lunedì 8 febbraio 2016

ciao babbo

Mi chiamo Ilaria, come la felicità, ma nessuno mi chiama così, per quasi tutti sono Lalla e, per le due persone più importanti, più semplicemente, mamma.
Il mio babbo si chiamava Giuseppe, come il babbo di Gesù, ma nessuno lo chiamava così, per alcuni era Beppe, per altri Beppino, per noi, più semplicemente, babbo.
Io non sono credente, la morte mi ha sempre spaventato, perché vuol dire "fine".
Però, c'è poco da fare: si nasce e si muore, è il cerchio della vita. Così, qualche volta mi è capitato di pensare a quando toccherà a me, sperando di morire nel sonno, senza preavviso.
La "morte dei giusti".

La malattia ha aggredito il babbo più di otto anni fa, in modo violento e spietato, da quel momento è stato chiaro per tutti dove s'andava a parare, addio "effetto sorpresa". I primi mesi sono stati uno shock, gli anni a seguire molto difficili non solo fisicamente, ma psicologicamente. Però la sua vicenda mi ha fatto ricredere, esiste una morte ancora migliore di quella dei giusti.
La nostra famiglia, in questi lunghi otto anni, lo ha sopportato nei momenti di rabbia e sconforto, lo ha coinvolto in quelli di gioia, lo ha accompagnato in quelli di pseudo-normalità e infine lo ha circondato e coccolato negli ultimi difficili mesi, giorni, ore, fino all'ultimo respiro.
Saranno due anni che il babbo mi aveva messo in mano due dvd: "Cocchina, quando puoi, perché lo so che hai un sacco da fare, ma quando hai un po' di tempo, per favore rimontami il nostro filmino del matrimonio girato in super-8, il fotografo è riuscito a metterlo qua sopra, ma ci sono parti nere dove non si vede nulla e poi è tutto muto, mettici te una bella musica".
Sono due anni che rimando, ma il mese scorso mi sono resa conto che non c'era più tempo. Ho cominciato a lavorarci in segreto, impegnandomi al massimo e lui mi metteva sempre più fretta, peggiorando vertiginosamente.
In principio rivedere lui e la mamma giovani, felici e pieni di speranza mi ha commosso terribilmente, le riprese del viaggio di nozze terminavano con un foglietto che il babbo aveva incastrato in mezzo a quattro matriosche e su cui aveva scritto: "e vissero felici e contenti...".
E poi la sorpresa: il filmino non finiva, c'era ancora poco girato con la nascita di Silvia, lui che la coccola, il primo saluto con la manina, la mamma che le fa il vola-vola, i primi passi e la prima estate al mare... allora ho capito: quelle matriosche siamo noi e quel foglietto diceva il vero, tutte le speranze di quel ragazzo euforico, appena tornato dalla luna di miele, si sono avverate.
Ho cominciato ad aggiungere musica e foto, a scannerizzare, così c'è anche Guido e poi io e Chiara, e poi le lauree, e i matrimoni, i Natali, i nipotini... tutta una vita. Volevo che sapesse, anche se nessuno di noi poteva dirglielo apertamente, che aveva costruito la vita che sperava e che lo stavamo salutando, e ringraziando, tutti insieme. E' stato difficile e avevo paura, di non fare in tempo o che l'emozione fosse troppa, per lui e per tutti noi. Ho finito appena in tempo, venerdì sera, sabato sono andata a San Giovenale. Il babbo ha voluto fortemente che, come tutti gli anni, ci riunissimo per pranzare domenica e festeggiare il compleanno di Silvia e il suo. La situazione sembrava ormai insostenibile, ma in qualche modo ce l'abbiamo fatta.
Guido l'ha portato in braccio fino in poltrona e lui ha resistito otto ore seduto insieme a noi, abbiamo fatto tutte le cose che gli piacevano: abbiamo mangiato, fatto qualche battuta, visto la partita, giocato a carte, abbiamo anche visto il filmino e ci siamo commossi, tutti.
Martedì ha compiuto 73 anni, ma il tempo di festeggiare era finito.
E' stato difficile vederlo morire, non dimenticherò mai quelle ultime ore e quei respiri profondi. Ma per fortuna quei ricordi sono solo nostri, lui stava già dormendo grazie all'aiuto dei medicinali e di Silvia, che faceva da infermiera. Se n'è andato nel suo letto, circondato dalla sua famiglia. Una morte dolce e dignitosa, la migliore possibile.
Adesso ne sono convinta più che mai, la chiave è vivere una bella vita e guadagnarsi così una bella morte.

Poi, il tempo si è fermato, si è compresso e infine si è dilatato, lasciando tutti noi in uno strano limbo di tristezza e amore. Abbiamo raccolto le poche forze e i pensieri, sempre più confusi dall'assenza di sonno, cercando di fare tutto come avrebbe voluto lui. Ci sono un sacco di cose da fare quando muori, più o meno come quando ti sposi: scegliere un abito e chiamare un esperto che ti aiuti ad indossarlo e ti renda attraente, scrivere un "invito" alle persone care e scegliere la location dove accoglierle, i fiori, la musica... infine, cercare le parole giuste per rendere la cerimonia un po' più personale.
Ognuno si è dato da fare, sapevo che dire quelle parole, a nome di tutti noi, spettava a me, ma avevo paura di essere fraintesa, che non fossero quelle giuste o che non sarei stata capace di dominare l'emozione. Così, ho rimandato fino alla fine, come per il filmino. Poi, la notte tra venerdì e sabato, ho capito che non c'era più tempo e ho scritto una paginetta. Sabato, al funerale, un fiume di persone è entrato a inondare la Pieve di Cascia, cavolo, come mi è dispiaciuto non essere credente: sarebbe stato così carino poterselo immaginare appollaiato su una nuvoletta con la sua barba, lì a godersi lo spettacolo. Centinaia di persone hanno salutato il babbo, ognuno a suo modo e rivestendo il proprio ruolo.
Quello del narratore è sempre stato il mio, così, a fine cerimonia, in qualche modo, anche io sono riuscita a leggere a tutti, e per tutti, quella paginetta.
L'ho fatto perché era giusto, come anche scrivere questo oggi, perché lui è stato sempre il mio lettore n°1.
Ieri siamo tornati ancora a pranzo a San Giovenale, a festeggiare il compleanno di Lucia e a guardare di nuovo insieme il filmino della nostra vita.
E stanotte ho finalmente dormito di nuovo perché so che adesso siamo in pace, tutti.

lalla

P.S. questa di seguito è "la paginetta". Sono convinta che il babbo non se ne stesse appollaiato su una nuvoletta sabato e quindi non abbia potuto ascoltare mentre la leggevo. Sono altrettanto convinta che l'abbia potuta leggere nei nostri occhi ogni giorno della sua vita.