giovedì 21 aprile 2011

menti piccole, grandi e pure

In questo periodo sto cercando di mettere insieme qualche tavola che possa dirsi, approssimativamente, finita. Il mio povero cervellino arrugginito deve destreggiarsi tra le limature della sceneggiatura, la ricerca della documentazione, la nascita delle varie inquadrature, la creazione grafica, i dettagli dei dialoghi... è un lavoro immenso. Qualche volta mi immagino come il regista Peter Jackson a cui fosse stata affidata l'invenzione, la produzione e la realizzazione insieme del super-kolossal cinematografico "Il Signore degli anelli". Invece sono solo io, che sto tentando di tirar fuori una storiella che mi girava per la testa, e poco più.
La fatica psicologica che mi richiede gestire il macroscopico e il microscopico insieme è un'ennesima prova di quanto sia limitata la mia mente. Sono sempre stata una persona intelligente, ma creativa no, non direi. Forse lo ero da bambina, fin quando mi sono rifiutata di avere amici e di imparare a leggere, fin quando son rimasta chiusa nel mio mondo, nella mia stanza da sola o nel mio banco delle elementari a disegnare (per 5 anni ho saltato volontariamente la ricreazione). L'unico luogo dove mi sentissi serena e libera era quello generato dalla mia testa e dalla mia mano destra, mi inebriavo del senso di potenza che sentivo ogni volta che appoggiavo il lapis sul foglio bianco, e creavo, neanche fossi stata Dio.
La mia diversità mi permetteva di ardere come un fuoco, ma mi condannava ad essere sola, e triste.
Col tempo ho preferito essere felice, mi sono adeguata, e mi sono spenta.
Con estrema meticolosità ho inscatolato i pensieri, ho regolarizzato i collegamenti, ho normalizzato i sogni e le aspettative.
Ho imparato ad apprezzare il mondo reale, viziato da regole, doveri e schemi e ho soffocato quello puro e spontaneo della mia immaginazione.
Nessuno potrà mai togliermi "il saper disegnare", ma a che serve ormai? Non potrò mai più essere creativa, non come lo ero da bambina, sono troppo secchiona.
Picasso diceva "quando ero adolescente disegnavo già con la tecnica e la perizia di Michelangelo, ho passato l'intera vita cercando di tornare a disegnare con la purezza e la spontaneità di un bambino di 6 anni".
E' incredibilmente vero: la mente del mio piccolo Re, che ha cinque anni e mezzo, è così sconfinata da palesarmi ogni volta l'ordinarietà della mia.
Quando lo aspettavamo, eravamo molto curiosi di scoprire se avrebbe avuto i capelli ricci come Theo o lisci come me, ma che venisse fuori un disegnatore sembrava scontato, viste le nostre attitudini allo scarabocchio. I figli sono sempre una sorpresa, innanzi tutto il calcio tanto amato da Theo e il disegno venerato da entrambi, sembrano, per adesso, lasciarlo del tutto indifferenti.
Ma la cosa più sconcertante è la sua mente.
Elia non è mai banale, ordinario, scontato.
Ha imparato a tre anni e mezzo a leggere, da solo (figuriamoci se gli insegnavo io, che con la mia dislessia ho imparato a 10!), all'ingresso nella materna ha avuto problemi a socializzare con i suoi coetanei (che per adesso non sono suoi simili), ad oggi segue alla prefezione le itruzioni di montaggio di un Lego adatto ad un dodicenne e poi può combinarlo per generare invezioni argute, progetta nuovi personaggi, me li disegna e insieme li realizziamo. Ricorda tutto perfettamente a memoria (libri, canzoni, parole, immagini, situazioni), conosce tutto e vede tutto. Non so come spiegare, vede con occhi diversi da noi adulti e anche dagli altri bambini. Vede scritte, disegni o forme geometriche nella natura, paragona suoni, crea giochi visivi o di parole.
Un aneddoto: l'atro giorno, per farlo divertire, ho acquistato delle decorazioni pasquali in gel per la porta a vetri di casa. I soggetti sono due grandi cestini pieni di uova, un coniglietto un fiocco e dei ciuffetti d'erba. Io tenevo il foglio di plastica con le gelatine e con il disegno da copiare e lo dirigevo per creare due cestini simmetrici sulle due ante della porta, lui staccava e attaccava diligentemente accompagnando l'operazione con dei "bleah" ogni volta che toccava la strana consistenza del gel (tanto maniacale è la mia mente, che quando si distraeva, senza farmi vedere, staccavo e risistemavo i pezzetti che talvolta attaccava leggeremente storti).
Una volta finito il lavoro avanzavano due uccellini, Elia li mette uno di fronte all'altro come per baciarsi e anche noi ci coccoliamo, poi dice "guarda mamma, i due uccellini messi così sembrano due baffi" e vedo che fa per staccare parti dei decori, perfetti e simmetrici, appena conclusi. Inizialmente tento di fermarlo "non toccare quelli finiti Elia, sono perfetti...", poi ci ripenso, "e che cavolo!", reprimo questo impulso malsano e secchionesco e mi metto da parte, mi levo fisicamente di mezzo, come una mamma è giusto che faccia "va bene amore, divertiti pure, io vado in cucina a preparare la cena".
Ad un certo punto, mentre rigiro il sugo, mi chiama trionfante, allora vado a vedere e rimango congelata, col mestolo in mano, ad ammirare la vastità della sua mente.
Il piccolo Re dei Sugolini ha smontato e rimontato tutte le gelatine creando un grande volto umano, gli uccellini sono baffi, un cestino capovolto è il cappello, le uova delimitano il contorno del viso, l'erbetta è la barba, i conigli le orecchie... sembra un dipinto di Arcimboldo, ma la meraviglia sta proprio qui: Elia non conosce Arcimboldo, la sua non è citazione, ma creazione.
Non so cosa farà Elia della sua vita, non so se diventerà un geniale ingegnere, un meticoloso insegnante o un semplice cartolaio. Non so se rimarrà per sempre differente dagli altri o sceglierà di adeguarsi e vivere tranquillo, non importa, qualunque scelta farà voglio avere la forza di lasciargliela fare da solo.
Se continuerò ad essere fortunata potrò stare a guardare, in disparte.
Ed è davvero molto, perchè anche adesso, quando guardo il Re dei sugolini, penso di aver fatto tutto giusto: io e Theo insieme siamo straordinari, perchè io e Theo insieme siamo Elia.
E se Elia è il futuro, il futuro mi piace.

lalla