venerdì 7 maggio 2021

perché la Strega è nuda

Perché non mi interessa essere un’artista, e non lo sono.
Invece mi interessa essere vera, e lo sono.
E mi ci mostro pure, così come sono, a tutti, sempre, senza imparare che indossare un vestito di menzogne potrebbe proteggermi (ma mi rovinerebbe), mi ci mostro a costo di farmi distruggere, ogni volta. A costo di risultare repulsiva, ogni volta.
Sono sincera, sono pura, sono empatica, sono una Strega maledetta, così sono e così mi mostro, a tutti.
Le persone come me non sono facili da frequentare, io lo capisco, fanno comodo, ma diventano velocemente scomode. Sono sempre stata la persona giusta a cui chiedere aiuto, ma non quella da invitare alle feste.
E dire che a me festeggiare piace un sacco, ma lo faccio con quell’entusiasmo tutto mio, troppo ingombrante, troppo diretto, troppa me.
Perché non so cosa sia la vergogna. Esibizionista.
Se sono allegra fischietto, se c’è una musica mi metto a ballare, prendo sempre la parola, dico la mia, fastidiosamente sicura e eternamente insicura di me. Mi propongo, mi espongo. Poi me ne pento. Vivo nell’eterna paura di essere invadente (e lo sono), di disturbare (e lo faccio). Sono sempre impegnata nel cercare di fare la cosa giusta, sempre corretta, sempre sincera. Ingombrante. Petulante. Indifesa. Mi aggiro per il mondo fiera della mia diversità, ma appena scopro di risultare troppo sopra le righe e di venire esclusa dai giochi, appena mi sento giudicata, ci rimango ogni volta di merda.
Dovrei imparare a filtrare, a proteggermi, in realtà l’ho sempre fatto, ma non nel senso che mi avrebbero augurato gli altri. Non ho mai cercato di mostrarmi migliore di quello che sono (altrimenti avrei avuto disgusto di me stessa). Non riesco a fingere sentimenti che non provo, non posso trattenere le emozioni che mi pervadono. Viene tutto fuori, allo scoperto. Ho rinunciato a conformarmi, ho preferito rimanere diversa. Ci vuole coraggio. O semplicemente incoscienza.  Scegliendo questa strada sono stati gli altri a erigere per me le barriere che mi avrebbero protetta, a mantenere le distanze. A non invitarmi alle feste. Le Streghe non si invitano alle feste.
Fin dalle elementari sono sempre stata sola con me stessa (e meno male che mi piaccio parecchio, altrimenti sai che supplizio). Gli altri a rincorrersi in cortile e io che passavo la ricreazione seduta a disegnare nel mio banchino. Meglio così, erano tutti molto pericolosi per me, questo l’ho sempre saputo. Gli altri che sapevano mentire, gli altri che sapevano fingere. Loro, ne ero certa, prima o poi avrebbero desiderato bruciare la Strega. In molti ci hanno provato, ma su questa terra siamo tutti diversi (non solo io) e così ho avuto la fortuna di incontrare poche e preziosissime persone speciali, poche e preziosissime persone che adoro.
Mi è capitato anche di innamorarmi, non dell’amore che popola il mondo. Cioè, non di quello “per convenienza”, che pretende qualcosa in cambio, né di quello intenso e fisiologico, ma passeggero (che dura tre mesi e poi se ne va, come è giusto che sia). Insomma, non mi sono innamorata di un amore normale, ma di un amore streghesco. E ho peccato di superbia: ho creduto di aver trovato un’altra persona capace di sentimenti sinceri e eterni come i miei e che oltretutto si fosse innamorata di me. Addirittura pensavo (ma è incredibile, lo pensavo veramente!) che avremmo affrontato tutta la vita insieme, perfino che nei momenti di bisogno ci saremmo aiutati a vicenda e che io non sarei più stata sola. Scema!
Quanto sono stata sciocca ritenendomi in grado di giudicare (annebbiata dagli ormoni prima e dall’affetto poi)? Quanto può essere ingenua una ragazza innamorata? Possibile che le ingiustizie, i disequilibri e le dipendenze che vedevo chiaramente nelle altre unioni non mi avessero messo in guardia? Bastava guardarsi intorno per scoprire che l’appoggio e la sincerità che cercavo non esistono nel 90% delle coppie.
Chi mi ha dato il diritto di ritenere che il nostro rapporto fosse diverso?!
Questo errore è il più comune di tutti: ci si sente tanto speciali e invece le nostre vite alla fine si rivelano così banali. Vent’anni di illusione. E poi, secondo natura, anche lui ha tentato di bruciarmi, Un dolore inimmaginabile (feriscono di più le persone che si amano) e il crollo completo di ogni mia convinzione.
Potevo rimanerci secca, non scherzo.
E invece no, proprio per nulla.
Io dalle fiamme, risorgo. Con calma e santa pazienza, rimettendo ogni tassello al suo posto. Una volta caduto il velo dell’illusione, mi è apparso di nuovo tutto molto chiaramente. Non era la nostra vita a essere banale. Non era banale il mio amore per lui, non era banale il mio sorriso, non era banale il mio entusiasmo, non era banale il modo in cui avevo generato i nostri figli e neanche quello in cui li stavo crescendo (loro che banali non lo sono proprio per niente!). Io non sono una persona banale, sono una Strega e nella vita di banale ho fatto solo una cosa: fidarmi.
Ma ero giovane, innamorata, ci può stare. E meno male che è andata così altrimenti non sarebbero venuti al mondo il mio Re dei Sugolini e la mia Piccola Fata.
Non conosco la furbizia e non sarei mai riuscita a imbastire un rapporto per ottenere qualcosa, non mi sarei mai accompagnata con un uomo per fare dei figli. Il desiderio di procreare era direttamente collegato al mio amore per lui e alla convinzione di essere ricambiata. Questo equivoco, questa mia ingenuità ha il grande merito di avermi regalato la mia famiglia. E quindi posso solo ringraziarmi, non ho rimpianti. Non ho vergogne.
Non mi vergogno di ciò che è stato, della mia vita passata, non la rinnego, ma non desidero neanche riviverla. Non mi vergogno delle mie rughe, né delle mie cicatrici. Non mi vergogno dei miei capelli bianchi. Non mi vergogno delle mie mammelle enormi, fuori misura, morbide e materne (hanno allattato i miei figli). Non mi vergogno dei miei anni e non cerco di nasconderli, mica li ho rubati, sono fiera di averli vissuti.

Il 23 marzo 2021 un’orchidea che avevo in casa da due anni ha rifiorito. Non sono un’esperta coltivatrice, ma adoro le orchidee e sono anni che le trasloco cercando un angolo adatto della casa con giusta illuminazione/umidità/temperatura, una rifioritura non si era mai verificata, questa splendida pianta/farfalla mi ha regalato una gioia immensa. Ho desiderato di dipingerla. Di dipingere il senso di rinascita che accompagna ogni primavera.
E’ la mia quarantacinquesima, ma non mi ci abituerò mai, sono meteoropatica, ogni anno il ritorno della luminosità, dei fiori, del tepore, mi fanno innamorare ancora di più della vita.
Ho fatto delle foto cercando di sovrapporre al mio cuore il gambo reciso e il punto del nuovo germoglio., cercando di trasmettere Bellezza e Armonia, nonostante tutto quello che di imperfetto e vero mi caratterizza e mi rende quella che sono. Ci vuole coraggio. O anche semplicemente incoscienza.
Questo cerco ogni giorno nella mia vita, la Bellezza nella verità.
La pittura, per lo meno la mia, deve essere verità.
Ho rinunciato alle mani (che di solito adoro dipingere), come nelle veneri preistoriche volevo concentrare tutta l’attenzione sui caratteri femminili, diventare una sorta di allegoria di fertilità che ri-nasce dal vaso insieme ai fiori.
Ho decentrato la composizione, avevo bisogno di lasciare uno spazio indefinito e luminoso e di condurre il mio sguardo oltre il quadro, verso l’ignoto, verso la rinascita.
Quindi ho iniziato a dipingere ed ero tanto emozionata, timorosa di mostrarmi per come sono (per come sono diventata negli anni), ma convinta di volerlo fare, a costo di farmi distruggere.
Quando finalmente la pittura si è incamminata nella direzione che volevo, quando mi è sembrato di averla domata, quando mi sono guardata nei pigmenti e mi sono riconosciuta, mi sono sentita potente e ho voluto scattare questa foto.

Avevo voglia di far dialogare le due lalla, quella in carne ed ossa e quella dipinta, di sentirle altrettanto vere e fiere, di mostrare l’amore che le lega (l’amore materno che mi lega a ogni mio quadro e l’amore e la comprensione che provo verso me stessa). E avevo voglia di giocare con la mia immagine di Strega, dal naso dritto e tagliente come quello di una scultura etrusca, dai capelli lunghi e avvolgenti come lacci.
L’ho pubblicata su Facebook, ha fatto scalpore.  Molte persone hanno capito e le ringrazio di cuore.
Un tipo mi ha attaccato dicendo che i seni piccoli sono più eleganti, che mostrando i miei grandi seni nudi veicolavo alle giovani ragazze il messaggio che un seno piccolo è brutto e che addirittura le istigavo a farsi delle protesi… follia.
Delirio a parte, tra tutte le cose che volevo trasmettere, una bella quantità di maschietti ha visto solo il richiamo erotico della poppa e sono fiorite richieste di chat private, inviti, complimenti più o meno velati tipo “collega, fai sangue” (collega di chi? Fo sangue da dove?) o addirittura “le aureole scure mi fanno impazzire” (buon per te)… avrei dovuto sentirmi lusingata? Scusate, posso comprendere, ma a me questo tipo di approcci da solo fastidio. Invitatemi quando leggete un mio scritto, è meglio. Anzi, invitatemi se mi incontrate nella vita reale, se ne avete il coraggio, non ce l’avete mai avuto, non mi avete mai invitato. Ad uno meno volgare ho pure risposto: “ti piaccio perché sono virtuale, fidati che dal vero non ti piacerei”. In ogni caso, poco male, ma chi li conosce?
Mi ha messo più in crisi la reazione della mia mamma, anche se lei non ha detto nulla di male, ma non le è piaciuto proprio che dipingessi il mio corpo nudo, imperfetto e vero, l’ha definito “porno”. Non l'ha fatto con cattiveria e non voleva offendermi, ma io non sapevo neanche cosa risponderle, io che spiego in classe l’erotismo di Klimt e Schiele, la sessualità perversa di Bellmer, il voyeurismo pedofilo di Balthus, il martirio del corpo della Abramovic, devo aver farfugliato qualcosa sull’accettazione di sé, sul cercare la Bellezza oltre gli stereotipi… ma farfugliavo proprio male, eh.
La conosco bene, ha ideali di perfezione molto radicati, non avrei dovuto prendermela, anzi, per non metterla in imbarazzo non avrei dovuto mostrarle la foto (e il quadro).
Ma è incredibile, basta che da parte sua arrivi un leggero dissenso, per frantumarmi tutta l’autostima.
Devo far tesoro di queste sensazioni e stare molto attenta con i miei figli, noi mamme manco ce ne rendiamo conto di avere in mano un potere così devastante (feriscono di più le persone che si amano, anche quando non vogliono farlo). Mi sono incupita per quasi un giorno, poi ho ripreso a dipingere e mi è passata.
Ho anche bloccato un po’ di profili Facebook (tanto per tirarmi su!) e sono tornata a divertirmi.
Infondo che cambia?
Una Strega può essere giovane o vecchia, bella o brutta, non fa differenza, resta comunque una Strega e come tale farà sempre paura.
 

lalla
"un'altra Primavera", olio su masonite 60x80 cm.

martedì 4 maggio 2021

la Bellezza mi salva dalla distopia

E’ più di un anno che siamo impantanati in una pandemia mondiale. 
Roba da film di fantascienza di quella pesa, dove nella descrizione leggi “ambientato in un futuro distopico” e tu non sai bene cosa significhi “distopico” finché non lo vedi e allora capisci: significa “di merda”. 
Eppure gli sventurati protagonisti in qualche modo ci vivono nella distopia (pure se puzza) e gli succedono delle cose, tipo che sopravvivono (o anche no), lavorano (o anche no), si ribellano (o anche no), si innamorano (o anche no) e robe così. 
La sopravvivenza mia e dei miei cari per adesso è OK e non so dirvi quanto mi senta grata per questo. Ma la strage giornaliera è insopportabile. Se ne sta andando una fetta enorme di popolazione e il fatto che siano quasi tutte persone di una certa età è ancora più grave in Italia che in altre nazioni. Da noi gli anziani fanno parte della famiglia, siedono al tavolo per il pranzo domenicale, raccontano aneddoti ai nipoti, tramandano il lessico famigliare, custodiscono la memoria. Alla fine di questo massacro avremo perso una parte importante e bella del nostro paese, solo allora ci renderemo conto di essere un po’ meno italiani di prima e tutto sarà ancora più triste. 
Parlando del lavoro, vista la situazione sono fortunata ad averne ancora uno e sono fiera di averlo portato avanti con dignità, in un anno non ho perso un’ora di lezione e i miei studenti non sono rimasti indietro in niente nella mia materia, tantomeno nell’entusiasmo (che è la cosa più importante). Ma quanto mi è costato, quanto mi/ci costa, sembrano passati due, tre anni, non uno. Siamo inevitabilmente tutti molto stanchi e chi ha parlato di allungare l’anno scolastico per “recuperare” le ore perse, è un folle. 
Durante il primo lock-down la gestione della scuola è stata durissima e totalizzante, in più mi sono fatta un mesetto di polmonite e nonostante questo ho continuato a insegnare come nulla fosse, a pre-registrare lezioni nelle ore più impensate e caricarle su You-tube, sempre disponibile a rispondere alle domande, collegata con studenti e colleghi h24 su tre diversi canali virtuali (Argo, Teams, Whatsap). Contemporaneamente, la gestione del mio ragazzino (che intanto cambiava voce e diventava un ragazzone) e della mia bambina (a cui insegnavo a leggere, scrivere e far di conto). Tempo per la pittura: zero. Sul finale ero abbastanza stremata, ma ce l’ho fatta, sono un essere altamente adattabile. Aiutava pensare al “prima” che era ancora molto vicino, il “durante” sembrava faticoso e orribile, ma passeggero.
Il lock-down ha funzionato, ma lo Stato non ne ha approfittato per fare un cavolo di nulla (tipo restaurare qualche scuola che cade a pezzi o aumentare i mezzi pubblici, per dire). Esame di maturità e poi finalmente è arrivata l’estate che abbiamo passato al mare con la mia mamma e isolati dal resto del mondo. Da lontano guardavo afflitta e disgustata le immagini di folle in discoteca e ammucchiate negli apericena, consapevole che in autunno saremo tornati nella merda distopica. Tutti a dire “che brutto anno scolastico è stato il 2019/20” e io che non mi capacitavo, non capivano che il prossimo sarebbe stato peggiore?
Da settembre ci hanno ributtato in classe, 20-25 studenti senza mascherina, distanza legale di 1m tra le rime boccali (il ché significa che bastava che si chinassero a prendere entrambi un libro nello zaino per baciarsi in bocca). Scientificamente parlando, incredibile.
E mentre la pandemia riprendeva (ovviamente) vigore, abbiamo sperimentato in presenza tutte le percentuali possibili, il 75%, il 100%, il 25% lo 0% (prima di Natale), poi il 50%, di nuovo lo 0%... ogni volta colleghi eroici hanno dovuto reinventare un orario nuovo per l’intero istituto in meno di 48h. Devo confessare che quando due settimane fa dal ministero hanno tirato fuori il 60% e infine il 70% avrei voluto indire una marcia di studenti e insegnanti (tutti ben distanziati) per chiedere una percentuale a caso tipo il 58% o meglio il 69 (che almeno fa goliardia), per una volta sarebbe stato giusto prendere un po’ per il culo questi imbecilli che ci governano, dato che quest’anno si son divertiti così tanto a farlo loro. Possibile che nessuno sappia che per garantire una didattica efficace e un apprendimento sereno degli studenti, la prima cosa che serve è un minimo di chiarezza e stabilità? Vabbè.
Comunque, nonostante il delirio delle percentuali, nonostante il mio ruolo di insegnante completamente denaturato (non posso più girare tra i banchi e nessuno può vedermi sorridere), nonostante le privazioni, nonostante i molteplici tamponi eseguiti (soprattutto sulla Matilde), nonostante le varie quarantene, nonostante le notizie funeste dei media, nonostante tutto quello che viene detto contraddetto ogni giorno sui vaccini, nonostante i 200 morti giornalieri, nonostante tutto, va ammesso, molto tristemente, che questa precarietà è diventata una sorta di normalità. Una normalità distopica.
Una normalità fatta di volti coperti e mani igienizzate, una normalità fatta di distacchi e solitudini profonde. Il “prima” ormai sembra lontanissimo e forse, irrecuperabile.
In autunno ho capito che non potevo permettermi il lusso di aspettare il suo ritorno, ho capito che l’attesa mi/ci avrebbe distrutto. Dovevamo accettare di essere diventati i protagonisti di questo maledetto film di fantascienza. Sono, appunto, un essere altamente adattabile, ho smesso di pensare al “prima” e mi sono costruita un “durante” accettabile.
I miei studenti rischiavano di lasciarsi andare e non avrebbero potuto vedermi sorridere? Li avrei sorpresi continuamente, avrei fatto sorridere loro! Le mie lezioni sono diventate ancora più informali, degli show di intrattenimento. Loro mi hanno ripagato continuando a impegnarsi e imparare.
I miei figli avrebbero dovuto rinunciare alla vita sociale? Li avrei coccolati, intrattenuti e scossi il più possibile! Siamo scappati sull’argine dell’Arno a fare un pic-nic cinese a ottobre (quando ancora si poteva), abbiamo comprato il gelato a dicembre, quasi ogni domenica abbiamo imbastito serate cinema con pizza sul divano, abbiamo giocato insieme, solo 4 volte siamo potuti tornare dalla mia famiglia in campagna (distanziati e mascherinati). Per fortuna Elia ha ripreso a cantare nel gruppo rock (sta prendendo le misure con i suoi nuovi bassi) e Matilde si è pian piano inserita in seconda elementare. Loro mi ripagano sempre e comunque, solo perché esistono.
Nel “prima” i week-end senza figli mi concedevo di andare a ballare, uscire con le amiche o fare un viaggetto, adesso avrei dovuto passare giornate intere chiusa in casa da sola? Mi sono concessa qualche passeggiata con la mia migliore amica e di riempire le ore con quello che più amo fare, soprattutto, dipingere! Il tempo non è mai abbastanza, non ci penso proprio a sprecarlo rimpiangendo la movida.
Ho scritto poco, ma è solo perché ho dipinto molto e per me sono la stessa cosa, dipingere e scrivere. Sono sempre io che cerco una via per uscire fuori, è solo la strada che cambia.
Da mesi l’immersione in questa maleodorante distesa di feci, in questo clima di orrore e insicurezza costante, mi fa desiderare di creare immagini che alludano alla Bellezza. Mi manca tanto la Bellezza, quella dei musei, dei viaggi, delle scoperte, dei sorrisi, della gioia sregolata (senza regole), della spensieratezza.
La Bellezza, qualcuno ha detto, ci salverà.
Io non so se questo sia vero, forse non lo è per tutti, per me credo proprio che sia così.

lalla

P.S. La mia splendida Piccola Fata ha posato per questo dittico. Dipingerla mi ha regalato un sollievo indescrivibile. Indescrivibile, nonostante io lo conosca molto bene. Lo provo ogni giorno da quando è arrivata su questa terra, da quando la osservo muoversi, meravigliosa, davanti ai miei occhi.
Questa bambina pochi giorni fa ha compiuto 7 anni.
Lei è la Bellezza e mi ha già salvato.