martedì 24 dicembre 2019

Babbo Natale siamo noi


Come ogni anno, alla fine ci siamo.
Io adoro il Natale!
Essendo una Strega, ho sempre sorvolato sull’aspetto religoso dell'illustre nascita (per altro avvenuta in primavera), ai miei figli ho insegnato invece quanta magia ci sia in questa festa, che è un’occasione in più per stare vicini alle persone che amiamo e farglielo sapere.
Ieri abbiamo impacchettato e firmato insieme i regali, poi Babbo Natale passerà quando gli pare, ma intanto noi ci scambiamo i nostri doni oggi, alla Vigilia.
A proposito di pacchetti, finalmente è arrivato il mio momento, anni e anni di scherno, ma adesso la causa ambientalista riportata alla ribalta da Greta è (almeno all’apparenza) condivisa e nessuno questo Natale potrà storgere il naso di fronte ai miei pacchetti di riuso. Tengo in caldo le mie carte stropicciate tutto l’anno, finalmente ieri gli ho concesso la loro seconda occasione! Ci siamo fatti prendere la mano e ci siamo divertiti a invertire appositamente i contenuti: vestiti in buste di libri, libri in buste di oggettistica... (per chi saprà stare al gioco si accrescerà l’effetto sorpresa).
Regali nuovi e rigorosamente acquistati per l’occasione, ma in buste vecchie e rigorosamente di riusco e con orribili (ma abbondanti) fiocchi appiattiti e nastri arricciati. Lo confesso, ci siamo superati creando gli impacchi più brutti di sempre, ma ci abbiamo messo il divertimento (speriamo che conti anche quello).
Accantonati gli orribili incarti, li ho aiutati a preparare dei biscotti da regalare per la colazione di Natale. Il Re dei Sugolini ha mani enormi (molto più grandi delle mie), ma gli sono cresciute troppo in fretta e ancora non le controlla molto bene (che poi sarebbe un altro modo per dire che in cucina è piuttosto svogliato e inetto): ha sbrodolato impasto fluido su tutta la sua felpa e ribaltato il latte sul bancone. La Piccola Fata ha mani piccoline e precise, ma le guida appositamente per combinare i peggiori disastri (che poi sarebbe un altro modo per dire che è dispettosa e ribelle): ha tentato di imbastire nuove ricette parallelamente alla nostra, aggiungendo ingredienti random e impropri e ogni volta che metteva tre stelline decorative, se ne mangiava altrettante.
Allora, la cucina me l’hanno ridotta un disastro, ma secondo me i biscotti sgonfiotti e senza grassi sono venuti buoni. Un po’ bruttarelli, ma buoni e alla nostra famiglia piaceranno. Sarà un Natale con un po’ meno forma, ma con tantissima sostanza… non vi pare perfetto?!
In questi anni a Matilde ho raccontato che suo nonno era Babbo Natale. In un certo senso penso proprio che possa essere vero. Quando era in vita era cocciuto, irruento e forte, ma anche facile alla commozione, entusiasta e ancora bambinesco, adorava la musica, mangiare, far festa, regali e organizzare soprese. Poi le ho mostrato una sua foto con la barba bianca e il pancione e da quel momento lei non ha avuto più dubbi.
Sa che sono io ad organizzare il calendario dell’avvento personalizzato in uno stivalone di pannolence numerato e stracolmo di regalini per lei e suo fratello, infatti dal 1° dicembre mi chiama “figlia di babbo Natale” non dimenticando di sottolineare con orgoglio di esserne la nipote.
Oggi abbiamo fatto colazione insieme sapendo che il 24° giorno avrebbero terminato il calendario e trovato il regalo più grande, che poi è il mio dono natalizio. Ma mentre mangiava Matilde non faceva altro che chiedere: “quando abbiamo finito ci scambiamo i regali, giusto?”.
E io sorridevo pensando che fosse una sorta di modo di dire perché non vedeva l’ora di curiosare nella calza (sono io che faccio i regali di solito, dagli ultimi due anni ha iniziato anche Elia, ma lei al massimo si attribuiva il merito di portare a casa il “lavoretto” fatto alla materna) e invece il Re dei Sugolini e la  Piccola Fata sono sempre meglio di come me li aspetti (nonostante io mi aspetti parecchio).
Dopo aver scartato i miei pacchi bruttissimi, è stata la volta dei doni di Elia per entrambe e quindi, inaspettatamente, anche Matilde ha tirato fuori i suoi, realizzati e custoditi in gran segreto.
I miei figli sono già due splendidi babbonatalini, si sono fatti e mi hanno fatto regali azzeccatissimi, li hanno scelti o realizzati con il cuore. Il Re dei Sugolini mi ha regalato il libro perfetto per me “Dietro una grande donna, c’è sempre un grande gatto”, Matilde mi ha disegnato una pozione magica e mi ha spiegato che potrò usarla per convertire le brutte cose in delfini, meglio di così?
Una meraviglia!
E adesso lo so che questo post è un po' sempliciotto e scritto in fretta e furia, ma avevo 40' di numero e per caricare una foto non c'è tempo, devo correre a far cose più importanti perchè non è finita qui, adesso carico valigia, pacchi e figlioli in auto e mi sposto a San Giovenale dalla mia mamma, devo dare una mano ai fornelli, stasera ceneremo tutti insieme, ci scambieremo i regali, giocheremo, diremo bischerate e faremo tardissimo, stanotte se non erro dovrebbe passare anche Babbo Natale…
Penserete che è troppo, far durare il Natale dal 1° al 25 dicembre, ma vi sbagliate, in verità ogni giorno dell’anno può essere Natale e spero di avere abbastanza energia per far sì che ogni giorno del 2020 lo sia.
Lo auguro a tutti voi!


lalla

venerdì 13 dicembre 2019

due campanelli

Io mi ascolto e mi osservo molto, da sempre. Mi monitorizzo e sono molto esigente. Allora diciamo “bene, ma non benissimo” dato che questa settimana sono suonati due campanelli.

Primo campanello.
Il lavoro di insegnante me lo hanno sempre invidiato tutti, senza sapere l’abnegazione che richiede (farlo bene) e lo stress psicologico a cui sottopone.  Ma, nonostante il non riconoscimento della società e lo stipendio ridicolo, ho sempre pensato che ne valesse parecchio la pena.
Da qualche anno però, seguendo una curva esponenziale, il mio lavoro sta cambiando. Non si tratta più di insegnare e quindi organizzare attività (la cosa più stimolante) e preparare lezioni (la cosa più interessante), stare in classe (la cosa più bella e importante) e correggere verifiche (la cosa più pallosa), si tratta invece di sopravvivere a tutta una spirale impressionante di adempimenti burocratici, incontri/scontri e impegni pomeridiani, scadenze improvvise e spesso inderogabili  che mi costringono a  un controllo continuo della rete (anche di domenica). Ho sempre corretto piramidi di tavole anche nel fine settimana, non è di questo che mi lamento, il fatto è che adesso non posso staccare mai, non più. Non aiuta il fatto che da tre anni mi ritrovi a dover coordinare il Dipartimento (gratis) e una classe (quasi gratis) nonostante l’esigua scansione oraria di 2h a settimana. Non posso farlo in quelle 2h, è chiaro, altrimenti addio programma di Disegno e Storia dell’Arte, quindi coordino in tutto il resto del tempo (e non sapete che beghe!).  Di conseguenza è decisamente stupido avere un part-time per gestire i miei figli: ci rimetto una fetta di stipendio e mi ritrovo invece a gestire i figli degli altri (a gratis) praticamente non-stop.
Per una persona come me, la ragnatela burocratica e tutto questo carico di preoccupazioni extra sono una maglia asfissiante che mi risucchia energie. Non me ne restano più abbastanza per fare ciò che è più importante che, porca miseria, qualsiasi cosa mi venga detto o ordinato di fare, io so cos’è:  dare ogni volta il 100% quando sono con i miei figli e con i miei studenti. Quel 100% forse non sarà abbastanza, ma io devo sapere di averlo dato (anche il 120% se ce la faccio): non conosco un altro modo per dormire tranquilla.
Devo mettercela tutta e di più.
E io ce la metto, giuro, ma in questa situazione tante energie si disperdono e io non riesco a perdonarmelo.
Eccoci al campanello: martedì ho assegnato un compito in classe di Disegno a due ragazzi, dovevano eseguire la prospettiva centrale di un solido composto… avevo sbagliato il ripasso di due spigoli! Per fortuna sono bravi e se ne sono accorti da soli nei primi 10’ così hanno avuto il tempo di svolgere tutto correttamente, ma io avevo sbagliato.
Potrei dire a mia discolpa che il compito vero e proprio fosse lunedì e che io lo avessi preparato con calma e attenzione, potrei raccontare come i suddetti ragazzi fossero mancati per il blocco dei treni procurato dal terremoto e mi avessero chiesto (la sera del lunedì tramite chat) di recuperarlo l’indomani in un’ora di supplenza, potrei aggiungere come io avessi accettato recandomi a lavoro in fretta e furia un’ora prima (sempre a gratis)  e avessi dovuto cambiare la traccia la volo col bianchetto nei 10’ prima di entrare in aula. E’ tutto vero, ma questo non giustifica il fatto che io abbia sbagliato un ripasso. Non mi era MAI capitato nella vita. Io scambio lettere, parole intere, date, sbaglio i calcoli da sempre, va bene, lo so di essere fallevole, questo lo accetto ma ho anche dei punti di forza, porca miseria: io non sbaglio MAI un ragionamento logico matematico o di geometria descrittiva!
Non è neanche “una tantum”: mi era successa anche un’altra cosa tremenda il primo lunedì di novembre quando è entrato in vigore l’orario scolastico definitivo. Ho letto per benino il nuovo orario prima di entrare in classe: 5°-1°-buco-3°. Ok, sono corsa in 5° e mi sono concentrata nella lezione, ho fatto del mio meglio. Quando sono uscita dalla classe la mia testa bacata aveva elaborato l’orario a modo suo: 5°-buco-1°-3°. Essendo convinta di avere un’ora libera, mi sono messa al computer in aula docenti tutta efficiente a caricare il nuovo orario e l’ora di ricevimento sul registro (come prescritto dalla circolare). Ci sono rimasta per ben 45’ prima di rendermi conto che durante quell’ora sarei dovuta stare in classe. Quando me ne sono accorta, lo giuro, ho rischiato l’infarto. Non mi era mai successa una cosa del genere, mi è presa la disperazione: io non posso perdere un’ora di Storia dell’Arte, significa perdere un’intera settimana! Sono corsa in 1° e mi sono scusata 200 volte. Mi sentivo schiacciata dal senso di colpa. Quando è suonata la campanella e sono entrata nella mia VERA ora libera, sono andata a controllare al banco dei custodi e ho scoperto che l’indomani i ragazzi avrebbero avuto una supplenza (menomale!), così mi sono precipitata in vicepresidenza per costituirmi e a pregare che mi concedessero un’ora aggiuntiva per recuperare la lezione. Solo in quel momento mi si è sciolto il nodo alla gola.
So di essere poco indulgente con me stessa e anche questo errore l’ho vissuto malissimo, ma in ogni caso l’avevo attribuito ai miei soliti problemi di dislessia, mi ero vergognata, ma non spaventata.
Il ripasso sbagliato invece è proprio un campanello d’allarme.
Allora ho deciso una cosa importante: che il prossimo anno cercherò di evitare il coordinamento del dipartimento e se mi nomineranno  di nuovo anche coordinatrice di una classe io troverò il coraggio di rifiutare l’incarico. Non sarà elegante, ma posso e devo farcela. Ci sono persone che sanno destreggiarsi molto meglio di me con burocrazia, cifre e scadenze, io per cercare di farlo decentemente sono spinta ad un affaticamento mentale davvero eccessivo. Non ne vale la pena. Non può risentirne la didattica, non è giusto. Per i miei studenti ci sarò sempre (anche la domenica, anche via chat, anche a gratis) ma vorrei tornare lucida e scattante, come gli servo davvero. Se poi invece questi sono i primi segni di una demenza senile pace, ma almeno vorrei provare a invertire la tendenza.


Secondo campanello.
Ok, accantonato il campanello di over-working (con conseguenti stress e ansia) a cui cercherò di dare ascolto e porre rimedio nel prossimo anno, passiamo a una roba diversa.
Martedì notte (quella dopo aver sbagliato il ripasso), ho fatto un sogno.
Nei sogni sembra tutto vero, poi quando ti svegli ti rendi conto che non torna nulla, ma facciamo finta che quello che vi racconterò adesso abbia un senso.
Allora, siamo in una realtà parallela in cui io vivo in casa con i miei figli però c’è anche un altro bimbo (credo) e soprattutto suo padre (che non è il mio ex-compagno). Questo tizio vive nella nostra casa, ma ognuno sta per conto suo, diciamo che è un coinquilino e io neanche so che faccia c’ha, forse la faccia non ce l’ha neanche. Anche i mie figli parlano con lui e con l’altro bimbo tranquillamente, soprattutto Elia, come se averci questi due in casa fosse la routine (loro non so dove dormano, in ogni caso non nei nostri letti), forse li stiamo ospitando per un periodo, non è chiaro. Vabbè, poi succedono tutta una serie di cose banali che non ricordo, comunque so che il tizio senza faccia è simpatico e tranquillo e la sensazione è che non sia sconosciuto, ma una persona con cui siamo in confidenza .  Ad un certo punto arriva la sera e lui si siede sul divano (credo per guardare la televisione) e anche io devo sedermi e, non so per quale ragione, senza chiedere manco il permesso,  mi ci accovaccio contro (come se lui fosse un guscio semicircolare e io mi ci sistemassi perfettamente all’interno come il frutto della noce). Ho provato una sensazione struggente, che sembrava perfetta e che non provavo da tantissimo tempo. E ho pensato (nel sogno): “ma guarda, questo tizio che non avevo considerato per tutta la giornata e invece è il posto giusto dove sistemarmi”.
Subito dopo mi sono svegliata incazzata come una biscia, non contro il destino avverso che mi ha relegato al ruolo di donna single (per non dire sola), ma contro il mio inconscio e i miei ormoni: il posto giusto NON esiste! Lo dico con cognizione di causa guardandomi intorno: almeno l’80% delle donne con un compagno non hanno trovato il loro guscio (qualcuno che combaci perfettamente, le faccia sentire al sicuro e importanti), figurati se posso perdere il mio tempo a sperare di ricadere nel 20% di quelle acculate.
Nonostante la convinzione razionale di voler procedere da sola, l’inconscio ci prova a mandare dei segnali. 
Il fatto è che ho 44 anni, non 64: gli ormoni ancora pressano. Ben vengano i sogni erotici (mica sono una suora!), ma possibile fare ancora questi cavolo di sogni romantici?
Potrei dire a mia discolpa che a settembre, in seguito a ripetute lusinghe di un simil-corteggiatore, avevo preso l’iniziativa con l’idea di abbandonare il mio triennale ritorno al nubilato, potrei anche rivelarvi che poi quello si è dimostrato solo un quaquaraquà a cui piaceva giocare al gatto col topo, ma che non aveva alcuna intenzione di passare a giochi più interessanti, potrei aggiungere che (al di là della contentezza di provare di nuovo un certo friccichino e di lasciarmi andare a certi pensieri, segno che alcuni eventi del passato sono ormai accantonati) ci sono effettivamente rimasta un po’ male e a bocca asciutta , tutto questo è vero, ma non giustifica il fatto che io abbia sognato una roba tipo il Principe Azzurro! lalla ancora pensi di desiderare queste scemenze? Vergogna!
Non vi dico che amaro in bocca.
Non posso permettere al mio ego ferito di distrarmi dalla mai vita e di farmi rimanere agganciata a una piccola delusione senza importanza.
Tempo due minuti, giuro, sento i passettini di Matilde sul parquet: “Mamma posso venire nel lettone? Ho fatto un incubo”.  Avrei voluto risponderle: “Vieni, vieni, ho fatto un incubo anch’io”.
Mi è salita “in collo” (a Firenze si dice così, non “in braccio”, le braccia possono tenere anche distanti, invece i bambini vanno tenuti attaccati, con la faccia nell’incavo sotto l’orecchio, per percepirne il calore, e la testolina sotto il naso, per gustarne l'odore). Mi si è allacciata come un Koala, calda e profumatissima di bavetta. Nel sogno quando mi sono posizionata nel mio guscio, non ho sentito nessuna resistenza, combaciavamo alla perfezione (era una sensazione troppo perfetta, irreale), invece Matilde mi ha conficcato le ginocchia nel costato e i gomiti nel seno dando vita a una tortura dolcissima che mi ha tolto il sonno e restituito la serenità. Ha sconfitto il mio inconscio con facilità. I miei sentimenti sono più forti dei miei ormoni e la realtà è molto più bella dei sogni. Io sono per gli altri morbida, calda e accogliente, io li faccio sentire al sicuro e importanti.
Io sono il guscio. Dei miei figli, dei miei studenti, probabilmente anche della mia mamma e perfino di chi mi conosce appena. E’ la mia natura, io sono fatta così.
Essere un guscio è bellissimo, basta ascoltare i campanelli e non dimenticarsi di cosa sia importante, scrollarsi di dosso tutto quello che non lo è.

lalla

domenica 17 novembre 2019

Arno Terribile

Vivo nel quartiere di Sant’Ambrogio, sotto il livello dell’Arno.
Al momento dell’acquisto della casa avevo del tutto sottovalutato la questione.
Poi, durante i lavori di ristrutturazione, da alcuni pannelli di legno nel mezzanino saltarono fuori panconi di terra secca, che ci faceva della terra a 4m di altezza? A svelare l’arcano fiorirono gli aneddoti dei vicini: nel 1966 l’appartamento (P.T. + mezzanino) fu completamente sommerso di acqua, o meglio, di melma (per non dire merda) e gli occupanti si salvarono arrampicandosi dal giardino sul balcone del primo piano. Da allora ogni piena mi terrorizza. E’ pur vero che dall’ultima alluvione di Firenze qualcosa è stato fatto (tipo l’invaso di Bilancino), basterà? Non ci resta che sperare di esser stati più bravi che con il Mose di Venezia. In ogni caso, penso che se la Natura decidesse di mettersi “di buzzo buono”, non ci sarebbero invasi, dighe o argini capaci di fermarla.
Non riesco a non pensare a tutta la mia vita che verrebbe spazzata via, ai miei quadri, alle mie foto, ai miei ricordi. Ho persino ideato un piano di evacuazione, ma non credo che al momento del bisogno (tutta impanicata) sarei capace di metterlo in atto.
Ciò nonostante, pur non arrivando ai livelli di incoscienza di Turner (che si fece legare all’albero maestro di una nave durante la tempesta), anche io sono attirata dal lato Sublime e Terribile della Natura.
Un’oretta fa sono andata sulle sponde a veder passare il mostro che ruggisce (la piena era prevista per le 12.00). Prima sono salita su Ponte alle Grazie per osservare il Ponte Vecchio (la zona Uffizi è dove il passaggio si strozza di più) e poi proprio su Ponte Vecchio
per fotografare il nostro Liceo che sfidava la furia dell'Arno. Mi ha dato un po' di brividi salire sui ponti, ma ho pensato " se hanno resistito 35 anni fa...". Il rombo delle acque era assordante. Spaventoso, eppure non ero sola su quelle sponde, tanta potenza terrorizza, ma in un certo senso attrae. Incute un forte rispetto, diciamo che è capace di ricollocarci al nostro giusto posto, quello di ospiti di questa Terra. Noi esseri umani ci riteniamo tanto superiori, ma alla fine non siamo altro che piccole formichine in balia degli eventi atmosferici.
Non sono un’esperta, ma mi sembra che verso le 13.00 il livello stesse già calando, anche per oggi spero di non finire sott’acqua. Penso a quelli che purtroppo in questi giorni ci sono finiti (a Venezia, a Matera) e che di certo ci stanno finendo in questo momento, da qualche parte, in giro per l'Italia.
Pare che domani voglia ricominciare a piovere, ancora. Sono quasi tre settimane che non fa altro che piovere, stanotte sembrava che stesse scendendo il diluvio universale. D'accordo la potenza sublime della Natura, ma a questo punto s'è capito, anche meno va bene.
Il primo che mi dice che l’Autunno è la sua stagione preferita, Novembre è un mese meraviglioso o che l’acqua fa bene alle piante, me lo mangio per colazione.
Teniamo duro ancora un po' va, che stanno già montando le lucine per le strade e, se una tempesta non se le porta via, tra poco è Natale!

lalla

martedì 12 novembre 2019

44

Oggi compio 44 anni e sono ancora una bambina, infatti la prima cosa che mi viene da pensare (o meglio, fischiettare) a riguardo è “44 gatti in fila per sei col resto di due, col resto di DueeeeeEEEE!!! ZAM ZAM!”
La seconda è che, se le donne in Italia vivono in media 85 anni, da oggi posso finalmente definirmi “una donna di mezz’età”. Che culo.
Ed ecco subito il terzo pensiero “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita…” Che culo per la seconda volta, io non voglio smarrire proprio niente! Banalissima “crisi di mezz’età”  via da me che sarò pure un po’ pazza, ma banale proprio per niente!
Va bene, niente crisi, ma un po’ di dubbi esistenziali ce li avrai, no?
Allora ci penso meglio… trovato!
Ecco un dilemma che mi ha sempre tormentato:  perché tutti dicono di togliere il nero dai peperoni grigliati dato che le verdure sbruciacchiate sono cancerogene e poi in farmacia ti vendono il carbone vegetale? E’ il peperone a essere particolarmente assassino o lo sono i farmacisti?
E anche, quando negli anni ’90 (da certe citazioni temporali i 44 si percepiscono tutti) c’erano le bancarelle che vendevano le pseudo Lacoste con la codina del logo girata male, fu adottato il termine “tarocchi=falsi”, perché? La lettura delle carte è forse una fregatura più grande di una borsa di Cucci?
Allora, se potete, datemi una mano a risolvere questi gravissimi dubbi esistenziali, invece non ho bisogno di aiuto riguardo al perché si dica “fare il portoghese” quando vuoi entrare senza pagare o altre cose così, in questa mia mezza età sui fondamentali mi sono informata!
Scherzi a parte, anche se li ho compiuti solo alle 7.30 di stamani, avere 44 anni mi piace molto.
Non solo perché mi piacciono graficamente i due quattro uguali e il suono che fanno quando lo dico.
In generale mi piacciono i miei compleanni perché mi piace ricordare e misurare il tempo che passa. Mi piace crescere e quindi, in sostanza, mi piace anche invecchiare.
Non è una cosa strana, è una cosa giusta.
Molte persone si vergognano di invecchiare, soprattutto molte donne. Un po’ perché “gli uomini quando invecchiano diventano più interessanti”, “come sono affascinanti gli uomini brizzolati!” E le donne? Le donne invece quando invecchiano diventano una schifezza e tanto per tirarle su di morale fioriscono i modi di dire simpatici e burloni tipo “hai il sale e pepe nei capelli”, “hai le zampe di gallina intorno agli occhi”… ma cosa ho al posto della faccia: l’occorrente per fare il brodo? Evidentemente sì e l’hai appena acquistato al supermercato, infatti sulla bocca  ti sta venendo “un codice a barre”.  Ma che carini!
Cosa dovrebbero fare allora questi poveri sacchetti della spesa ambulanti? Ma che domande! Dovrebbero immediatamente correre ai ripari attuando tutta una serie di interventi più o meno invasivi, dallo scontato tingersi i capelli grigi, al quotidiano stuccarsi la faccia di intonaco, fino allo stirarsi le rughe e tutti i lineamenti (con il bisturi, quando l’intonaco non basta più) e alla definitiva mummificazione iniettandosi il botulino… altro dubbio esistenziale: ma il botulino non era un batterio che se avevi la sfiga di mangiartelo ti spediva allegramente all’altro mondo? Siamo sicuri che faccia tanto bene iniettarselo nella faccia? Solo se lo ingurgiti nell’esofago è particolarmente assassino o lo sono i chirurghi estetici?
Ma io mi chiedo: perché? Perché donne sottostate a tutto questo? Possibile che ancora pensiate che un segno del tempo possa in qualche modo svalutarvi? Ma ribellatevi, porca miseria!
Certo, anche a me piace truccarmi un po’, ma essendo ancora una bambina lo faccio come un gioco di travestimento, come lo facevo a 8 anni con i Truccosetti e cioè mettendomi un po’ di rossetto scintillante, la riga nera e l’azzurrino sugli occhi. Io mi rifiuto di stuccarmi la faccia, la pelle è mia, le rughe sono mie e guai a chi le tocca!

In questa foto purtroppo non si vedono abbastanza i miei splendidi capelli bianchi, ma ero appena uscita dalla doccia e le mani sono avvizzite dall’acqua calda: si vede la mia pelle. Io non sono una statua di cera, io sono vera, io sono viva, io sono fatta di tessuto biologico che (nonostante un giornaliero ricambio) deve per forza portare i segni di questi 44 anni.
Mi fa piacere che si vedano perché io li ho vissuti intensamente e sono fiera di ricordarmeli tutti, in ogni minimo dettaglio, uno per uno.

lalla

P.S. La ricerca della zampa non è stata così facile e dal Pollaiolo io e Matilde siamo state più di 30’ in coda. “Signora, dopo le cosce e le alette desidera altro?”
“sì, grazie, vorrei una zampa di gallina”.
Le altre persone che ci guardano stupite neanche avessi chiesto la Luna e lui, sulla difensiva: “no, non posso vendergliela”.
“Perché no? Questi polli avranno avuto dei piedi o erano tutti mutanti? Per favore…”.
“Va bene, aspetti qui” scappa sul retro e poi mi passa un pacchettino sottobanco, neanche stessi acquistando della droga, e mi sussurra: “ma mi scusi, a lei cosa serve una zampa di gallina?”
E io, a voce alta: “Ma è chiaro, no? Per farci una pozione magica!”.

lunedì 11 novembre 2019

sono fiera di me

Sono fiera di me.
Ieri i genitori delle due bimbe che ho ritratto sono venuti a prendere il quadro.
Quando inizio un lavoro li rassicuro sempre: “nessun acconto e se il risultato non dovesse piacervi, non preoccupatevi, lo terrei io”. D’altronde, hanno rifiutato tele a dei mostri sacri come Caravaggio, non lo considererei certo un oltraggio se prima o poi rifiutassero una masonite a me.
Comunque, il giorno che il committente viene è la prima volta che vede il quadro e io sono sempre molto emozionata, non tanto per il rischio di tenerlo con me (non sarebbe un dramma, mi affeziono a tutti quelli che faccio), ma perché ciò significherebbe che l’ho deluso e questo in effetti mi dispiacerebbe.
Stavolta i soggetti erano due e sapevo fin dal principio che sarebbe stato molto più complicato (ma anche parecchio stimolante). Era importante capire i due caratteri, sottolineare le due individualità, ma anche catturare i punti di contatto, creare un dialogo di atteggiamenti e di sguardi, tra loro e con lo spettatore. Che sfida! Solo quando sono arrivata alla fine, mi sono resa conto di avercela fatta e mi sono sentita soddisfatta.
Ma in ogni caso, ieri me ne stavo un pochino sulle spine.
Invece, l’espressione che hanno fatto davanti al quadro è stata meravigliosa, direi (dal mio punto di vista) abbastanza emozionante. Come se avessero riconosciuto immediatamente le proprie figlie, ma per la prima volta le stessero guardando in un modo diverso (e in effetti era vero perché lo stavano facendo attraverso il mio sguardo). Vederle così, come le ho viste io, gli è piaciuto molto.
C’è qualcosa di davvero bello in tutto questo e non è propriamente l’aspetto del quadro.
Un po’ mi dispiace non farlo vedere anche a voi nella sua interezza, ma potete anche accontentarvi di un particolare perché il bello non sta nell’oggetto, bensì nelle sensazioni che ho provato io realizzandolo e in quelle che loro hanno provato (e spero proveranno ancora) osservandolo.
Infondo non conoscete le due bambine, forse non conoscete neanche me, non potreste comunque afferrare granché dando un’occhiata veloce a un’immagine su uno schermo digitale. Può darsi invece che possiate farlo di più leggendo queste parole, se vi fidate di me.
Allora fatelo, fidatemi di me, e capirete perché oggi mi sento così fiera.

lalla

"Ritratto di due sorelline", olio su masonite, particolari.

sabato 26 ottobre 2019

essere bravi, non basta

Come cerco sempre di spiegare in classe, non si giudica quanto sia stato bravo l’artista o la bellezza di un’opera d’arte, né di una performance, quanto la sua efficacia. In poche parole un’opera d’arte ha davvero valore se ci racconta qualcosa dell’artista o della società che l’ha prodotta, comunica il messaggio che si voleva comunicare o ottiene l’effetto che si cercava di ottenre.
Ebbene, vorrei far sapere agli studenti che ieri hanno bloccato la porta della mia scuola in piazza Frescobaldi, a coloro che si son sentiti tanto bravi per la propria performance, per “averla tirata in tasca” ai professori e alla scuola, che forse la prossima volta dovrebbero fare maggiore attenzione.
Perché a ben vedere, aldilà dell’essere stati furbi e scaltri, il messaggio generale che hanno diffuso, non può dirsi univoco e ben comprensibile. Dico davvero: poca chiarezza e coerenza ragazzi, questo è un problema.
Innanzi tutto, erano girati volantini che inneggiavano a far sciopero il 25 ottobre contro l’ampliamento dell’aeroporto, eppure, davanti all’ingresso ostruito del Capponi, nessun cenno a questa motivazione, sventolate invece cartelli con scritto “NO TAV”. Cos’è, la voglia di rispettare il clima e non inquinare vi ha spinto a riciclare i cartelli dell’anno scorso? Poi, verso le 9.00, ve ne siete andati in piazza Santo Spirito, a fare cosa (oltre che a fumare e socializzare allegramente)? No, sul serio, chiedo perché sono curiosa, siete andati a parlare di clima (dopotutto era venerdì), sicurezza, aeroporto, a riflettere sull’antico detto “piove, governo ladro” o a vantarvi della vostra bravata?
Forse sono io a essere un po’ tonta, può darsi, ma se davvero avete a cuore qualcosa e volete ottenerlo, dovrete parlare alle masse (che facilmente fraintendono) e, ricordatevelo, i messaggi dovranno essere più chiari.
No, perché ieri, anche uno in buona fede, poteva capire male.
Per esempio, poteva pensare che non manifestavate contro l’aeroporto, bensì contro quei poveracci dei custodi. Ma certo, non vi sembrava abbastanza fargli pulire l’urina (che puntualmente viene diffusa a pioggia nei bagni dei maschi) e quindi avete ideato la furbata di fargli spaccare la schiena per riportare i banchi al primo piano (tutti quelli che avevate accatastato nell’androne). Ganzi davvero, come minimo c’avete trent’anni di meno, se vi garba di far traslochi, la prossima volta vi suggerirei di farli a casa vostra.
Oppure, una meno in buona fede come me, poteva pensare che non volevate far lezione e basta, che volevate prendervi un giorno di vacanza. Per questo il trasloco: perché una volta che i carabinieri (pagati anche dalle mie tasse) invece di essere impiegati in qualcosa di socialmente più utile (complimenti ancora ragazzi), sono venuti a tagliare la catena e forzare i lucchetti nel cortile, se voi non aveste accumulato tutti quei banchi e reso momentaneamente inagibile la scuola, saremmo entrati tutti a far lezione… non sia mai!
Ma lasciamo perdere cosa può aver pensato un’insegnate secchiona e un po’ stupida, che pur di non perdere un’ora di lezione, va a scuola anche con la febbre e accompagna i ragazzi nelle uscite nel suo giorno libero.
C’è di peggio.
Volete sapere che tipo di messaggio è arrivato ieri a tutti coloro che non facevano parte della vostra "task force" di furbacchioni e scaltri, cioè a tutti gli altri studenti, soprattutto a quelli di prima (che si accalcavano spaesati su ponte Santa Trinita con lo zaino carico di libri e le cartelline, chiedendomi se potevano almeno consegnarmi il disegno lì)?
Credetemi, non è arrivato nessun messaggio a favore del clima o contro l’aeroporto, bensì, solo e soltanto, che loro non avrebbero potuto scegliere (se entrare e far lezione o se rimanere fuori e manifestare) e che dovevano imparare a chinare la testa e basta.
Gli avete insegnato qualcosa di terribile: che loro, come singoli, non avevano il diritto di pensare diversamente o agire diversamente dal gruppo.
Allora, voglio che sappiate come la penso io, voglio dirvelo con chiarezza, perché così vanno dette le cose a cui si tiene davvero: chi pensa di avere ragione e decide di imporre il proprio pensiero sugli altri in modo violento, privandoli dei propri diritti e della libertà di scelta, potrà anche avere successo, ma avrà sempre, decisamente, torto.

lalla

P.S. Può darsi che io abbia capito tutto al contrario: magari non sono stati degli studenti. Magari.

mercoledì 2 ottobre 2019

in pericolo, ma fiera

Non esiste esperienza più pericolosa e gratificante di dipingere il ritratto di una bambina su commissione.
Pericolosa, perché io proverò a capirla in pochissimo tempo, nonostante il fastidio di farsi fotografare e attraverso tutte le maschere che indosserà per difendersi da me. Che sono un’estranea armata di Canon e parecchio curiosa, non c’è di peggio. E la mia casa non è il suo ambiente naturale (dove sarebbe stato più facile nascondersi), ma ci sarà sempre la sua mamma con lei e di solito, con un po’ di pazienza e una merenda, l’imbarazzo la abbondonerà e mi lascerà entrare per conoscerla.
Dopo circa un’ora (spero non troppo brutta per lei) ci saluteremo, ma anche se io non dovessi rivederla mai più in carne e ossa, passeremo ancora tanto tempo insieme.  Nel mio studio resteremo sole. La guarderò a lungo negli occhi, dovrò scavarci dentro e razzolare nel profondo, alla ricerca di quel qualcosa che è lei. Quando mi sembrerà di averla trovata, proverò a catturarla con delle pennellate di colore. Non sarà facile, mi impegnerò con tutta me stessa.
E’ davvero una cosa pericolosa, perché quando io penserò (stremata) di esserci riuscita, quello che crederò di aver visto infondo a quello sguardo forse (probabilmente) non corrisponderà a quello che ci ha sempre visto (o vorrebbe vederci) la sua mamma. So già che, nonostante tutto il mio impegno, il rischio di deluderla non è propriamente un rischio, ma più una discreta probabilità.
Gratificante, perché mi renderà davvero fiera pensare che una mamma innamorata della sua bambina avrà così tanta fiducia in me da affidare gli occhi di sua figlia ai miei occhi. Che sono diversi dai suoi, ma che in ogni caso la guarderanno e la ameranno sinceramente.
E’ questa sincerità, io credo, l’unica attenuante che di solito salva il risultato del mio lavoro dal rigetto di quella mamma.
E se anche questa volta, che le bimbe sono due (insieme), io riuscirò a cavarmela, non potrò che dire grazie. A tutte e tre.
Con una speranza: che nel lungo periodo, le due ragazze (e donne) possano sempre ricordare e apprezzare ciò che io ho visto dentro di loro.


lalla

martedì 1 ottobre 2019

sono troppo, sono per niente

C’è un problema grande.
Mando segnali sbagliati, oppure sono gli altri che li capiscono male.
Anzi no, mi sa che i segnali sono giusti, gli altri li capiscono fin troppo bene e così mi fregano.
Cerco di cavarmela da sola e di non rompere le palle (chiedendo favori a destra e a manca), le persone ne deducono che io non abbia mai bisogno di aiuto (e neanche di tante attenzioni).
Provo ad aiutare quelli che me lo chiedono e mi viene naturale di fare tutto ciò che posso per gli altri, così le persone intuiscono che io sia una fonte inesauribile e che se c’è da fare qualcosa, nessun problema, basta chiedere alla lalla (che tanto quella bischera se ne sta lì impalata senza fare niente, in attesa di servire).
Mi impegno per invitare gli amici, proporre e organizzare, di conseguenza le persone ipotizzano che non ci sia bisogno di fare altrettanto e, se non lo faccio io, passano mesi  (o anni) senza un contatto.

Cerco di trasmettere intorno a me gentilezza, gioia ed entusiasmo, così le persone pensano che io sia eternamente felice. Che come un'ameba galleggi in uno stato di grazia intoccabile e che non abbia bisogno mai di niente. Che qualsiasi sentimento introspettivo e profondo in fin dei conti non mi appartenga.

Mi sono sempre fatta coraggio e ho trovato il modo di andare avanti anche dopo enormi batoste, perciò le persone si sono convinte che io sia indistruttibile (che possa essere colpita, con piccoli e grandi urti, in eterno). Che insomma io sia una specie di pungiball e che possa sopportare ancora e ancora, all’infinito. In ogni caso, a loro non interessa.
Vado avanti con quello che la vita mi da senza lamentarmi troppo, anzi con gratitudine (perché in effetti la vita mi ha dato tanto), per questo le persone suppongono che io per me non desideri più niente. Forse, pensano perfino che quello che ho, sia troppo. Cioè, se proprio devono provare un sentimento nei miei confronti, la maggior parte delle volte, è l’invidia.
Dato che io mi piaccio abbastanza e non mi vergogno di me stessa (anzi, me ne vado in giro vestita come una rificolona), né cerco di nascondere gli anni che passano (neanche mi tingo i capelli), le persone pensano che io sia molto sicura di me e che non abbia bisogno di conferme, quindi che non mi piacerebbe essere desiderata, né corteggiata.
Mi arrangio e sto bene anche da sola, quindi le persone credono che io mi basti, cioè che non mi piacerebbe avere un’altra persona accanto, né essere amata.
Calma adesso, non cominciamo a dire: “tu non sei sola, tu sei circondata da tante persone che ti amano” perché in questo discorso non valgono i figli (geneticamente progettati per amare la propria madre), non vale la mamma (per la medesima ragione), né tanto meno tre gatti spelacchiati (in cerca di protezione, coccole e cibo).
Se io sospetto (piuttosto fondatamente) che la stragrande maggioranza dei maschi sia incapace di amare incondizionatamente qualsiasi altro essere umano ad eccezione di se stesso (la mamma non vale, vedi protezione, coccole e cibo), subito le persone pensano che non mi piacerebbe essere smentita e incontrare finalmente un’eccezione.  Tutti coloro che sono forti e solitari, anelano nel profondo di essere smentiti.
Io non sono insensibile.
Quando le persone mi sfruttano io lo percepisco, mi disturba e mi fa sentire usata.
Io non preferisco la solitudine.
Quando le persone mi ignorano io lo percepisco, mi disturba e mi fa sentire dimenticata.
Chi mi vuole bene mi dice: “Sei troppo buona”, “Non sai dire mai di no”, “Ti preoccupi troppo per gli altri”.
Non ci posso fare niente: se vedo sorridere qualcuno per merito mio, mi sento felice.
Come faccio a cambiare? Forse dovrei provarci perché altrimenti il problema non si risolve, però in realtà io sono fiera di essere così. Non posso credere che questa non sia una cosa bella: esser felici della felicità altrui. Io non voglio cambiare proprio per niente... non è che per caso tutti gli altri potrebbero smettere di approfittarsene? Di me e di tutti quelli come me (non sono mica l’unica scema sulla faccia della terra).
Non accadrà mai. Ormai l’ho capito, pace.
Invece, per quanto riguarda gli uomini, proprio non mi capacito.
Ora, io non dico di trovare l’amore, per carità, ma manco uno che mi inviti a uscire?! Cioè, un povero Cristo che mi trovi un minimo interessante e che abbia voglia di passare un po’ di tempo con me? Sono davvero così repulsiva o c’hanno tutti dei gusti di merda? Perché altrimenti non si spiega!
La questione inverosimile è che non si tratta di adesso, bensì di sempre (cioè anche di quando ero una ventenne oggettivamente molto gnocca). Via, bisogna che ne prenda atto: sarò pure dolce e sorridente, ma globalmente respingente. Non c’è verso, mi sa che sono un caso da studiare in laboratorio e che emano un ormone speciale che li scaccia. 

La mia mamma (quella che mi ama) dice che con me i maschi si spaventano: “perché sei troppo intelligente, sei troppo bella e sei troppo brava in tutto quello che fai”.
Sono troppo bella e brava? Ma quando mai!? E quindi? Dovrei farmi uno sfregio sulla guancia? Dovrei iniziare a disegnare gli omini-stecco?
Recentemente mi è anche stato detto: “In effetti non ti mancherebbe niente quindi è sicuramente una questione di atteggiamento: sei troppo sincera e trasparente”.
Dovrei essere falsa? Imparare a raccontare un po’ di cazzate?
Mi sa che è vero, ma proprio non posso, tolleranza zero verso bugie e falsità.
E quindi, ecco la dura verità: non sono emotivamente sicura di me, avrei anch'io tanto bisogno di protezione e di coccole (una montagna di coccole, cibo no grazie, sennò divento un barile).
Ma io mi conosco, se incontrassi qualcuno che mi piace, se mi invitasse a uscire, dopo due o tre moine finirei per innamorarmi di nuovo e ricadrei nella solita modalità geisha. Sarei ancora io a prendermi cura e non viceversa. Basta: non va bene per niente, fortuna che mi stanno alla larga! Il mio ormone è, evidentemente, difensivo.
Sono troppo. Sono per niente.
E io che da bambina pensavo che bastasse essere me stessa. Che prima o poi avrei incontrato qualcuno a cui sarei piaciuta così come sono, senza se e senza ma.
Romantica e cretina, altro che intelligente.

lalla