venerdì 25 febbraio 2011

l'arte del racconto

A Natale il mio babbo ci ha regalato una trentina di pagine A4 appena uscite dalla sua stampante e rilegate con semplici clips, una trentina di pagine che narrano, tramite brevi fotogrammi, tutta la sua giovinezza. Ha spiegato che si trattava solo del primo capitolo e che desiderava, col tempo, aggiungerne altri, per completare il racconto della sua vita. Quest'urgenza è verosibilmente nata dalle sue difficili condizioni di salute, ma nel corso degli anni non ha mai perso l'occasione di tramandarci tutto tramite una saggia "tradizione orale".
Ho affrontato con curiosità la lettura, presto riscaldata da fugaci sorrisi o sommersa da profonda commozione.
Leggevo quelle pagine, infarcite di piccoli errori di battitura, e nella mia mente riuscivo quasi a vedere il gesticolare delle sue grandi mani e a sentire il suono della sua voce profonda e colorita.
E mi sono sentita simile a lui, io che non gli somiglio quasi per niente, ma in questo si.

Nessuno dei due è un bravo scrittore, ma va detto: conosciamo l'arte del racconto.
Su questa dote ho fondato tutti i miei rapporti interpersonali.
Il mio lavoro a scuola è solo questo: catturare l'attenzione dei ragazzi raccontando delle storie.
Purtroppo mi rendo conto che non riesco ad essere distaccata, non vorrei, ma ogni volta finisco per raccontare sempre me stessa. E non importa se quella che espongo è la storia di Gauguin o quella di Paolo Uccello... alla fine, è sempre la mia storia.
E nella pittura è lo stesso: in un ritratto vorrei catturare l'anima di chi ho davanti, ma mi ci cascano dentro anche il mio stato d'animo e le sensazioni che provo mentre lo
faccio.
Questo blog è soltanto uno dei tanti modi che ho trovato per sfogare la mia voglia di raccontare e raccontarmi.
E non è tutto, non mi basta mai: la verità è che racconto la mia vita a tutti, ogni giorno.
Al panettiere che vorrebbe pensare solo a calcolare il resto, ai colleghi che vanno di fretta, al fattorino Ups che di me non gliene frega proprio niente... per tutti ho in serbo un commento confidenziale o una battuta.
Racconto per l'esigenza
di condividere, per la soddisfazione di rapire e toccare l'animo altrui... o anche solo per il gusto di strappare un sorriso.
Nell'arte del raccon
to non sono essenziali attentidibilità e precisione.
Per questo esagero, smusso, condisco ed elaboro in modo che ogni insipido fatto diventi un aneddoto gustoso.
Theo dice che non mi chiamerebbe mai a testimoniare ad un processo ed ha ragione, ma non lo faccio con premeditazione, la mia non è "voglia di mentire", ma di affascinare.
Non sono mai stata una bugiarda, sono estremamente sincera nel raccontare ciò che sento, la "mia verità", che non corrisponde sempre e comunque a quella del resto del mondo.
Ed è con questo spirito che sto affrontando anche il fumetto di Emma.
Mi pizzica dentro un'urgenza folle di riuscire a raccontare questa storia ed è quasi una tortura sapere che mi ci vorranno anni...
un'altra cosa che spero di aver ereditato dal mio babbo è la capacità di finire le cose che inizio.

lalla

P.S. Dopo il breve incontro con Modigliani, Emma ha abbandonato molte insicurezze e rigidità, è diventata emancipata e libera. In queste scene partecipa ad un ballo e conosce il signorino Di Stefano, ebreo italo-americano, impacciato ed ingenuo. Grazie alla sua nuova consapevolezza, ad Emma non sfuggono gli occhi buoni e sinceri di lui e per la prima volta si diverte a condurre le danze...