sabato 17 febbraio 2024

conversazioni distopiche pre-scrutinio

Pomeriggio di febbraio in una scuola semideserta.
Ciondolo come gli/le altre/i insegnanti in fase digestiva e attesa semi-vegetativa che si liberi un'aula per procedere allo scrutinio.
Nel salone centrale e in bella vista, mi si avvicina collega eccentricamente festosa e urlante: "Ilariaaa!!!!"
Mi scuoto dal torpore e saluto gentilmente.
"Ma tu per caso stai scrivendo il tuo terzo librooo?!"
Un po' imbarazzata per il tono altissimo che attira l'attenzione delle/i presenti, ma grata per l'interessamento, rispondo cauta: "L'ho già pubblicato."
E quella, giuliva: "Posso consigliarlo a una studentessa?"
Perché mai questa proposta?
Il mio cervello ancora mezzo in catalessi e già settato sul dovere che l'attende, fatica a cogliere immediatamente il senso della conversazione, in ogni caso: "Veramente io evito di pubblicizzare i miei libri nelle classi."
Gesticola con fare comprensivo: "Certo, fai bene." Poi aggiunge, quasi preoccupata: "Ma li pubblichi senza uno pseudonimo, proprio così col tuo nomeee???"
Quando le rispondo guardinga ammetto che il mio livello di gratitudine è drasticamente scemato: "Beh, sì, non mi sembra di aver fatto niente di male scrivendo dei libri."
Mi rassicura: "Ma certo... in ogni caso, lei potrebbe acquistarlo?"
"Come tutti... sono su Amazon," e mi informo: "Quale volevi consigliarle?" Ammesso che la signorina esista davvero.
Si affretta a prendere le distanze con gesti teatrali: "Ah, non saprei proprio, io non li ho mica letti," e con fare ammiccante: "Sai, non sono il mio genere."
OK, quindi dove vogliamo andare a parare?
La guardo muta, dandole il permesso di concludere solennemente: "Io leggo Guerra e pace."
Perfetto.
Ora, magari la collega in questione vorrebbe solo essere gentile, è una tipa vivace, sono io a essere cattiva, ammettiamolo: il risveglio disarmonico dallo stato letargico non mi ha fatto bene.
Una piccola stronzissima parte di me avrebbe tanta voglia di risponderle acidamente: "Allora perché non consigli Guerra e pace alla tua studentessa?"
Ma per fortuna sono anche persona educata e francamente impegnata in questioni più serie, quindi recupero lucidità, ringrazio con ampio sorriso e mi dirigo a fare lo scrutinio.

lalla

mercoledì 7 febbraio 2024

bellezza e(è) libertà

Parma, 2004.


Ogni tanto razzolo nel pc e scovo qualche vecchia foto. Questa tutta in ghingheri davanti all'ingresso di un alberguccio emiliano inizialmente mi aveva un po' intristito. Il fatto è che, porca miseria, in questo scatto sembro Monica Bellucci al lido di Venezia!
Mi sono ricordata che quando ero così "in forma" era perché mi privavo del cibo per mesi e mesi cercando di essere abbastanza magra e bella per la persona che avevo accanto. Sinceramente, un po' per scherzo e molto sul serio, ha sempre tentato di non farmi sentire del tutto alla sua altezza. Mi diceva che avevo un modo di fare poco femminile, che qualche volta gli sembrava di stare con un maschio. Io non è che ci credessi davvero, ma a ripensarci, che rabbia!
Ok, poi ho continuato a scorrere le foto e ne ho trovate molte altre dove rido sguaiatamente con la qualunque e mi scateno in pista peggio di Bella Baxter. E allora mi è tornata l'allegria.


Ricordo bene anche le gomitate che mi tirava sotto il tavolo quando secondo lui alzavo troppo il tono della voce o chiacchieravo a vanvera. La sua supponenza nei confronti della mia pittura e del mio modo di scrivere. Tanti sforzi inutili per sottomettere e imprigionare me che probabilmente hanno finito per frustrare lui. In fondo non gli ho mai dato troppa retta, la mia natura, solo all'apparenza mite, è profondamente disubbidiente e libera.
E la dieta dimagrante l'ho fatta anche prima di lui (perché è soprattutto la società a farti sentire inadeguata) e l'ho rifatta pure dopo, sia chiaro, dovrei rifarla anche adesso, ma per questioni di benessere e salute va bene, non per inseguire un merdoso standard imposto da qualcun altro.

lalla

venerdì 2 febbraio 2024

torna quando vuoi

Che cosa strana l’inconscio, non trovi?
Nel mio caso spesso e volentieri lavora contro di me sostenendo simpatici sensi di colpa e immancabili ansie da prestazione; stanotte pareva dello stesso avviso. Invece.
Come sai in questo periodo siamo di scrutini, quelli del primo quadrimestre e io potrei concedermi di dormire se non fosse che ci sono già in ballo decisioni importanti come la composizione delle commissioni (i miei studenti e le mie studentesse mi fanno una corte spietata perché li porti all’esame, ma quest’anno, non so se lo sai, anche tuo nipote Elia deve sostenere la maturità nella mia scuola; diciamo che la situazione è più complicata del solito e dovunque mi volti rischio di far danni e scontentare qualcuno). Tanti, tanti pensieri. A metà nottata mi sono ritrovata con l’occhio pallato. I miei intorcinamenti cerebrali, ti confesso, non ti riguardavano (ero così presa dai miei doveri di insegnante e di mamma che mi stavo scordando quelli di figlia).
Ma per fortuna dopo un po’ mi sono addormentata di nuovo e ho iniziato a sognare: un gruppo di persone allegre, tipo quasi a braccetto, chi fossero non mi interessa, ma a due metri da me e un po’ spostato sulla sinistra c’eri tu. Tu ancora vigoroso e forte, ma non troppo in sovrappeso. Neanche troppo imbiancato, diciamo un tu cinquantenne, praticamente mio coetaneo.
Ti ho riconosciuto e mi sono sentita fortunatissima di poterti incontrare di nuovo: “Che bello che sei venuto, era tanto tempo che non lo facevi.” Anche tu mi hai riconosciuto e mi hai sorriso. Sapevo che era un sogno e sapevo anche che avevamo poco tempo a disposizione così ti sono venuta subito incontro e ti ho abbracciato. Ho percepito fisicamente il nostro contatto (ed è strano, nei sogni di solito vedo ciò che succede “da fuori” e non riesco ad utilizzare davvero i sensi). Invece ho sentito la solidità del tuo corpo e, deliziosa, la tua barba sulla mia guancia. Come allora, forse un pochino più dura di allora perché in effetti la tua era molto soffice, ma l’ho sentita. Chiaramente. Ho fatto bene ad abbracciarti, è stata una sensazione bellissima. Ma è durata solo un attimo, poi mi sono svegliata.
Se avessimo avuto ancora un po’ di tempo, magari anche solo una frazione di secondo, che nel sogno si sarebbe dilatata, avrei potuto raccontarti tante cose su di noi e su quello che facciamo. Rassicurarti sul fatto che stiamo tutti bene e ricordarti che devi aver fatto qualcosa di davvero buono se ancora oggi, dopo otto anni, ti portiamo con noi. Forse avrei potuto utilizzare quel poco tempo che avevamo per confessarti che la mamma ti guarda ancora con lo stesso sguardo, so che ti avrebbe fatto piacere perché sei sempre stato un inguaribile romantico. Invece no, non ho potuto fare a meno di essere egoista: avevo tanto bisogno dal tuo abbraccio e me lo sono preso. Mi ha riempito di soddisfazione, ha sciolto ogni nervosismo e tensione, ha riportato la mia mente alle cose belle e giuste. È stato un dolcissimo modo di passare la giornata ogni tanto toccarmi la guancia e ricordare quella carezza ispida. Grazie.
Grazie di essermi venuto a trovare proprio per il tuo compleanno.  
Caro babbo, torna quando vuoi.


lalla