lunedì 24 maggio 2010

"a bachino", un po' etrusca

Pochi minuti dopo il mio ricovero a Careggi per indurre il parto del piccolo Re dei Sugolini, si dispose ai piedi del letto un Dottore/professore, circondato da un capannello di Dottori/studenti, e chiese (parlando lentamente e scandendo le sillabe): "si-gno-ra, se le par-lo, lei mi ca-pi-sce?", ci mancava solo che tentasse una comunicazione a gesti.
Io gli feci una risata in faccia (che minò per sempre il suo prestigio di fronte ai Dottori/studenti) e risposi: "dipende, se mi dice cose troppo difficili, no".
Va detto, a parziale discolpa del Dottore/Professore, che il 26 luglio ero abbronzatissima e inoltre, nella mia stanza, almeno altre due mamme erano extracomunitarie.
Però io no, io sono di Firenze e mi diverte molto che, con cadenza almeno trimestrale, le mie origini vengano attribuite a fantastiche località esotiche.
Di solito la scelta cade in America del sud (Venezuelana? magari!) o nel martoriato Medio Oriente (Israeliana? Iraniana? Araba?), o in Grecia, perchè no? Ma in Italia mai, proprio mai.
Agli studenti, che spesso mi guardano increduli e delusi quando confesso le mie sciape origini italiane, condisco la monotona realtà ribattendo che: "no, non sono Greca, ma Etrusca!".

E se cercate di ricordarvi i nasi dritti e taglienti e le fronti ampie delle donne semidistese nei sarcovagi etruschi, non potrete negare una mia diretta discendenza.
Mi fa piacere pensarmi un po' etrusca, spero di aver ereditato qualcosa da questo grande popolo, così amante della vita e così rispettoso della figura femminile.
Gli Etruschi sono stati i primi a considerare un valore l'amore tra uomo e donna.
Ebbene, il famoso "sarcofago degli Sposi" di Cerveteri, dove marito e moglie erano ritratti insieme, banchettanti, sereni, adagiati l'uno accanto all'altro, fu realizzato in terracotta.
Ed è sempre la terracotta il materiale di molte altre sculture di straordinaria bellezza giunte fino a noi, come "l'Apollo che cammina", acroterio del tempio etrusco di Veio.

La tecnica che usavano ha molti nomi: "a bachino", "a colombino" o "a lucignolo". Consiste nel creare la figura tridimensionale cava, partendo dalla base e aggiungendo via via dei bachini di argilla e procedendo fino a richiudersi alla sommità della figura (pensate un po' al laser verde di tanti film di fantascenza che procede nello scanner di un'oggetto/corpo per piani di sezione orizzontali dal basso verso l'alto). Una volta concluso il lavoro di aggiunta, la scultura era pronta alla cottura, si trattava solo di rifinire l'esterno.
L'argilla infatti non potrebbe sopportare una cottura a 950° se il suo spessore fosse maggiore di 2,5 cm, in spessori maggiori tratterrebbe inglobata dell'umidità o delle sacche d'aria e scoppierebbe.
La tecnica maggiormente in uso al giorno d'oggi in licei artistici e accademie è invece quella di aggiungere argilla "per forza di mettere" fino a creare una scultura "piena", un blocco intero e, solo in un secondo tempo, svuotare la scultura (sacavndola dalla base o dal retro) fino a raggiungere lo spessore desiderato.
Ebbene, anche io uso la tecnica dei più perchè è più semplice e flessibile, ti concede di cambiare idea e forma in corso d'opera.
Però, qualche anno fa, per una volta, volli sentirmi un po' più etrusca e provai a fare una piccola scultura con la tecnica del bachino.
Fu strano e divertente pensare come un laser/scanner.
Il risultato non è accattivante dal punto di vista estetico, ma ci sono comunque affezionata, perchè é ineccepibile dal punto di vista tecnico: non fece una crepa in cottura, simbolo che ogni singolo bachino fu suturato correttamente.
Va considerato che la mia piccola testina (del 2004), se paragonata all'Apollo di Veio (V/VI sec. a .C.) è piuttosto giovanina, ma se paragonata alla mia produzione attuale risulta assai vecchiotta.
Artististicamente, sono, per fortuna, maturata.

lalla


P.S. Domani ho l'esame, dovrei essere a studiare e non a scrivere post sulle tecniche ceramiche!!!

"testa femminile", terracotta "a bachino" del 2004, 25x30x16 cm c.

giovedì 13 maggio 2010

la secchiona, i ganzi e le farse.

Sono circa 10gg che studio con continuità e, diciamocelo, sto anche imparando delle cose interessanti. Mi sembra di essere tornata all'università o al liceo.
Mi viene in mente che al liceo artistico avevamo strani insegnanti.
"Strano si fa per dire", penserete, e poi strani lo siamo un po' tutti e mettersi a sedere dietro ad una cattedra è come stare al di là di una lente d'ingrandimento.
"Puoi star certa che ai tuoi studenti, neanche fossero pokeristi esperti, non sfuggirà nessun dettaglio del tuo aspetto esteriore, dei tuoi tic e delle tue stranezze: in capo ad un anno sapranno come ti pettini quando sei di buon umore, come increspi le labbra quando sorridi e come gesticoli irrazionalmente quando ti stai innervosendo...".
Tutto ciò è verissimo, però, a quattordici anni, non c'ero io dietro ad una cattedra, c'erano loro e strani lo erano sul serio.
In prima un docente, poveraccio, soffriva di depressione e si tolse la vita la vigilia di Natale, un'altro fu allontanato dall'insegnamento per smercio di video porno agli studenti e infine un'altro era un mezzo porco, ma dato che il vicepreside era un porco completo (processo per molestie sessuali concluso con patteggiamento) il docente porco solo a metà non fu allontanato dalla scuola, ma solo spostato di sezione.
Questa è la pura verità, forse non dovrei scriverla, ma lo faccio e non me ne vergogno, magari se ne vergognasse lo stato italiano.
Vista la situazione, non stupisce che considerassi una manna dal cielo l'insegnante di Storia dell'Arte (che non metteva tanta effervescenza nelle sue spiegazioni ed era in effetti un po' smorto, ma per lo meno lavorava con serietà ed impegno).
Lo stesso valeva per coloro che avevano soltanto qualche tic o stranezza.
L'insegnate di matematica lo adoravo. Sembrava fosse lì a parlare solo per me, non perchè non cercasse con le sue spiegazioni argute e fantasiose di coinvolgere tutti, ma la sua voce si infrangeva sul resto della classe come se stesse parlato ad un muro bianco. I miei compagni, chi più chi meno, si consideravano degli artisti, dei ganzi, e ai ganzi non gliene frega niente della matematica.
La matematica è assoluta e vera, volevo studiarla all'università e arrivata al quarto anno, tutta emozionata, lo confidai al mio professore. Lui mi stupì, mi disse di no, che avrei dovuto fare altro nella vita: divertirmi, dipingere, lasciarmi andare, perchè ero una delle persone più sveglie e intelligenti che avesse mai conosciuto, ma troppo seria, con troppo senso del dovere e la matematica mi avrebbe reso triste e sola.
Chissà, io gli ho creduto, non mi aveva mai mentito in 4 anni, ma forse ho sbagliato, perchè, poverino, alla fine era depresso anche lui, non ne poteva più di parlare ad un muro bianco e forse non ne poteva più neanche della matematica.
Se l'avessi studiata l'avrei potuta insegnare con molta più facilità della storia dell'arte, ma forse non avrei incontrato Theo e nella vita sarei effettivamente triste e sola.
In seconda arrivò un nuovo insegnante di italiano, anche lui era un po' particolare a dire il vero. Il primo giorno ci disse che il tempo di spiegare Storia lui non ce l'aveva e che, per giustificare una valutazione in merito, si sarebbero fatti due compiti a quadrimestre su 4 capitoli che ci saremmo studiati a casa da soli, poi iniziò a spiegare Italiano e non la smise più per tre anni. Mentre parlava si masticava le parole e non era facile seguire il filo del discorso, era una persona coltissima e saltava un po' di palo in frasca, io mi misi nel primo banco e imparai a decifrare ciò che usciva da quella bocca, in realtà era tutto molto affascianate e mai scontato.
Il famoso primo compito di Storia lo ricordo come fosse oggi, la mole di pagine era impressionante, ero terrorizzata e studiai moltissimo: a casa feci degli schemi per chiarire i concetti e colorai date e nomi per attingere alla mia formidabile memoria visiva.
Il prof. aveva chiesto del tempo in prestito ai colleghi, avevamo in tutto 4 ore, lesse le tracce delle 4 domande da svolgere (altro non erano che i titoli dei 4 capitoli del libro) e poi fece una cosa straordinaria e incredibile: ci lasciò soli per 4 ore.
I miei compagni, riconoscenti e sollevati, tirarono fuori i libri e cominciarono tutti a copiare. Tutta la situazione era solo una farsa e il mio Prof. era un ipocrita, un ganzo, pure lui.
Dopo un attimo di scoramento, raccolsi le idee e cominciai a scrivere, scrissi 9 pagine intere, tutto corretto, ovviamente, tutto frutto della mia memoria e della mia rielaborazione, ovviamante, e presi 9, il voto più alto della classe, ovviamente.
Lo so, facevo un po' schifo ed ero secchiona sul serio, ma questo l'ho già detto.
E' che avevo tanta paura di deludere le aspettative delle persone e mi schifava l'idea di barare, di mentire (ma con gli anni sono un po' migliorata, non temete). Per questo non ho mai fatto una forca, non ho mai fumato una sigaretta nei bagni della scuola e nei successivi 3 anni di compiti di Storia ho continuato a studiare, non ho mai copiato, nonostante fosse chiaro a tutti che ciò sarebbe passato inosservato.
Tra due settimane ho l'esame del For.Com.
Io questo corso non lo volevo fare, perchè asvevo capito che era una farsa e negli anni mi sono rotta le scatole delle ipocrisie e delle prese in giro.
Sono stata costretta, ma comunque in qualsiasi esperienza, se la fai seriamente, finisce che impari qualcosa di nuovo e di certo questo male non fa.
Oggi stavo giusto approfondendo la mia conoscenza dell'Art Nouveau (in particolare legata alle arti applicate) quando sento squillare il telefono, è la mia amica Roberta, insegnate precaria come me: " Una collega ha fatto l'esame oggi, è una farsa, una buffonata, lasciano copiare tutti e le domande non sono sulle Unità Didattiche che ci hanno dato da studiare, anche se non lo dicono, le domande sono 3 tra quelle 20 che ci hanno spedito come esempio. Non starai mica studiando vero lalla? E' inutile".
Attimo di scoramento.
Allora io che faccio? Mi guardo le 20 domande che ci hanno mandato come esempio e poi, una volta per tutte, la faccio finita di studiare?
Che giusto a 15 anni si può essere integerrimi, tonti ed ubbidienti.
A 34 anni si dovrebbe aver imparato la lezione, ci si dovrebbe sentire artisti e ganzi, e ai ganzi non gliene frega niente del For.Com.
E' inutile studiare... è inutile imparare? Davvero?
Ma sono un'insegnate, non posso credere questo.
E il vero problema è che io ganza non lo sono mai stata, c'è poco da fare.

lalla

giovedì 6 maggio 2010

cosa c'è scritto nel DNA

Succede in questi giorni che io debba studiare.
E siccome nel mio DNA c'è scritto che sono secchiona, studio.
All'inizio controvoglia, poi pian piano ci piglio anche gusto, perchè i veri secchioni sono così.
E succede che fra gli argomenti mi capiti di leggere tante cose che riguardano la percezione visiva dell'opera d'arte, la sua semiologia e la sua storia... alcune hanno poco senso e sono (a mio parere) delle iperboli concettuali, ma altre mi sconcertano per quanto le senta vicine.
Si, mi sconcerta scoprire che già nella Grecia classica (dove per la prima volta l'opera d'arte è stata elevata ad un fine e non solo usata come un mezzo) l'atteggiamento verso i vari Fidia o Policleto non fosse affatto quello venerativo che ci potremmo immaginare. La popolazione nutriva sentimenti contrastanti: ammirava tecnica e perizia, ma disprezzava lo sforzo manuale e fisico legato al mestiere d'artista ponendolo così allo stesso livello di un manovale.
Così, già il grande scultore Policleto tentava di difendersi giudicando inadeguato il giudizio del pubblico, ignorante delle regole dell'arte e facilmente ingannato da falsi valori.
Addirittura Platone, il super cervellone dell'antichità, che disapprovava l'arte (considerandola solo un'imitazione della realtà, a sua volta sbiadita imitazione del mondo delle idee) si è espresso in materia giudicando un falso artista ed un vigliacco colui che, per ottenere il successo, asseconda la massa, incapace di comprendere.
Per finire, mi colpisce Vitruvio (autore del più antico trattato d'arte guinto fino a noi) che lamenta l'aleatorietà dei giudizi, i maneggi e i favoritismi durante i concorsi e fa notare quanto sia importante per un artista la disponibilità di notevoli somme di denaro che gli consentano di uscire dall'anonimato!
Succede quindi che mi faccia un sacco di domande e come al solito non trovi le risposte.
Per esempio: possibile che società capaci di pensieri tanto profondi e attuali in un passato lontanissimo abbiano poi tirato i remi in barca e al giorno d'oggi si ritrovino col culo per terra? (parlo della Grecia sull'orlo del baratro economico e sociale, ma anche della nostra Italia, discendente della grande Roma e della mia Firenze, figlia del Rinascimento).
Oppure: possibile che dopo millenni sia rimasta invariata la posizione dell'artista? O in effeti sia peggiorata: sarebbe bello al giorno d'oggi guadagnare quanto un manovale...
Parlo della categoria in generale, non di me, perchè non è detto che io sia un artista.
A proposito, siccome sono fuori esercizio secchionesco, dopo due ore di studio tendo a fondere, così stacco un po' e mi capita di imbattermi in questo articolo su un libro di Francesco Bonami.
Lo leggo e condivido quasi tutto, il tipo mi pare un critico d'arte piuttosto sveglio ed è nato a Firenze, meno male, indice che la nostra città ancora non è del tutto morta (poi però è scappato a vivere a New York...). Comunque, il libro parla di avere più o meno "l'arte scritta nel DNA".
Parla dei falsi artisti, che scritta non ce l'hanno; dei falsi galleristi, che sono dei volponi; dei molti soldi spesi per confondere le masse (come al tempo di Platone e Vitruvio).
Verso la fine Bonami accenna al fatto che si possa essere degli artisti veri, ma non buoni, non capaci fino in fondo.
Io non lo so cosa c'è scritto nel mio DNA (tranne, appunto, l'essere secchiona).

Sarebbe confortante pensare di rientrare in questa ultima categoria.
Insomma, non vorrei essere una truffatrice, magari un'incapace, ma sincera.

lalla

domenica 2 maggio 2010

individuazioni 2010

Giuro che questo filmato l'ho trovato per caso oggi e mi scuso in anticipo per averlo messo qui sopra.
Odio le scemenze che ho detto e in video sembro la sorella grassa della Clerici a Sanremo, però mi garba riconoscere amici e parenti (emozionati e sorridenti) e soprattutto considero il finale con l'ingresso dello stagista inglese un vero pezzo di comicità rivelatore della reale levatura dell'evento!

lalla


P.S. alla mostra/concorso del piccolo formato sono arrivata 7°.
Piazzamento piuttosto mediocre, ma mi da la possibilità di partecipare ad una collettiva gratuita a settembre, e vista l'aria che tira, come nel maiale, non si butta via niente!