Sono cresciuta in campagna, in una casa isolata, non sono andata all’asilo e vorrei aggiungere “meno male” perché mi conosco e so che ci sarei andata a capo chino se mi ci avessero accompagnato, perché sono ubbidiente e mite, ma non avrei voluto andarci. La mia mamma dice sempre “dei miei quattro figli tu sei stata la più facile, non dovevo neanche tenerti, ti tenevi da sola, per ore e ore, eri una bambina semplicissima”. Probabilmente ero tutto fuorché semplice, al giorno d’oggi mi spedirebbero dritta dal neuropsichiatra infantile, ma erano tempi diversi, se mangiavi abbastanza e dormivi era tutto O.K.. La mia mamma non si faceva troppe domande su cosa fosse “giusto” o “sbagliato” per un “corretto sviluppo mentale”, molto più democraticamente lasciava scegliere me e vorrei aggiungere ancora “meno male” perché me la sono cavata proprio bene. Disegnavo tantissimo e parlavo di continuo, inventavo lunghissime storie e le raccontavo anche alle Barbie, ai gatti, al vento...
Sono cresciuta in una famiglia numerosa, composta quasi interamente di donne. Qualche uomo c’era, è vero, ma li percepivo un po’ come un contorno e forse è per questo che disegnavo (e continuo a disegnare) praticamente solo donne. In verità donne quasi sempre nude. Il corpo femminile è bellissimo, è pieno di simboli e storie. Vogliamo fare gli psicologi della domenica e dire che infondo sono un po’ lesbica? Vabbè, ci sta.
Ho passato il 90% delle ricreazioni delle elementari seduta al mio banco da sola a disegnare. Gli altri compagni correvano in cortile e io me ne stavo lì, da sola. Neanche a scuola c’era l’attenzione che c’è adesso verso i vari disagi esistenziali, di nuovo “meno male” perché altrimenti qualche adulto sarebbe stato lì a guardarmi fisso (disturbandomi parecchio) oppure sarebbe venuto a prendermi per una mano per portarmi (gentilmente) in cortile e io in cortile ci sarei andata col solito capo chino, ma in realtà non avrei voluto andarci. Io volevo stare lì dov’ero, da sola (e in compagnia di tutto il mondo che potevo creare), costretta in un banco (eppure molto più libera dei miei compagni in giardino). La libertà è uno stato mentale, non fisico. Io, che sono sempre stata mite, sono forse sembrata remissiva (ad alcuni, sottomessa), in verità non lo sono mai stata. Ho avuto sempre la forza di lottare per la mia libertà e scegliere il mio posto. Sono sempre stata dove volevo stare.
In classe, alle elementari, non avrei voluto starci, a capo chino ci stavo, ma non avrei voluto. Non so se questo dipendesse dal fatto che mi obbligavano a “uniformarmi”, che pretendevano di impormi cosa fosse “giusto” o “sbagliato” o se invece dipendesse dal fatto che avevo delle difficoltà nella letto-scrittura, oppure avevo delle difficoltà nella letto-scrittura perché mi rifiutavo di imparare, non lo so, sta di fatto che in quel posto non avrei voluto starci ed è per questo che appena suonava la ricreazione partivo per un altro mondo; ed è per questo che penso per l'ennesima volta “meno male” che mi hanno concesso di poterlo fare o senza quella pausa sarei uscita di sentimento.
Al giorno d’oggi mi avrebbero certificato DSA, avrebbero cercato di “compensarmi” e "dispensarmi", probabilmente avrei faticato di meno per combattere le mie difficoltà di apprendimento, ma non so se questo mi avrebbe aiutato a lungo termine... forse avrei tirato i remi in barca. Alle medie mi è scattato qualcosa, ho deciso di non voler più stare infondo alla fila, ho cambiato marcia, da sola e con le mie sole forze, ho raggiunto la cima in un soffio e poi ho fatto il vuoto alle mie spalle. A quetso proposito davvero non saprei dire se è stato “meno male” così. Sarei stata capace di fare altrettanto se fin dall’inizio della mia carriera scolastica mi avessero compreso e aiutato? Avrei fatto pure meglio? Di questo argomento ne parlerò un’altra volta.
Torniamo alle donne. Ho sempre guardato dentro di me, che sono una donna, e ho sempre guardato fuori di me le tante donne che mi circondavano (e tutti gli uomini di contorno), perciò io un‘idea generale su questo argomento me la sono fatta.
Quando ne parlo spesso mi viene detto “te sei femminista” in quel modo accusatorio, manco fosse un’offesa. E anche se fosse? Cos’è: un reato? Io credo di non esserlo abbastanza, nel senso che non sono militante e invece dovrei. Tutte noi dovremmo militare.
Adesso penserete che si tratta di una questione personale, che io sia diventata femminista dopo essere stata mollata e invece no, sono sempre stata parecchio “sul piede di guerra” riguardo all’argomento. Come dicevo, non sono la persona remissiva che potrei sembrare, ho scelto in coscienza di essere moglie e madre perché quello era il posto dove volevo stare. Parità di diritti non significa “essere come un uomo” (io sono donna, fiera di esserlo), significa invece essere libere di seguire la propria natura.
Il problema è che, nella storia dell'uomo (e non a caso si dice così), nessuna donna lo è stata mai.
Riflettiamo su questo: quante pittrici ci sono sui libri di testo? E quante scrittrici? E musiciste? E scienziate? Ebbene, ci rendiamo conto che per millenni gli uomini hanno proibito alle donne di imparare perfino a leggere, che le hanno relegate nel ruolo di puttane/fattrici/nutrici/cuoche/serve? Che hanno privato l’umanità intera (e quindi anche loro stessi) di tutto l’apporto che metà del genere umano avrebbe potuto darle? “La creatività e il genio sono maschili”… Se penso a quante menti sono state spezzate, a quanto talento è stato sprecato... oltre che terribilmente ingiusto, è sconcertante. E l’hanno fatto senza provare neanche un rimorso. Tutto pur di impedire alle donne di esprimersi e di essere libere. La cosa più triste è che nel tempo sono riusciti a costruire nella testa delle donne tutta une serie di schemi e barriere, le hanno convinte di non essere complete senza un compagno, di non essere in grado di badare a loro stesse, “le donne non sono razionali, sono in preda agli ormoni, hanno bisogno di protezione”, insomma le hanno convinte di quale fosse il loro posto, ce le hanno costrette e contemporaneamente le hanno ingannate facendogli credere che è lì che volevano stare. Le hanno manipolate al punto che loro stesse sono diventate le peggiori aguzzine del proprio genere, sempre pronte a giudicare le “malafemmine”, a braccetto col proprio carnefice, convinte di sapere quale fosse il modo “giusto” o “sbagliato” di comportarsi.
Nel medioevo hanno sterminato sul rogo quelle poveracce che cercavano di deragliare dal loro perfetto disegno di oppressione. E non è finita, lo fanno anche adesso, in Italia muore una donna ogni 3 giorni uccisa da un uomo (colui che aveva giurato di amarla e proteggerla) solo perché la strega si è rifiutata di aderire al suddetto schema. Ci usano e ci distruggono come fossimo oggetti, come se non ci ritenessero capaci di pensieri autonomi o sentimenti, come fossimo cose di loro proprietà, come se non avessimo diritto di vivere come meglio crediamo. Perché ci odiano così tanto? Che cazzo gli abbiamo fatto di così brutto a parte metterli al mondo?!
Ecco, io penso che sia proprio questo il punto: sono gelosi. Lo sono sempre stati. Altro che invidia del pene da parte delle donne! Ma quando mai? Sono loro a invidiare il nostro utero!
Per cercare di far pari, si sono perfino inventati un Dio maschio e barbuto che genera in una sola settimana l’intero Universo quando gli unici esseri in grado di generarne un altro, di crearlo cellula dopo cellula e di strapparselo dalle viscere per scaraventarlo insanguinato su questa terra, sono femmine.
In tutto questo, guardando indietro nella storia, è anche molto scoraggiante che non si siano verificati movimenti politici o cortei di uomini che chiedessero maggiori diritti per le loro madri, per le loro compagne, per le loro figlie. Un minimo di amore e riconoscenza, no? Fosse per loro saremmo sempre chiuse in casa e manco ci farebbero votare! E’ terribile. Come madre di un maschio devo sperare di poter spezzare questa catena di anaffettività e il mio Re dei Sugolini mi fa ben sperare. A entrambi i miei figli non voglio insegnare che “siamo tutti uguali” perché è una cazzata, non lo siamo. Voglio insegnargli che ogni persona, uomo, donna o una via di mezzo che sia, ha diritto di scegliersi il proprio posto e che, per quanto agli altri possa sembrare strano, non è mai “cosa buona e giusta” allungare una mano (dolcemente) e tirarla via per portala in un altro posto. Che magari a qualcuno, lì per lì, potrebbe sembrare più giusto per quella persona il nuovo posto (o più comodo crederlo) e lei magari a capo chino ci andrebbe pure (perché è più debole o remissiva) ma non va bene neanche per idea: non è lì che vuole stare!
Che un giorno tutti i figli del mondo possano scegliere il proprio posto e abitarlo con dignità.
lalla
"Pantocrata", olio su retro di cornice in masonite, 50 x70 cm. |
P.S. Non so se sono riuscita a renderle giustizia, comunque questa è Laura, l’ho scelta come modella per vari
motivi. Primo, perché è di una bellezza esagerata, non ha nemmeno 15 anni, ma per
strada si girano tutti. Ha un volto strano e magnetico, la pelle di ceramica,
2km di gambe e un seno enorme. All’inizio pensavo al fondo oro degli absidi paleocristiani
ma non ne ha avuto bisogno perché lei l’oro ce l’ha nei capelli, quello scuro e un po’
rossastro dei gioielli antichi.
Secondo, perché come il Creatore crea: è una scrittrice e spero che coltivi per
sempre questo dono. Terzo, perché per citare la divina posa
mi ci voleva una donna più “incazzuta” di me (l'Onnipotente, si sa, ha un
caratteraccio e se gli girano potrebbe sempre scagliarci contro una piaga d’Egitto),
lei è proprio così, con quel braccio alzato non si sa bene se stia per benedirci o
mandarci tutti sonoramente affanculo. Può passare ore immobile a leggere, nel posto che lei si è
scelta, muovendosi con una flemma incredibile, come una leonessa dormiente, per poi rivoltarsi all'improvviso come una belva inferocita contro chiunque tenti di spostarla. E’ come se dentro, sommersa da un manto di calma cerebrale, trattenesse una palla di energia enorme che ogni tanto scappa e divampa. Col tempo, io credo, potrà imparare a convogliarla dove vorrà. Ebbene, questo quadro
è un augurio, che possa sentirsi pantocrata (completa). Che riesca a
gestire tutte le spaventose ricchezze che possiede senza perdere la testa, semmai
facendola perdere a qualche fortunato.