanvera. La sua supponenza nei confronti della mia pittura e del mio modo di scrivere. Tanti sforzi inutili per sottomettere e imprigionare me che probabilmente hanno finito per frustrare lui. In fondo non gli ho mai dato troppa retta, la mia natura, solo all'apparenza mite, è profondamente disubbidiente e libera.
E la dieta dimagrante l'ho fatta anche prima di lui (perché è soprattutto la società a farti sentire inadeguata) e l'ho rifatta pure dopo, sia chiaro, dovrei rifarla anche adesso, ma per questioni di benessere e salute va bene, non per inseguire un merdoso standard imposto da qualcun altro.
venerdì 2 febbraio 2024
torna quando vuoi
Che cosa strana l’inconscio, non trovi?
Nel mio caso spesso e volentieri lavora contro di me sostenendo simpatici sensi di colpa
e immancabili ansie da prestazione; stanotte pareva dello stesso avviso. Invece.
Come sai in questo periodo siamo di scrutini, quelli del primo quadrimestre e io
potrei concedermi di dormire se non fosse che ci sono già in ballo decisioni
importanti come la composizione delle commissioni (i miei studenti e le mie
studentesse mi fanno una corte spietata perché li porti all’esame, ma quest’anno,
non so se lo sai, anche tuo nipote Elia deve sostenere la maturità nella mia
scuola; diciamo che la situazione è più complicata del solito e dovunque mi volti
rischio di far danni e scontentare qualcuno). Tanti, tanti pensieri. A metà
nottata mi sono ritrovata con l’occhio pallato. I miei intorcinamenti cerebrali,
ti confesso, non ti riguardavano (ero così presa dai miei doveri di insegnante
e di mamma che mi stavo scordando quelli di figlia).
Ma per fortuna dopo un po’ mi
sono addormentata di nuovo e ho iniziato a sognare: un gruppo di persone
allegre, tipo quasi a braccetto, chi fossero non mi interessa, ma a due metri
da me e un po’ spostato sulla sinistra c’eri tu. Tu ancora vigoroso e forte, ma
non troppo in sovrappeso. Neanche troppo imbiancato, diciamo un tu cinquantenne, praticamente mio coetaneo.
Ti ho riconosciuto e mi sono sentita fortunatissima di poterti
incontrare di nuovo: “Che bello che sei venuto, era tanto tempo che non lo
facevi.” Anche tu mi hai riconosciuto e mi hai sorriso. Sapevo che era un sogno e sapevo anche che avevamo poco tempo a
disposizione così ti sono venuta subito incontro e ti ho abbracciato. Ho percepito fisicamente il nostro contatto (ed è strano, nei sogni di solito vedo
ciò che succede “da fuori” e non riesco ad utilizzare davvero i sensi). Invece
ho sentito la solidità del tuo corpo e, deliziosa, la tua barba sulla mia guancia.
Come allora, forse un pochino più dura di allora perché in effetti la tua era
molto soffice, ma l’ho sentita. Chiaramente. Ho fatto bene ad abbracciarti, è stata
una sensazione bellissima. Ma è durata solo un attimo, poi mi sono svegliata.
Se
avessimo avuto ancora un po’ di tempo, magari anche solo una frazione di secondo,
che nel sogno si sarebbe dilatata, avrei potuto raccontarti tante cose su di
noi e su quello che facciamo. Rassicurarti sul fatto che stiamo tutti bene e ricordarti
che devi aver fatto qualcosa di davvero buono se ancora oggi, dopo otto anni,
ti portiamo con noi. Forse avrei potuto utilizzare quel poco tempo che avevamo
per confessarti che la mamma ti guarda ancora con lo stesso sguardo, so che ti
avrebbe fatto piacere perché sei sempre stato un inguaribile romantico. Invece
no, non ho potuto fare a meno di essere egoista: avevo tanto bisogno dal tuo
abbraccio e me lo sono preso. Mi ha riempito di soddisfazione, ha sciolto
ogni nervosismo e tensione, ha riportato la mia mente alle cose belle e giuste.
È stato un dolcissimo modo di passare la giornata ogni tanto toccarmi la guancia
e ricordare quella carezza ispida. Grazie.
Grazie di essermi venuto a trovare proprio per
il tuo compleanno. Caro babbo, torna quando vuoi.
lalla
sabato 4 novembre 2023
Madre Natura
Ha a che fare con la bellezza dei miei affetti reali e per questo ho chiesto a mia sorella Silvia di posare per me.
Ha a che fare con la fertilità e la prosperità tanto quanto un'antica venere preistorica.
Lei che rinchiude in sé ogni aspetto della natura: quello terribile e sublime amato da Turner e quello pittoresco e rassicurante preferito da Constable. Lei che qualche volta ha quel suo modo aggressivo di porsi, che sembra esplodere come una grandinata d'estate per devastare i raccolti. Lei che con me ha saputo tante volte anche essere mite, l'amica più fidata al mondo e farmi sentire al sicuro come un pulcino in un nido di rondini a primavera.
lalla