sabato 18 novembre 2017

Come svolta la giornata

Ieri la giornata è cominciata un po’ male con l’arrivo a scuola e la scoperta che c’era “autogestione” e l’immediata rivelazione: avevo sprecato il mio tempo preparando le lezioni e avrei trascorso le seguenti 4h a strasciconi senza far niente… che noia. Poi una piacevole sorpresa: un’intera seconda che abbandona le assemblee studentesche/i rigurgiti di ribellione/il gioco di carte/le effusioni amorose/il fumacchiare (e non so quale altra attività “autogestita”) e rientra in classe durante la mia ora per fare la lezione di Disegno perchè “lei è la Proffe più cool” (che ho preso come un complimento nonostante somigliasse a una parolaccia).
Perciò insomma, ero tornata piuttosto di buonumore mentre, a fine mattinata, pedalavo verso casa. Ormai in dirittura d’arrivo entro in zona ciclabile/pedonale dove urge fare un po’ di slalom e andare parecchio piano. Ad un certo punto si forma un piccolo ingorgo di mamme carrozzine dotate, mi fermo e metto un piede a terra. In quel momento giunge dalla direzione opposta un altro ciclista in velocità (ha un’enorme cassetta di cavoli verza legata dietro la bici), si infila nel gruppo zigzagando e mi sbuca davanti, lo vedo in faccia, è scuro di pelle, non frena, svolta a destra e mi evita per un pelo. Ormai è passato... NO! Non è vero, non mi evita in effetti, prende male le misure, la cassetta sporge all’esterno e piomba sul mio manubrio, trova la mano a contrasto, Ahi!
Un rumore forte, un dolore assurdo, alla bocca dello stomaco. Il ciclista/verduraio scappa. Le mamme lo ingiuriano e poi si offrono di aiutarmi. La mano comincia a grondare sangue. Immediatamente penso: “E’ la sinistra, meno male!”. Mollo la bici e mi distendo sotto un loggiato (anche perché comincia a girarmi un po’ la testa), uno sconosciuto si preoccupa e mi offre i suoi fazzoletti per tamponare le ferite, anche lui è scuro di pelle e le mamme di tonalità varie (tanto per dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, che stronzaggine o gentilezza albergano in ogni colore). Pigio forte e il sangue si ferma, il dolore scema, le mamme mi mandano segnali di conforto a debita distanza dalla scena splatter. Guardo la situazione: indice e mignolo sono solo sbucciati. Mi sfilo un anellino prima che gonfi l’anulare che, col medio, è messo molto peggio. Provo a muovere le dita, tutto bene, non si è rotto niente, ma ricominciano a dolere e sanguinare. Vabbè, ringrazio tutti e me ne torno a casa a lavarmi e incerottarmi per bene prima che torni Elia.
Il pomeriggio ha un sottofondo di dolore continuo, non riesco a spogliare e rivestire Matilde, non riesco a cucinare, mi faccio aiutare in tutto da Elia.
Insomma, come bilancio della giornata non sembrava tanto positivo.
Poi, a ora di cena, la svolta.
Una cosa proprio inaspettata che mi rende felice come una bimba di 8 anni davanti ai pacchi di Natale!
Premessa: dal 2008 (che ho ripreso a dipingere con continuità, che scrivo questo blog e che sono un pochino più social) ho scoperto e seguo alcune artiste italiane bravissime. Loro hanno creato un gruppo facebook che si chiama “Donne che dipingono donne (artiste italiane)”, non il solito gruppo/minestra di verdura, è una pagina con opere di altissima qualità. Io le stimo proprio, non lo dico per dire, e le seguo con grande piacere da quasi un decennio.
Tra l’altro, alcune di loro si sono dimostrate gentilissime con me, hanno risposto alle mie curiosità e mi hanno dato preziosi consigli tecnici (parlo di Jara Marzulli, Elisa Anfuso, Cristina Iotti, Roberta Serenari... solo per fare alcuni nomi, mi perdonino le altre). E non è scontata per niente una cosa del genere: è facile incontrare creativi che guardano solo in alto, che si sentono superiori (o forse manco ci si sentono e proprio per questo cercano di schiacciarti) ma invece trovarne che tendono la mano a chi sta un po’ più in basso (a chi è meno introdotto o meno esperto), è cosa assai più rara. Insomma, per me è stato molto bello conoscere tanta umanità e apertura in persone così dotate. E, a pensarci bene, una cosa del genere non avrebbe dovuto stupirmi perché la sensibilità e la grandezza che trasmettono le loro opere rappresentano alla perfezione quello che queste donne sono.
Insomma, ieri sera mi scrive Cristina e così, senza avermi detto nulla prima, mi fa vedere che mi ha aggiunto tra le artiste del gruppo… ma chi, io?!
Non so dirvi la soddisfazione e la gratitudine che ho provato (e che provo)!
Essere apprezzata da qualcuno che stimi così tanto è veramente bello, non solo, è anche una roba che mi stupisce da morire! Come quando Enrica Tesio (che scrive il blog più intelligente/esilarante/tagliente e vero che abbia mai letto e che ha pubblicato adesso “12 ricordi e un segreto”, un libro davvero prezioso) ha dedicato un po’ del suo tempo a leggere un articolo del mio blog e mi ha detto che le è piaciuto molto, che è scritto in modo personale e molto coinvolgente… capito? Enrica Tesio l’ha detto a me!!!
Voglio chiarire: non è che cambi niente, non è che mi sia passato il male alla mano (anzi, adesso ho due salsicciotti al posto delle dita e non so manco come farmi la doccia), non è che adesso sia diventata ricca o famosa, non è che un editore mi pubblicherà un libro o un sacco di committenti vorranno i miei ritratti… niente di tutto questo, però porca miseria, queste donne meravigliose mi hanno migliorato assai la giornata (e la vita)!
E adesso sono cazzi.
Adesso dovrò migliorarmi (ancora e sempre) per cercare di essere all’altezza della loro fiducia.
Grazie ragazze, grazie a tutte... e fanculo al ciclista/verduraio!


lalla

P.S. in questa sede non ho fatto i nomi di tantissime altre donne che mi appoggiano e mi seguono (del mondo dell'arte o meno), perdonatemi care e non abbandonatemi!
P.P.S.S. C'è anche qualche uomo a dire il vero (nonostante le mie intemperanze femministe)... grazie anche a loro!

martedì 14 novembre 2017

la mia Piccola Fata

Sento spesso l'esigenza di provare a esprimere e comunicare. Non sempre ho ben chiaro in testa “cosa”, l’unica certezza è che ne ho bisogno e allora comincio: giù a scrivere (ore e ore)… o giù a dipingere (ore e ore). Cosa funziona meglio? Scrivere o dipingere?
Non lo so, non è detto che alla fine si capisca granché, non è detto che il risultato sia accattivante (cioè può darsi che sia brutto da leggere o da vedere). Come già detto, magari non avevo inquadrato bene la questione, nemmeno io sapevo dove volevo arrivare… oppure lo sapevo, ma poi ad un tratto mi son persa per strada dietro a qualche altra strana idea che è arrivata all’improvviso... comunque non importa, di solito per me funziona, mi sento soddisfatta e mi servono tutte e due le cose (scrittura e pittura).
Ecco la ragione di questo blog: qui scrittura e pittura possono cercare di darsi una mano e trarsi in salvo a vicenda. Trarre in salvo me.
Oggi, forse, non ci sarebbe bisogno di tante parole, no, perché questo dipinto (che magari manco vi piacerà) io credo che possa dire da solo tutto quello che ho sempre voluto dire su mia figlia: che lei è una fata.
Lo è sempre stata, una fata.
Quando la tenni nella mia pancia tutto il tempo necessario nonostante le contrazioni uterine volessero spedirla già fuori al 5° mese, nonostante dovessi sostenere un concorsone scolastico (che poi ho vinto), nonostante dovessi assorbire e attutire gli sbalzi umorali del mio compagno (che poi ho perso), e non so ancora come feci a resistere, ma il merito non è mio, è certamente suo che era già un po' fata.
Quando, a un giorno di vita, tutta ignuda e trafitta da tubicini e aghi, in un’incubatrice di vetro, stregò d’amore suo fratello
in un nanosecondo, divenne definitivamente fata.
Quando, nel reparto di neonatologia, giungevo per la poppata notturna dell’1.00 e lei dormiva (mentre tutti gli altri neonati piangevano isterici), poi, una volta finito, tutti gli altri neonati dormivano satolli e lei invece rimaneva sveglia, mi guardava negli occhi soddisfatta e io potevo lasciarla lì da sola, tranquilla, era una fata.
Quando, a circa due mesi d’età, di notte dormiva 6/7 ore di fila, l'altro si girava dall'altra parte e non si accorgeva di niente, ma io no, non dormivo (dalla magia e dall’incredulità), ogni tanto mi svegliavo e mi incantavo anche mezz’ora a guardarla, era una fata.
Quando, a soli 4 mesi, quell’altro volle per forza spedire la cullina in una camera dall’altra parte della casa e io al mattino non vedevo l’ora di correre da lei che quasi sempre era già sveglia (ma non piangeva) e appena mi vedeva mi salutava gorgogliando e ridendo, era una fata.
Quando, a soli 6 mesi, ha iniziato ad abbracciarmi, era una fata.
Quando, alla stessa età, ha intrapreso con noi un viaggio in Francia per il lavoro del padre, ha gioito al decollo dell’aereo e ha sopportato allegra di essere portata a strasciconi per 5 giorni, toccata da estranei, circondata da folle di persone, mai una bizza, mai un capriccio, era una fata.
Quando, dopo i 10 mesi, ha sofferto di mal di denti e allora me la sono presa nel lettone (scatenando l’insofferenza di quell’altro, che manco qualche mese di condivisione ha saputo sopportare) che poi lei neanche piangeva, al massimo si lamentava educatamente, chiedeva il ciuccio o da bere e voleva solo sentirmi vicina per rassicurarsi, era una fata.
Quando siamo rimaste sole (che l’altro s’è definitivamente rivelato per quello che era, cioè scemo) e allora sono stata io a volerla vicina per rassicurami e lei mi ha coccolata con tutto il suo amore, era una fata.
Quando ha iniziato a sentirsi una donna (cioè circa a un anno e mezzo d’età) e da quel momento a coltivare i suoi capelli, a vestirsi da principessa o fata, indossare gioielli e aggirarsi soavemente per la casa in passi quasi di danza, era una fata.
Quando, a due anni, ci siamo abbracciati in tre (io, lei ed Elia) e lei ha sussurrato “tutti”, era una fata.
Quando si lamentava ogni volta che doveva lasciarmi e andare col padre e io le promettevo che si sarebbe divertita "No, Tinne sta con mamma", allora insistevo "vai insieme ad Elia, fate tante belle cose col babbo", allora lei sembrava convinta "sì, Elia va con babbo... e Tinne sta con mamma!"... poi piangeva (mentre il padre rideva), ma per fortuna quasi mai piangeva tantissimo (comunque per me era sempre troppo da sopportare), ma lei invece sapeva sopportare tutto e dopo stava brava anche lontana da me e quando tornava non me la faceva pagare per niente, era una fata.
Quando, quest’estate, salutava me ed Elia (bloccati a casa con l'otite) tutta giuliva e se ne andava in barca con il resto del parentado oppure si tuffava con i braccioli nel mare profondo andando sotto con la testa e riemergendo come se avesse visto la morte in faccia, ma poi temeraria voleva farlo di nuovo, era una fata.
Quando, sempre d’estate, malediceva con riti sciamanici ogni pidocchio rinvenuto sulla sua chioma “via da me pidocchi, sciò!”, era una fata.
Quando, l’altro giorno, ha visto una foto di me con la pancia e c’era anche suo padre che la indicava e allora mi ha guardato e mi ha detto: ”ma allora prima eri tu la fidanzata del babbo?” e io le ho detto “sì, amore” e lei mi ha abbracciato e mi ha detto “io ti voglio bene”, è stata una fata.
Quando, il giorno dopo,  mi ha chiesto: “perché non sposi tu il babbo?”, allora io gli ho risposto che l’avevo già sposato (e le ho anche fatto vedere le foto vestita da principessa), le ho detto che l’ho amato tanto e infatti sono nati loro due, ma che poi lui un giorno mi ha lasciato, allora lei mi ha detto il nome della 'nuova fidanzata del babbo'. Io le ho detto che non importa, che l’unica cosa importante è che il babbo voglia bene a lei ed Elia. Allora lei ha detto:  “sì, anche il babbo mi vuole bene e mi da tanti baci” e mi ha abbracciato di nuovo. Ha poco più di tre anni, è una fata.
Quando cerca di ottenere le cose che vuole con i suoi trucchi di magia come domenica, mi ha chiesto di abbassarmi per strada, poi mi ha dato un bacio sulla guancia e mi ha sussurrato con un sorriso furbetto “in collo” (oppure come quella volta di pomeriggio che eravamo sul divano, io leggevo, lei giocava con le barbie e ad un certo punto deve essersi stufata e mi ha dato le seguente informazione: “lo sai mamma che le bambine guardano i film?”), è una fata.
Quando piange se brontolo suo fratello, ma non per finta, ma perchè proprio ci soffre, è una fata.
Quando addomestica e impone il suo volere a ogni essere vivente della casa, è una fata.
Ogni giorno questa bimba ci ammalia.
Ma, come ho sempre provato a fare col piccolo Re dei Sugolini, cerco di resistere anche ai suoi poteri, alla mia Piccola Fata, per insegnarle a crescere giusta oltreché magnifica.
Il mio compito è molto difficile (i miei bimbi sono magici), ma io penso di farcela. E' stata la mia priorità, è la mia priorità e sarà la mia priorità, sempre. Perchè io non sono scema.
So di essere la mamma più fortunata del mondo, tutto il resto è niente.

lalla
"Piccola Fata del bosco", olio su masonite 35x35 cm