giovedì 26 dicembre 2024

il fioretto

Oh, oggi è Santo Stefano, tra pochino è Capodanno; tra una digestione e l'altra, perché non fare un bel fioretto? Così, tanto per provare qualcosa di nuovo.
Carina come idea, vero?
Mhmm... Però non vi viene in mente niente perché in effetti voi siete già così delle brave persone... Aspetta, ci provo io, che è un pochino che ci penso.
Ecco, per esempio: "Da oggi e per un anno, la smetto di giudicare e poi consigliare/suggerire/imporre le mie convinzioni sugli altri."
Eh sì, perché anche se siete in buona fede, credetemi che tutte queste amabili persone che hanno trovato la ricetta giusta e si credono le uniche custodi della verità, alla fin fine rompono parecchio il cazzo anche a chi non ce l'ha.

Intuisco dalle vostre facce deluse mentre leggete, che questo fioretto non vi aggrada.
Sicure?
No, perché magari potreste imparare a dubitare di voi stesse, solo qualche volta. Non sarebbe un male, giusto? Potreste provare a chiedervi se quella persona lì, che vi siete così appassionatamente convinti di voler salvare, in verità non voglia assolutamente essere salvata da voi e in questo momento si trovi esattamente nel posto dove vuole stare nell'Universo. Che ami chi vuole amare, chi stia con chi vuole stare, che faccia quello che vuole fare...

No, via, non vi garba proprio perché voi siete convinte che ella (la persona X da salvare) in effetti non abbia compreso l'autentica via della felicità e voi invece sì. Voi l'avete capita eccome! Siete animate da ottimi propositi e molto sicure delle vostre ragioni. E chi ha ragione ha ragione, c'è poco da fare!
Mhmm... In alternativa, sarebbe una follia chiedervi di valutare l'opzione di mangiarvi la lingua e a tenervi comunque i vostri illuminanti consigli per voi?
Neppure?
E vabbè, come non detto: niente lingua né fioretto.
Mangiatevi il panettone, salvate chi vi pare e fate festa.
Io c'ho provato.

lalla

P.S.: Per quello che vale, considerata l'inconsapevolezza di Persona X, ella probabilmente oggi non è al suo posto, eppure ci si sente. Parecchio.

domenica 8 dicembre 2024

come le scimmie

E comunque.
Si sono tutti sentiti tanto oltraggiati per i 6,2 milioni a una "banana", che almeno in sé cita ironicamente il chiasmo, irride la ricerca d'eternità nell'arte, è irriverente. Diventa un atto performativo nel momento in cui qualcuno la pensa e ha la forza carismatica di proporla, e anche quando qualcun altro l'acquista e poi la divora. Una provocazione alla Piero Manzoni (Avete presente le famose scatolette? Beh, una volta mangiata, quella fine avrà fatto).
E con questo non voglio difendere Cattelan che da sempre considero un manierista Dada, un affabulatore di masse e un gran furbone. Ma almeno la furbizia è umana.

Invece.
Nessuno si è mosso di una virgola per gli 1,1 milioni dati al "primo quadro realizzato da una AI". Una specie di stampa ad aghi del volto di Touring fatta da una stampante dalle sembianze umane con un processore zeppo di dati che rimescola, estrapola e imita, simulando la creazione.
Ecco, a me questo oltraggia, moltissimo, e non ci trovo proprio niente di positivo. Né gioco, né ironia, ma solo tanta tristezza per un'umanità che (in)coscientemente sta scegliendo di rinunciare all'unica cosa interessante e divertente che fosse in grado di fare (pensare, creare). In favore di una macchina.
Avanti così e la nostra specie presto perderà ogni tipo di esclusività. Non gli rimarrà altro che trasformare ottime banane in merda.
E questo, nota bene, sanno farlo anche le scimmie.


lalla

domenica 1 dicembre 2024

Evviva la sorellanza e la libertà!

Ieri ho cucinato senza grassi saturi, ma satura di tanto amore per le mie amiche. Anche loro si sono date da fare in manicaretti e accorrendo entusiaste verso il richiamo del mio sabba annuale. 
Quando, per fortuna abbastanza spesso, riesco a ignorare lo sdegno nello sguardo di un certo tipo di società, mi piace tanto essere me stessa. Colorata e irriverente. Anche un pochino debordante, ma chi mi ama me lo concede.
Io sono una Strega. Che botta di culo essere nata nel 1975 a Firenze e non in un altro luogo temporale o geografico in cui mi avrebbero arsa viva o lapidata!
E adesso, visto che sono un'esperta, vi confido un po' di segreti del mestiere.
Che le Streghe adorano i gatti, ne sono certa, già lo sapete. Anche il cacao.
Soprattutto, le Streghe sono bellissime, pure con i difetti, le rughe e i capelli bianchi; delle gnocche pazzesche. E per questo, spaventose.
Il nocciolo della questione è che sono indipendenti, ribelli, libere. E per questo, fastidiose. Spine nel fianco, forze della natura.
Sono anche accoglienti e gentili, ma essendo indomabili, per molti insopportabili.
Sono volitive. Ci tengono a fare solo ciò che ritengono giusto e a non tradire mai sé stesse.
Sono anche molto diverse tra loro quindi sembrerebbe plausibile trovare difficoltà nel riconoscerle, invece no: la società le sgama immediatamente!
Perché insomma, le Streghe sono tante cose, ma sicuramente non sobrie e non ubbidienti, sicché mantenere un basso profilo non è che sia proprio semplicissimo...
Ah, non è vero che non gli piacciono aglio e cipolla, invece li divorano anche crudi e leccandosi le dita perché non sono ossessionate dal dover piacere per forza e, pure se vestite discinte, stasera non hanno intenzione di limonarsi nessuno.
E magari c'avevate sperato, ma no, mi dispiace: il sole e l'acqua non le uccidono, pensa un po', le rinvigoriscono!
Solo gli stronzi molto spesso ne uccidono una.
Il resto degli uomini e delle donne dovrebbero smetterla di giudicare le Streghe e iniziare a condannare loro, gli assassini codardi, a farlo senza "se" e senza "ma".
Evviva la sorellanza e la libertà!

lalla


giovedì 28 novembre 2024

I regali belli che mi faccio... poker!


Ho fatto uscire il mio quarto libro.
E per chi se la sente, c'è pure un video...
lalla



domenica 24 novembre 2024

i capezzoli sono belli e basta

Qualche giorno fa FB mi ha invitato a condividere un ricordo sulla mia partecipazione alla collettiva "Paesaggi umani-postcard" dell'associazione Alauda (era il 2020). Il paesaggio che scelsi di rappresentare nelle mie cartoline fu il seno femminile, con la seguente spiegazione:

"Ho pensato al primo luogo che tutti noi abbiamo visitato, il primo posto dove ci siamo sentiti curati, nutriti, al sicuro. Mi piace pensare che da un angolo dell'inconscio, da un cassettino segreto della memoria, il profumo e il tepore di questo paesaggio ci parlino d'amore e ci consolino, per tutta la vita."

Ebbene, dopo la ri-condivisione l'algoritmo mi ha bloccato il post che esso stesso mi aveva suggerito, rimosso la foto e penalizzato la visibilità del profilo. E vai di trafila per spiegargli che non si trattava di capezzoli reali, bensì di disegni realizzati con matite colorate. Che alla fine ha funzionato, però, io ve lo dico in piena sincerità: mi sono rotta altamente le palle (ovaie) con questa storia!

Sarà bene che il mondo intero, e non solo un algoritmo deficiente, si renda conto che non c'è niente di brutto e da nascondere nel capezzolo, nel seno e nel corpo femminile in generale. E va bene che ho la settima, ma non è possibile che mi basti togliere il collo alto perché le persone (uomini e donne) non riescano più a guardarmi negli occhi!
Datemi retta: sarà bene tornare presto a fare tutte il topless in spiaggia e a girare per strada scollate fino all'ombelico o, meglio ancora, con i seni fuori dagli abiti come le donne minoiche. Altrimenti credetemi che qui non se ne esce, che gli antichi Greci con la storia del Kouros nudo e della Kore vestita ci hanno rovinato abbastanza!

lalla

P.S.: Io il "pezzo di sopra" del costume in acqua non l'ho mai portato fino ai trent'anni e ho adorato fare il bagno libera e felice. Sia chiaro che adesso porto il costume intero solo perché non mi piace più la mia pancia, ma, fosse per me, a seni scoperti potrei andarci tranquillamente anche alla Coop!
Per chi non ci credesse, allego foto di repertorio (era il 2003), opportunamente censurata.







domenica 10 novembre 2024

6 novembre 2024

Nel 2009 ho scelto di effettuare una ITG (interruzione terapeutica di gravidanza) alla 28° settimana di gestazione. Ho abortito in Francia perché in Italia dopo le 22° settimana avrebbero rianimato il feto e dopo la 24° non avrebbero più concesso un'interruzione nonostante le evidenze mediche. Sono stata costretta a lasciare il mio paese per andare a partorire da sola tra le lacrime e in mezzo ad estranei che parlavano una lingua diversa dalla mia. Ho spinto fuori dal mio corpo una bambina cadavere dopo sette mesi di gravidanza. Dopo averla sentita scalciare e vista succhiare il liquido amniotico attraverso le ecografie. Dopo averla desiderata e amata con tutta me stessa. Dopo aver scoperto due mesi prima attraverso l'eco morfologica che aveva delle malformazioni cerebrali. Dopo aver aspettato tutto il tempo necessario per capire se esistesse un modo per aiutarla a stare bene. Dopo aver sottoposto lei e me stessa a ogni tipo di analisi e consulto. Dopo essermi infine arresa di fronte all'evidenza del suo peggioramento e aver accettato che quel modo non c'era. Dopo aver scelto di non farla nascere e di salvare prima di tutto lei (e poi chi al mondo già c'era) dalle sofferenze che ci sarebbero state fuori dal conforto della mia pancia. Di questa decisione non provo alcuna vergogna e non mi sono mai pentita, neppure una sola volta in tutti questi anni. Sono certa di essere stata per lei la migliore madre che potessi essere. Scrivo questo oggi perché mi sembra giusto ribadire, in un momento storico in cui tutto sembra andare dalla parte opposta, che ogni donna ha il proprio vissuto, la propria testa e il proprio cuore. Che tutti gli altri dovrebbero fare un passo indietro senza giudicare e lasciare che ciascuna possieda anche, in ogni parte del mondo, porca miseria, il sacrosanto diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e del proprio destino. lalla



martedì 22 ottobre 2024

piove

Piove. Io non amo la pioggia. Non sono una pianta e non ho bisogno di essere annaffiata. Il cattivo tempo mi stronca l'umore. E il buio di più. Insieme mi portano a rimuginare e a fare bilanci, a soppesare e a percepire soprattutto quello che manca nonostante sia tanto, tantissimo, quello che c'è. Spesso mi viene detto: "Sei una persona così forte!" Lo sono perché voglio esserlo. Le persone forti lo sono per scelta: scelgono di attutire i colpi (che arrivano per tutti e con la stessa intensità, forti o deboli che siano) e di non far piovere sugli altri il proprio dolore. La disillusione, la frustrazione, la fatica. Niente. Nascondono ogni cosa e la affrontano da sole. Sole. Come il sole non potranno mai essere guardate perché emanano luce verso l'esterno. Va bene così: abbronzatevi con i miei raggi, consolatevi con i miei sorrisi e nutritevi della mia energia, ma sappiate che essere una stella in fiamme richiede un alto grado di sopportazione. Non è sempre così facile, soprattutto sotto la pioggia.

lalla

domenica 6 ottobre 2024

Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi

Sono stata alla presentazione per gli insegnanti della mostra di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi e dopo ho visitato l'esposizione in libertà con le mie fantastiche colleghe del dipartimento.
Allora, la mostra mi è piaciuta, ma la presentazione organizzata dalla fondazione no. Trovo anche il sottotitolo dell’esposizione “dipingere senza regole” abbastanza fuorviante. L’artista ha più volte dichiarato di ispirarsi alla pittura classica e rinascimentale nella ricerca di un’armonia compositiva e cromatica, quindi “senza regole” una cippa! Quando ci è stato detto: “Chiediamo ai ragazzi, cosa vedete in questo quadro astratto? Ognuno è libero di vederci quello che vuole”, stavo per alzarmi e picchiare qualcuno.
In ogni caso, non credo sia facile capire appieno il valore di quest’artista senza snaturala. Dopo essermi immersa di persona nei suoi colori e aver ascoltato le sue parole dai video, anche se non conta niente, provo a dirvi come la penso io.
Primo punto, a molti darà un certo fastidio sapere che questa artista americana abbia avuto molto culo. È nata in una famiglia ricca e progressista che le ha permesso di formarsi in una scuola d’arte contemporanea, di entrare in contatto con i migliori galleristi, di frequentare chi le pareva, di viaggiare e villeggiare e di fare arte liberamente e incurante di qualsiasi aspetto economico per tutta la vita. Beata lei. Sì: beata lei, perché è chiaro che il povero Jackson Pollock morto di fame, alcolista e maledetto ci intenerisca di più, ma la spontanea forma di invidia generata dalla certezza che stiamo parlando di una privilegiata va superata. Soprattutto perché lei lo sapeva di essere una privilegiata, non l’ha mai negato, eppure si è impegnata tutta la vita nella sua ricerca artistica. Poteva vivere d’inedia, sperperare i beni di famiglia come molte “figlie di papà”, magari darsi ai vizi e alle droghe. Invece si è data da fare. Detto tra noi, a proposito del caro Pollock, se anche lui avesse bevuto di meno non gli avrebbe fatto male, ma evidentemente c’è chi nasce pieno di demoni e fa fatica a domarli. Lei, sempre beata, era nata senza demoni.
Ed eccoci al secondo punto: la sua pittura non significa niente. Amen! Helen Frankenthaler non si è eretta a profeta, non ha scelto di denunciare ipocritamente i mali del mondo, non ha aggiunto una ricerca spirituale o un’indagine sulla condizione umana. Niente. Questo, a mio parere, non scalfisce in nessun modo il valore della sua ricerca soprattutto materica e cromatica. Interessantissime le sue sperimentazioni tecniche, le pozze di tinte fluide e la stesura del colore con la spugna.
È cresciuta artisticamente accanto e in mezzo all’Espressionismo Astratto (ispirandosi nelle tecniche e nelle dimensioni del formato sia all’Action Painting di Pollock, sia allo spirituale Camp Field di Rothko e Newman), eppure non penso ne abbia mai fatto filosoficamente parte.
Prima di tutto, non mi sembra che Frankenthaler sia propriamente una pittrice astratta: le sue enormi tele hanno quasi sempre dei titoli, quindi dei soggetti (“Cosa ci vedi?” un'altra cippa). Il suo astrattismo, come direbbe Paul Klee, “è un mezzo, non un fine”.  Inoltre, manca tutta la componente di espressione (soprattutto di malessere in Pollock e di spiritualità in Rothko e Newman).
Si ispirava alla natura, all’acqua, agli splendidi paesaggi conosciuti nei suoi viaggi. In un’intervista dice che stava dipingendo un soggetto naturale, ma non gli interessava davvero cogliere lui, quanto il disegno e il colore che lo caratterizzavano. Mi ha ricordato tanto Claude Monet quando disse: “Metto del rosso sulla tela e solo dopo mi rendo conto di aver dipinto un tetto.”
Mi è venuto di pensare che la ricerca pittorica di Frankenthaler fosse più simile a un “Impressionismo astratto” che a un Espressionismo Astratto. Catturare e sublimare il dato ottico, l’armonia compositiva e cromatica della natura. Con un certo distacco scientifico e senza cercare di mandare nessun messaggio o raccontare niente di speciale, proprio come faceva il caro e vecchio Monet. Monet che alla fine, nelle enormi tele delle ninfee, del tutto inconsapevolmente, aveva fatto scivolare tutto sé stesso, raggiungendo un altissimo lirismo e uno dei più splendidi paradossi dell’Arte. Visitare l’Orangerie è come immergersi nel suo stagno a Giverny, è come fare un bagno nei colori e arrivare a toccare la sua anima.
Provate a visitare la mostra della Frankenthaler e a fare lo stesso: gioire degli accostamenti cromatici, danzare tra le linee e i pesi compositivi. Lasciatevi andare e fatevi tirare dentro. Tuffatevi nei suoi colori, guardate attraverso i suoi occhi e, con una certa leggerezza, accarezzate la sua anima.

lalla






















sabato 8 giugno 2024

Piccola Fata pasionaria

Passeggiando per strada, tutto a un tratto: "Mamma, io credo che oltre al maschilismo, esista anche il problema dell'adultismo."
Indago: "Adultismo?"
"Sì, puoi capirlo anche dalle piccole cose: tipo quando usciamo da un negozio tu dici 'arrivederci' e loro ti rispondono 'arrivederci', anche io dico 'arrivederci' e loro delle volte non mi rispondono, oppure mi rispondono 'ciao'."
Mi lascia interdetta, chiaramente non va bene ignorare un bambino, ma il 'ciao' l'ho sempre inteso come una tenerezza, non come una mancanza di rispetto... va considerato però che chi ha un privilegio difficilmente tende a rendersene conto.
"E la cosa ti disturba?"
Annuisce.
"Quindi... come definiresti l'adultismo?"
E lei, precisissima: "L'adultismo è quando gli adulti pensano che i bambini non siano in grado di fare le cose da soli o anche, quando pensano che le cose fatte dai bambini siano meno importanti di quelle fatte dai grandi."
E che le vuoi dire a questa?
Solo congratulazioni e magari alle elezioni avessi la possibilità di votare per lei!

Nota bene che la definizione è perfetta anche se traslata su ogni tipo di razzismo, sessismo, etc.
Rimanendo sulla problematica specifica di adultismo (termine da oggi ufficialmente inserito nel vocabolario della lingua italiana dall'Accademia della Crusca e altro che 'petaloso'!😉), l'ho sempre percepita anch'io (fortunatamente meno presente in Italia che in altri paesi dove i bambini vengono totalmente esclusi dalla vita sociale dei grandi).
Come insegnante, ho cercato e cerco di tenerne conto, di non erigermi mai al di sopra di studenti e studentesse. Come mamma, pure.
Viva il giovanismo e arrivederci a tutte e tutti!

lalla


mercoledì 29 maggio 2024

incomprensioni, pittura e amore

L’altro giorno riflettevo su quale fosse la molla che mi spinge a fare arte nonostante sia tanto faticoso (e pericoloso) e mi è venuto di essere sincera. Ho scritto questo sui social:

Mi sento incompresa da tutta la vita.
E per questo, sola.
Vorrei bastare a me stessa, ma tutto quello che faccio, me ne rendo conto, è una richiesta di condivisione e vicinanza. Il continuo raccontarmi, che chiaramente mi espone e porta al risultato opposto.
Dipingere, scrivere.
In fondo la mia arte è solo un tentativo disperato e vano di spiegarmi.
A me stessa e agli altri.”

Il che mi pareva un pensiero fin troppo scontato e comune, soprattutto tra le personalità creative.
Ma invece no, anche questa riflessione è stata fraintesa.
Si è alzato un coro di: “Devi amarti per quello che sei e bastare a te stessa” o addirittura: “Esci di casa, fai cose, ama”.
Il buffo della questione è che tale coro non provenisse da un popolo di eremiti appollaiati su cocuzzoli di montagna che vivono ognuno per conto suo e si amano in completa solitudine e realizzazione personale, bensì da esponenti della società. Mi ha ricordato quelle donne fresche di tintura che mi fanno sperticati complimenti per i miei capelli bianchi. E a me ogni volta viene di pensare: mi stanno prendendo per il culo? Può darsi. O forse ancora una volta ci stiamo solo fraintendendo a vicenda, come sempre.
Spiegarsi è faticoso quanto dipingere e pericoloso nello stesso modo. Scrivere lo è altrettanto. Ma sono tutte la stessa cosa, no? Sono sempre io.
Mi pare che in un’intervista 
Marina Abramović abbia detto: “sono un’artista anche quando vado a fare la spesa”. Io forse non sono un’artista mai, neanche quando dipingo, ma il concetto è quello: non riesco a scindere me stessa da quello che creo, sono tutti pezzi di me che escono fuori e si mostrano. Si espongono al pubblico ludibrio. Creare è come spogliarmi nuda e lasciare che la gente mi spii. Che indugi con lo sguardo su ogni mia caratteristica, che noti tutto ciò che in me si allontana dal loro modello ideale. Che mi ammiri o più soventemente mi derida. Chi vede raramente mi comprende, talvolta commenta e spesso mi ferisce. Per questo considero tutto ciò una pratica quasi autolesionista, un “tentativo disperato e vano”.
Eppure, necessario.
Sicuramente non lo faccio per diletto, ma per bisogno.
Che volete che vi dica? Io al mondo ci so stare solo in questo modo: i miei non sono hobby, ma necessità.
Ho dipinto la mia mamma. Lei non ha mai voluto e credo che fosse perché si è sempre considerata vecchia, dai quarant’anni in poi. E mi rattrista molto pensare che lei, che è sempre stata una donna bellissima, si sia sentita sciupata e sfiorita per metà della vita. Che peccato terribile.
Io la penso come gli antichi ritrattisti romani: i segni del tempo sono belli, sono simboli di esperienza e saggezza. Sono una fortuna. La memoria di come è stata vissuta la propria vita, dei traguardi raggiunti e del tempo trascorso insieme alle persone amate. Come Anna Magnani 
disse a una truccatrice : “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C'ho messo una vita a farmele!
Temevo la reazione della mamma. Mi dispiaceva pensare che vedersi ritratta da me avrebbe potuto darle fastidio. Soprattutto perché la mia "non è una pittura cosmetica” (indugia su ogni aspetto, ricama ogni piega, affonda nello sguardo e cerca di indagare l’anima). Ma avevo tanta voglia di dipingerla da troppo tempo e in fondo sono un’egoista, quindi l’ho fatto.
Sono anche presuntuosa perché cullavo la piccola speranza che vedendo il quadro si sarebbe piaciuta più che guardandosi allo specchio e che magari si sarebbe perfino commossa. Che avrebbe percepito l’amore che ho provato durante la stesura di ogni singola pennellata. Che avrebbe letto la propria bellezza attraverso i miei occhi.
Così non è stato.
Lei, come altre, ha visto solo le rughe. Come se la bellezza di una persona (nota bene, di una donna) fosse legata a questo unico fattore: la giovinezza.
Magari la colpa è mia che non sono stata all’altezza. O forse essere fraintesa è davvero intrinseco nel mio DNA.
Però, due cose voglio ancora provare a chiarirle.
Prima di tutto, l’errore non può essere il non aver alleggerito i contrasti cromatici in modo da mascherare e nascondere. La mia pittura tende al reale e non può essere intesa come una seduta di chirurgia estetica. Una cosa del genere mi ripugnerebbe.
Seconda cosa, non sono una pittrice esistenzialista alla Lucian Freud. Non voglio ritrarre il disfacimento della carne per disperarmi del degrado fisico e dell’insensatezza dello stare a questo mondo. Io sono esattamente il contrario: a me piace parecchio starci e quando dipingo una ruga, un seno cadente o una piega insolita della carne (che appartengano a me o a un altro soggetto), non lo faccio con disprezzo e disgusto, bensì con grande attenzione e cura. Dipingere, ormai ne sono certa, è per me soprattutto un modo d’amare.

lalla

P.S. penso che il quadro sia finito. Dopo la sua prima reazione è stato difficile riuscire a recuperare la serenità necessaria per andare avanti. L'ho lasciato a lungo in attesa. Solo quando mi sono sentita di nuovo tranquilla, l'ho portato fin dove volevo. In un angolino nascosto spero ancora che col tempo riesca ad apprezzarlo (e ad apprezzarsi) di più.

"la mia mamma", olio su masonite, 40x60 cm.