Due settimane fa ho visitato la mostra alla GAM di Torino dedicata a Berthe Morisot, pittrice Impressionista non abbastanza celebre per le sue pitture (forse ricorderete “la culla” del D’Orsay) e nota ai più come “l'amante di Edouard Manet”.
Le tele esposte provengono quasi interamente dal museo Marmottan, che oltre alla sua maggiore raccolta di opere conserva anche “Impression soleil levant” di Claude Monet (e quello lo conoscete tutti, giusto?)
Sono stata due volte al museo parigino e avevo già avuto modo di apprezzare varie opere di Berthe, ma diverse da quelle esposte a Torino (evidentemente in magazzino ne hanno tante), quindi durante la visita non c’è stata alcuna ripetizione, ma solo piacevole scoperta.
Però, prima di passare a parlare di cose belle, siccome sono rompina, due critiche al GAM mi tocca farle per forza.
La prima: l’illuminazione delle tele è spesso inadeguata e costringe a guardarle di tre/quarti per evitare il riflesso dei faretti; non si poteva fare di meglio?
La seconda: non c’era bisogno di un allestimento forzatamente “femminile” con carte da parati floreali dai colori pastello nonché attaccapanni liberty con tanto di sciarpa di seta “da donna” appesa, tanto ridicola che una visitatrice un po’ ingenua ha pensato bene di appenderci anche il suo cappotto e si è beccata una partaccia dal guardiano (una scena esilarante). Insomma, s’è capito che è un’artista donna, ma anche meno. La Morisot è stata grande e ha partecipato a molte mostre del gruppo, a questo punto possiamo smettere di definirla “Impressionista donna”, basta dire “Impressionista”.
Ella stessa dichiarava: “Non credo che ci sia mai stato un uomo che abbia trattato una donna alla pari, e questo è tutto ciò che chiedo perché conosco il mio valore”.
Chapeau.
Riflettiamo ad esempio sull’appellativo “amante di” che le viene soventemente appioppato, per fortuna la mostra non calca eccessivamente la mano su questo, eppure non riesce a esimersi dal riempire una prima sala di copie di ritratti che le fece Manet. Insomma, come prima cosa non può fare a meno di presentarcela attraverso gli occhi di lui (che poi sono diventati quelli della Storia) nonostante, credetemi, Berthe sia perfettamente in grado di raccontarsi anche da sola.
Qualcosa tra loro c'è stato, questo è vero.
Berthe Morisot è giovane, talentuosa e bella, conosce Edouard Manet (già sposato) e si crea tra loro un’intesa artistica e umana molto forte. Non ci sono prove che tale intesa sia diventata anche fisica, ma in varie lettere entrambi parlano dell’altro con ammirazione e trasporto. Berthe posa per Edouard in numerose opere (la prima è “Il balcone”) ed è lui a introdurla nel gruppo Impressionista. In seguito, Berthe ne sposa il fratello (Eugene Manet), un uomo gentile e rispettoso della sua indole artistica, dalla loro unione nascerà la figlia Julie e la pittrice parlerà sempre di un matrimonio molto felice.
Ora mi chiedo, che Berthe e Edouard in principio siano o meno stati amanti: perché non ci si riferisce con la stessa frequenza a Manet come a “l’amante della Morisot”?
Se la vita sessuale (o il ruolo di amante/moglie/madre) di una donna ancora oggi sembra interessarci più del suo operato artistico o bastare da solo a riassumerne l’esistenza, non dovrebbe essere lo stesso anche per quella di un uomo?
Ammetto di essere caduta anche io in questa trappola in passato, ma cara Berthe, te lo prometto: da questa riga in avanti, alla pari.
Ed eccoci al percorso della mostra, osservando il suo lavoro e leggendo le sue parole, traspare quanto la Morisot amasse la vita e ne avesse compreso profondamente il senso.
“…la mia vita si limitava al voler fissare qualcosa di quello che accade. E quell’ambizione è ancora smisurata (…) un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta.”
Le tematiche raffigurate sono quindi le piccole (e grandi) cose quotidiane che l'autrice sapeva osservare con particolare attenzione e delicatezza. Come Auguste Renoir, canta il benessere della società moderna. Una cosa da notare però è quanto le molte donne della Morisot risultino meno leziose di quelle del celebre collega; Auguste tende ad avere una visione idealizzata del mondo femminile, mentre lei, facendone parte, lo conosce intimamente e può essere più realista.
La pittura tonale an plein air è sicuramente compatibile col resto del gruppo Impressionista, ma la tecnica della Morisot si distingue per l’uso di pennellate molto libere. I quadri sembrano quasi schizzi fatti col colore, il segno è vigoroso e la tavolozza vira spesso verso particolarissimi verdi (con i relativi rosa/arancio complementari). Le immagini sono fresche e l'accordo cromatico perfetto.
Morisot, attraverso colori e segno, riesce a regalare un viaggio molto puntuale all'interno della propria realtà. Meriterebbe una memoria "singola" e sicuramente un po’ più di pagine all'interno dei manuali di Storia dell’Arte.
lalla
Le tele esposte provengono quasi interamente dal museo Marmottan, che oltre alla sua maggiore raccolta di opere conserva anche “Impression soleil levant” di Claude Monet (e quello lo conoscete tutti, giusto?)
Sono stata due volte al museo parigino e avevo già avuto modo di apprezzare varie opere di Berthe, ma diverse da quelle esposte a Torino (evidentemente in magazzino ne hanno tante), quindi durante la visita non c’è stata alcuna ripetizione, ma solo piacevole scoperta.
Però, prima di passare a parlare di cose belle, siccome sono rompina, due critiche al GAM mi tocca farle per forza.
La prima: l’illuminazione delle tele è spesso inadeguata e costringe a guardarle di tre/quarti per evitare il riflesso dei faretti; non si poteva fare di meglio?
La seconda: non c’era bisogno di un allestimento forzatamente “femminile” con carte da parati floreali dai colori pastello nonché attaccapanni liberty con tanto di sciarpa di seta “da donna” appesa, tanto ridicola che una visitatrice un po’ ingenua ha pensato bene di appenderci anche il suo cappotto e si è beccata una partaccia dal guardiano (una scena esilarante). Insomma, s’è capito che è un’artista donna, ma anche meno. La Morisot è stata grande e ha partecipato a molte mostre del gruppo, a questo punto possiamo smettere di definirla “Impressionista donna”, basta dire “Impressionista”.
Ella stessa dichiarava: “Non credo che ci sia mai stato un uomo che abbia trattato una donna alla pari, e questo è tutto ciò che chiedo perché conosco il mio valore”.
Chapeau.
Riflettiamo ad esempio sull’appellativo “amante di” che le viene soventemente appioppato, per fortuna la mostra non calca eccessivamente la mano su questo, eppure non riesce a esimersi dal riempire una prima sala di copie di ritratti che le fece Manet. Insomma, come prima cosa non può fare a meno di presentarcela attraverso gli occhi di lui (che poi sono diventati quelli della Storia) nonostante, credetemi, Berthe sia perfettamente in grado di raccontarsi anche da sola.
Qualcosa tra loro c'è stato, questo è vero.
Berthe Morisot è giovane, talentuosa e bella, conosce Edouard Manet (già sposato) e si crea tra loro un’intesa artistica e umana molto forte. Non ci sono prove che tale intesa sia diventata anche fisica, ma in varie lettere entrambi parlano dell’altro con ammirazione e trasporto. Berthe posa per Edouard in numerose opere (la prima è “Il balcone”) ed è lui a introdurla nel gruppo Impressionista. In seguito, Berthe ne sposa il fratello (Eugene Manet), un uomo gentile e rispettoso della sua indole artistica, dalla loro unione nascerà la figlia Julie e la pittrice parlerà sempre di un matrimonio molto felice.
Ora mi chiedo, che Berthe e Edouard in principio siano o meno stati amanti: perché non ci si riferisce con la stessa frequenza a Manet come a “l’amante della Morisot”?
Se la vita sessuale (o il ruolo di amante/moglie/madre) di una donna ancora oggi sembra interessarci più del suo operato artistico o bastare da solo a riassumerne l’esistenza, non dovrebbe essere lo stesso anche per quella di un uomo?
Ammetto di essere caduta anche io in questa trappola in passato, ma cara Berthe, te lo prometto: da questa riga in avanti, alla pari.
Ed eccoci al percorso della mostra, osservando il suo lavoro e leggendo le sue parole, traspare quanto la Morisot amasse la vita e ne avesse compreso profondamente il senso.
“…la mia vita si limitava al voler fissare qualcosa di quello che accade. E quell’ambizione è ancora smisurata (…) un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta.”
Le tematiche raffigurate sono quindi le piccole (e grandi) cose quotidiane che l'autrice sapeva osservare con particolare attenzione e delicatezza. Come Auguste Renoir, canta il benessere della società moderna. Una cosa da notare però è quanto le molte donne della Morisot risultino meno leziose di quelle del celebre collega; Auguste tende ad avere una visione idealizzata del mondo femminile, mentre lei, facendone parte, lo conosce intimamente e può essere più realista.
La pittura tonale an plein air è sicuramente compatibile col resto del gruppo Impressionista, ma la tecnica della Morisot si distingue per l’uso di pennellate molto libere. I quadri sembrano quasi schizzi fatti col colore, il segno è vigoroso e la tavolozza vira spesso verso particolarissimi verdi (con i relativi rosa/arancio complementari). Le immagini sono fresche e l'accordo cromatico perfetto.
Morisot, attraverso colori e segno, riesce a regalare un viaggio molto puntuale all'interno della propria realtà. Meriterebbe una memoria "singola" e sicuramente un po’ più di pagine all'interno dei manuali di Storia dell’Arte.
lalla
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