mercoledì 19 dicembre 2018

le classi dell'amore

Mancano pochi giorni a Natale.
Vorrei raccontarvi di alcune classi speciali.
Voi non siete insegnanti, per lo meno, la quasi totalità di voi non lo è, quindi non potete saperlo. Che le classi non sono tutte uguali, che ne esistono di speciali.
E' una cosa rara, insegno da 14 anni, ne ho incontrate poche, le conto sulle dita di una mano: la prima, molti anni fa, al Liceo Scientifico di Sesto Fiorentino, un'altra nello Scientifico di Campi, una alla scuola media di Pratolino... può darsi che ne abbia anche adesso, ma eviterò di sbilanciarmi a riguardo perché quelli dell'Internazionale sono svegli e magari vengono a leggermi.
Parlo di quelle classi che, quando guardi l'orario e sai che stai per entrarci, fai un sorriso perché hai proprio voglia di vedere i tuoi studenti. Sai che con loro starai bene pure se ammollerai dei 3 e ti toccherà fare degli urlacci. Starci volentieri non dipende dal fatto che tra gli studenti ci siano delle eccellenze o che siano tutti bravi, ubbidienti, studiosi o calmi. Non è questo. E non è manco questione di far squallidi favoritismi, non sono io a percepire una classe speciale, è la classe ad esserlo. E' un'alchimia un po' indecifrabile che hanno, presi tutti insieme. Nemmeno loro sanno come succede, quale sia la chiave, però anche loro la sentono, sanno di averla. E ogni tanto se ne approfittano, o almeno ci provano, perché no? Infondo sono adolescenti, uno dei loro compiti è scoprire fino a dove possono spingersi, mettere alla prova se stessi e l'adulto. Il compito dell'insegnante invece è cercare di non rompere l'idillio, facendoli rimanere nei ranghi, non è facilissimo (chi sa di avere fascino proverà sempre ad usarlo per ottenere un trattamento di favore).
Tra me è me, le chiamo "le classi dell'amore".
Ora, lasciamo perdere le battutine cretine, già mi tocca subirne da parte dei colleghi se nei Consigli di Classe mi esprimo in favore dei ragazzi con troppo trasporto (nessuno stupore a riguardo, di simpatici burloni è pieno il mondo, figuriamoci il Collegio Docenti!)
Parlo di Amore nel senso di empatia, nel senso di accettazione, nel senso di coesistenza, nel senso di rispetto. Come vi ho detto, non è mai stata una sensazione mia, soggettiva, bensì oggettiva e anche i colleghi simpaticoni sopracitati, alla fine hanno sempre concordano con me.
In ciascuna di queste classi c'erano il secchione (e/o la secchiona), l'antipatico un po' polemico (e/o l'antipatica un po' polemica), il timido (e/o la timida), lo sbuccione (quasi sempre maschio a dire il vero!), il narciso (maschio pure quello), la gatta morta (femmina) e il maschietto con l'ormone a 1000... va bene, c'erano tutti gli stereotipi e tutte le stranezze eppure ognuno accettava l'altro, io li accettavo tutti e tutti accettavano l'insegnante. Accettavano me, che gli ammollavo i 3 come caramelle, ma anche i 10 a dire il vero, purché se li meritassero (sia i 3 che i 10).
Fare questo lavoro bene è difficile, farlo bene insegnando la mia materia (anzi, le mie due materie) e avendo solo 2h a settimana è ai limiti della fantascienza, con l'orario completo sarebbero 9 classi da preparare e valutare ogni settimana (umanamente impossibile), alla fine (per una questione di sopravvivenza) gli insegnanti mollano (e gli studenti pure).
Tanti colleghi mi prendono un po' in giro perché ancora non mi arrendo e ce la metto tutta (anche con le classi respingenti, soprattutto con quelle): "sei troppo fogata", "ma chi te lo fa fare di correggere tutte le tavole ogni settimana?!", "fai troppo, è tempo sprecato".
Tempo sprecato?

E invece.
Succede che la dolcissima Giulia, con cui ho passato meno di un anno, mi ricontatti per anni e infine mi scriva il giorno della sua laurea in Architettura ringraziandomi e dicendomi che aver conquistato quel traguardo era anche merito mio. E io sono davvero commossa e felice per lei.
Succede che Sara, piena di talento e speciale (ma con poca voglia di studiare) era sempre passata inosservata dai colleghi finché non sono arrivata io e sono riuscita a vederla, succede che la abbandoni dopo 3 anni per vincere un concorso incinta di Matilde e che lei mi scriva nell'estate del 2016 (in un periodo proprio di merda per me), mi mandi la foto del suo 27/30 all'esame di St.Arte, dicendomi che lo dedica a me e che le dispiace di non aver saputo fare di meglio "ma lo sa che la teoria non è mai stata il mio forte" e io le risponda che all'Università avevo preso lo stesso voto al primo esame di St.Arte e che non sarei potuta essere più fiera di lei!
Succede, due anni fa, che Alice e Francesca abbiano bisogno di qualche consiglio per passare il test di ammissione a Disegno Industriale e pensino a me, quindi facciamo due incontri, le seguo un po' online e loro, bravissime: passano entrambe il test!
Succede l'anno scorso che Erika, tenera e coraggiosa allo stesso tempo, appassionata di uno sport poco conosciuto in Italia, mi scriva: "Salve Prof, sono anni che non ci sentiamo, ma ho sempre continuato a seguirla e oggi, quando mia mamma mi ha chiesto che cosa volessi fare da grande, perché volessi inseguire il mio sogno e che tipo di persona volessi diventare, io, volevo dirglielo, ho pensato che mi piacerebbe diventare come lei" e io mi senta onorata, mi commuova di nuovo come una bambina. E poi mi senta in colpa anche, abbia paura, anzi sia terrorizzata della responsabilità che porto.


Ne parlo con alcune professoresse, il confine tra giusto o sbagliato è labile: ho il terrore di influenzarli troppo, di andare oltre il mio compito. Tutti gli insegnanti si fanno queste domande? Ma perché succede? Da sempre, in classe impongo un regime poliziesco per il rispetto delle regole, ammollo 2 a chi non consegna le tavole dopo due settimane, applico note disciplinari se becco qualcuno a copiare, decurtazioni di voti a chi è in ritardo, li faccio lavorare il doppio di qualsiasi altra prof. della mia materia che abbia mai conosciuto. Perché non mi hanno mai bucato le gomme allora?
Ecco però, va detto, io provo a essere giusta, io li guardo, li ascolto, li rispetto, questo sì.
Si affezionano a me perché io mi affeziono a loro.
Perciò sono troppo empatica? questo è il problema!
E sono un'attrice, in classe mi piace fare teatro, gesticolo, mi agito, li faccio ridere, li stupisco. Ho una voce stridula e potentissima che tiene svegli (probabilmente imparano la St.Arte anche nell'edifico accanto). Negli anni tanti colleghi e colleghe, sentendomi spiegare dal corridoio, mi hanno detto che sono bravissima, che si sente la passione, che affascino le classi. I bravi insegnanti sono questo? Persone carismatiche che ammaliano branchi di studenti ignari? Un'altra cosa: io sono affascinante? Con questa voce da gallina?
Se è così, io però sono un'adulta e vorrei sfuggire alla regola "chi sa di avere fascino proverà sempre ad usarlo per ottenere un trattamento di favore".
E qui sta il vero problema: essere sempre stata secchiona è una lama a doppio taglio. Mi impegno al massimo perché sono continuamente sottoposta all'ansia da prestazione, quindi cerco l'approvazione degli altri, è l'unica cosa che possa allentare questa pressione e, c'è poco da fare, quando arriva, mi fa stare bene. E' un sollievo. 
Il mio peccato, lo so, in ogni rapporto della mia vita, è quello di avvertire un disperato bisogno di approvazione. La maledizione di desiderare di sentirsi dire continuamente "brava".
Non è un peccato da poco. E' un peccato grave. Non dovrei cercare gratificazione nel mio rapporto con gli studenti, è sbagliato.
Ricapitoliamo: mantenere un clima accogliente (sennò si sentono respinti) e frizzante (sennò si addormentano), creando un contatto umano (sennò diventano anaffettivi), imponendo regole ferree (sennò si rammolliscono), spiegando appassionatamente (sennò di annoiano), facendoli lavorare come muli (sennò si adagiano), mettendocela tutta (o non ce la farai mai) ma in tutto questo niente, nessuna gratificazione e affezionarsi zero, pure se ci passi due ore a settimana per cinque anni e per cinque anni li vedi piangere, ridere, esultare, arrabbiarsi, litigare, far pace, superare i propri limiti, te cuore zero... ma come si fa? Qualcuno ci riesce? Qualcuno sa farlo davvero? L'equilibrio perfetto è impossibile, solo i funamboli possono trovarlo, io non lo sono!
Ne parlo con un'amica psicologa, le spiego il mio punto di vista: che voglio insegnare il più possibile ai miei studenti, ma temo di influenzarli troppo, ho il terrore di plagiarli. E lei mi risponde una roba molto da psicologa, ma stupenda (perché è mia amica) e molto rassicurante: "lalla, ma te mica li conduci nella droga o li spingi a lasciarsi andare! Tu li esorti a scegliere la propria strada con coraggio, a impegnarsi per realizzare i propri sogni, a migliorarsi, a dare il massimo. Tu li fai sentire visti forse per la prima volta... stai tranquilla, non è un male e non preoccuparti: chi viene affascinato dalla persona che sei, lo fa perché è sulla tua stessa lunghezza d'onda, lo fa perché già ti assomiglia, mentalmente e empaticamente siete vicini. Non li conduci mai dove vuoi tu, ma dove sentono di voler andare".
E speriamo sia vero, via...
Per fortuna ci sono gli altri, non sono sola, siamo 9 insegnanti nel Consiglio di Classe, i ragazzi hanno a disposizione un ventaglio completo (come quello che gli proporrà poi la vita): il buono, il distaccato, l'empatico, il severo... ci compensiamo a vicenda, la responsabilità non ricade solo su di me. Meno male.


Insomma.

Succede che tanti altri studenti (Greta, Federico, Elena, Francesca, Giulia... scusate, adesso non posso elencarvi tutti, ma sapete che sto parlando di voi) ogni tanto mi abbiano contattato per raccontarmi quello che fanno, mi abbiano chiesto un consiglio, un piccolo aiuto oppure mi abbiano fatto un saluto (per farmi sapere che pensano ancora a me e per scoprire se io ho ancora voglia di ascoltarli). Quando succede, mi fa tanto piacere sentirli, li vedo inseguire i propri sogni (la fotografia, un blog sulla moda, lo sport...), li vedo laurearsi (in medicina, architettura...) li vedo innamorarsi, li vedo diventare genitori, li vedo in viaggio, hanno tanta strada davanti e tanta voglia di fare!

E poi.
Succede che pochi giorni fa in una classe siano tutti ansiosi e si lamentino per il troppo carico di studio e un compito che li aspetta. Io gli dico che li capisco, so che è dura, ma le verifiche vanno fatte: servono soprattutto a loro, per crescere, per capire se stanno studiando e apprendendo nel modo giusto e quando le valutano i professori devono cercare di essere giusti, non buoni... poi faccio una battuta sugli accidenti che sicuramente mi tirano ogni volta che sono a disegnare oppure quando esco di classe dopo avergli restituito le tavole valutate! E una studentessa mi risponde subito: "Ma figuriamoci Prof! Lei è diversa: ci da solo dei voti, lei non ci giudica". E questa, detta così, con leggerezza, è una delle cose più belle che mi siano mai state dette, ma spero che i ragazzi si stiano sbagliando e che valga anche per tutti gli altri prof.

Infine.
Succede che ieri sera mi scriva Niccolò, dopo tanto, tantissimo tempo. Niccolò era uno studente che studiava poco e che sembrava farsi scorrere tutto sulle spalle, che sembrava vivere solo di leggerezza e in superficie. Sembrava agli altri così, non a me. A me piaceva un sacco e sono certa che molto del clima delizioso che si respirava in classe fosse merito suo. Niccolò mi scrive per farmi gli auguri di Natale, per complimentarsi delle mie pitture, per dirmi che non avrebbe mai potuto desiderare un'insegnante di St.Arte migliore di me e che non mi dimenticherà mai.
Nemmeno io lo farò, ma non lo so, non credo di meritare tanta riconoscenza solo per aver tentato di fare bene il mio mestiere. Anche volendo mettere per un attimo da parte la questione affascino/non affascino, io ce la metto tutta, è vero, ma faccio tanti errori, ho tanti limiti. Fatico a imparare i loro nomi, faccio confusione con le date, con le nozioni. Delle volte sono stanca e non gestisco la lezione con l'energia giusta, spesso e volentieri sono di fretta. Qualche volta mi ammalo (sentendomi in colpa). Io col cavolo che "faccio troppo" come alcuni mi dicono! Nessuno di noi insegnanti fa troppo, non sarà mai troppo, né abbastanza, quello che facciamo per gli studenti.


Però. 

È Natale cavolo!
Allora solo per una volta voglio pensare che sia tutto vero: che l'incontro con queste classi speciali (e con tantissimi altri studenti singoli) sia stata una fortuna per loro e non solo per me, che sia riuscita a fargli del bene (e meno danni possibili). Per una volta me ne sto zitta, smetto di pensare che di certo ho sbagliato e sto sbagliando un sacco di cose e me li prendo questi auguri, mi prendo tutta questa gratitudine, questi pensieri, questi ricordi, queste speranze, me li prendo e me li tengo stretti, non c'è regalo più grande!
Ragazzi miei, questo post è per voi. Spero di essere stata davvero una brava insegnante, io c'ho provato (e continuerò a provarci). Quello che in questi anni voi mi avete dato, ciò che voi avete insegnato a me, è molto più di quello che io ho fatto per voi.
Grazie.
Grazie per avermi ascoltata anche se avreste voluto starvene da tutt'altra parte invece che a scuola, grazie per esservi spaccati la schiena sulle tavole, grazie per esservi fatti venire la tendinite a forza di scrivere appunti,
grazie per aver creduto in voi stessi e un po' anche in me, grazie per aver reso le ore passate insieme così liete e di non averle dimenticate.
Trascorrete uno splendido Natale accanto alle persone che amate (senza studiare o lavorare, mi raccomando, lo sapete come la penso: sgobbate come muli tutti i giorni, ma in vacanza fate vacanza) e poi ripartite, andate avanti così e conquistate il mondo!


lalla

P.S. A onor del vero, anche.
Succede che la settimana scorsa, parlando del suo futuro con uno studente appassionato di Storia dell'Arte, questo mi dica che vorrebbe continuare a studiarla, ma non certo "finire" a fare l'insegnante di liceo: "non so proprio lei come faccia, con un sacco di gente che non gliene frega nulla" e "comunque non ci penso proprio a cosa farò da grande, anzi, spero di morire prima dei 40 anni, non ne vale proprio la pena di vivere oltre". Perciò insomma, al di là della drammatica teatralità, in due frasi prima mi ha dato della fallita e poi della vecchia decrepita che non merita di vivere.
Non me la sono presa (lui è uno di quelli che mi ascolta), poi vabbè, in classe è una Diva e si esprime sempre in quel modo un po' bischero di chi vuol fare il grosso, il superiore, il distaccato... sarà vero, a me non sembra.
C'è di peggio: ci sono i furbini, quelli smaliziati, quelli che non gliene frega nulla davvero, che sotto sotto ti guardano strafottenti e ti sfidano, quelli capaci di trascinare in basso una classe intera... con loro insisterò fino a perderci il sonno, non li mollo porca miseria. Non è detto che alla fine non riesca a trovare una chiave, non è detto che non cambino rotta, che non si rendano conto che io non mi arrendo e che sono lì per loro. Se riuscissi ad arrivare a uno soltanto di questi leader in negativo, so che potrei guadagnarmi un'altra "classe dell'amore".

P.P.S.S. Ecco, ragazzini dell'Internazionale, magari avete letto questo post e io, cretina, vi ho suggerito un'idea malsana... non vi provate a bucarmi le ruote della bici!!! Ho una rete di spionaggio infallibile e vi beccherei di sicuro.

4 anni fa, con frangetta (e banana di pezza proiettata in testa) mentre spiego "il Perseo" di Benvenuto Cellini.
il mio regalo di gennaio per tutte le classi: un mese di Disegno Ornato.
In questa foto due ragazze di prima: riporto della figura in scala e chiaroscuro in un'unica direzione.

E subito dopo essersi rilassati col chiaroscuso... l'argomento più odiato di tutto il quinquennio:
le Proiezioni Ortoganili della retta generica!