mercoledì 16 novembre 2022

per il mio compleanno: un bel sabba di streghe, una pessima influenza, ma finalmente si colora!

Novembre è un mese oggettivamente di cacca: umido, buio, insalubre… uno schifo, via.
Meno male che c’è il mio compleanno a tirarmi su di morale (per questo lo faccio durare parecchi giorni, tipo una festa del perdono*)!

Venerdì 11 ho organizzato un bel sabba di amiche streghe per festeggiare. Lo faccio tutti gli anni e devo ammettere che vengono proprio ganze queste cenette novembrine al femminile. Tutto molto gradevole: la compagnia, il cibo vegetariano (credetemi che me la cavo tra i fornelli, anche con la cucina senza grassi), l’atmosfera rilassata e un po’ cospiratoria, le risate fino a tardi. Verso la mezzanotte ho spento le candeline sui miei dolci blu (belli e buoni). Quest’anno i regali sono stati uno spasso! (A proposito: ma come sono belline le mie amichette che a quest'età ancora mi fanno i regali?)
Le vere animatrici della festa sono state sei meravigliose cocorite blu, verdi e azzurre che mia mamma mi ha incautamente fatto recapitare a sorpresa. Incautamente perché io adoro i pappagalli (e il Blu) e questa è cosa nota, ma se in quarantasette anni non avevo mai scelto di prenderne una coppia (e sei?), ci sarà stato un perché.
E in effetti, volendo esagerare, i perché sono due.
Primo, io amo la libertà, non riesco a tenere manco i miei gatti in casa, figuriamoci quanto mi strazi un uccello (anzi 6) in gabbia.
Secondo, i miei coinquilini pelosi sono dotati di artigli e di un feroce istinto predatorio verso i volatili.
L’ultima temibile assassina di casa, nonostante sia ancora una cucciolotta di tre mesi, ha rischiato la crisi di nervi nelle dodici ore che le eteree cocorite sono rimaste in casa. La smania di volerle (doverle) divorare l’ha torturata, non faceva che miagolare e contorcersi disperata, la frustrazione di non poterle agguantare era terribile. E terribile deve essere stato per loro vedersi girare intorno una piccola leonessa famelica.
Quando al mattino, all’ennesimo tentativo di assalto alla gabbia, l’ho trovata con qualche piumetta colorata in bocca, ho deciso di chiamare la mia mamma e rispedire a casa gli splendidi cioccolatini blu con le ali onde evitare spettacoli macabri. Mi è dispiaciuto molto non darle soddisfazione, ma qui si rischiava il massacro o l'infarto (in ogni caso, roba non piacevole). Adesso le splendide creature blu risiedono in campagna, in un’enorme voliera che fu costruita per ospitare dei piccioni, meglio va’.
Un altro buffo diversivo è che mi sono state regatate ben quattro sciarpe, neanche a mettersi d’accordo!
Ora, anche che io sia persona freddolosa è cosa nota, quindi le sciarpe non le rispedisco a nessuno e me le tengo con gratitudine, sono tutte diverse e mi torneranno utili.
Sabato 12, dopo aver cucinato e festeggiato fino a notte fonda ed essermi alzata presto per risistemare la casa, ero un po' cottina, ma ho comunque imbastito un pranzetto cinese con la mia mamma e i miei figlioli. Anche loro mi hanno fatto splendidi regali. La Piccola Fata, una spilla a forma di pesce blu realizzata da lei con la penna 3D e impacchetta in modo fantastico (è super creativa questa bimba) e il Re dei Sugolini, dei bellissimi guanti in pelle (perfetti con la mia collezione di sciarpe!).
Relax e coccole, che bel compleanno.

Poi, domenica 13 (primo giorno del mio quarantottesimo anno), è venuta a farmi gli auguri anche la vecchia cara amica influenza. Avete presente quella che ti agguanta la testa, ti brucia gli occhi, ti ingolfa di muco e ti spezza le ossa? Proprio lei.
Quanto tempo... quasi non mi ricordavo più manco che esistessi e invece eccoti qua, stronza come prima. Mascherine e distanziamento ci avevano tenute lontane, senza offesa eh, ma per me potevamo anche esserci dette addio per sempre.
Magari! Ma ti ci sei sempre trovata così bene nel mio corpo, figurati se alla prima occasione non ci tornavi.
Sappi però che io non ti avevo invitata e, passino la febbre e il resto dei disturbi (sono una vita che me li regali), ma non ti perdono il tempo che stai rubando alle mie classi.
Per colpa tua in questi giorni non vado a scuola e sto facendo saltare verifiche, spiegazioni, revisioni... sono ore realmente perse e irrecuperabili, la prossima settimana si accumulerà tutto e sarà un delirio. Danneggi le mie studentesse e i miei studenti, non solo me.
E ovviamente hai impestato anche i miei figlioli. Sei pessima, sappilo.
Ma oggi mi sono alzata un pelino meglio (tié) e vedo la luce in fondo al tunnel, potresti per una volta levare le tende in tempo utile senza le consuete complicazioni? Per favore...
Intanto stamani mi sono messa a disegnare (che goduria!), ora anche al computer e dopo pranzo riprendo in mano le cose di scuola e riorganizzo il mio rientro. Non ci voglio stare un minuto di troppo a bacheggiare nel letto, ho intenzione di fare un sacco di cose in questo quarantottesimo anno di vita e il tempo è sempre poco (pochissimo), quindi sarà bene darsi una smossa.
Al lavoro lalla, al lavoro!

Lalla

* le "feste del perdono" si svolgono nel mese di settembre in alcuni paesi del Valdarno, durano circa quattro giorni, sono animate da fiere, giostre e si concludono con i fuochi d'artificio.

Ecco la prima illustrazione per il nuovo libro "Rosso Leonardo": un timido e febbricitante omaggio all'Incubo di Johann Heinrich Füssli, realizzato con acquerelli e matite colorate.

venerdì 29 luglio 2022

17

Le gravidanze, non sono tutte semplici. E partorire non è sempre una cosa naturale. Non per tutte. Mi hanno allettato e imbottito di medicinali per tenerti dentro di me e alla fine mi hanno fatta a pezzi per tirarti fuori da me. Quarantadue settimane di gestazione, tre giorni di induzione e dodici ore di dolori di espulsione. A mezzanotte e quaranta, quando finalmente sono riusciti a dividerci, un'emorragia portentosa ha lasciato di stucco la decida di camici bianchi che girava intorno al nostro letto di dolore. Sono quasi andata all'altro mondo, ma ormai era fatta: a quel punto tu eri già nato, un po' acciaccato, ma salvo. Ti ho visto solo per pochi secondi, ricordo che mi sentivo così stanca, ma almeno sapevo di avercela fatta; poi mi hanno addormentata per intervenire d'urgenza e riprendermi per i capelli. Ho perso quasi due litri di sangue, tantini dato che il mio corpo ne ha poco più di quattro. 

Ma non importa, non è questo. 

Il giorno dopo ero sventrata e sfatta, ricucita e trafitta, in attesa di trasfusioni e gonfia come un pallone. 

Ma no, non è neppure questo. 

È la sensazione che ho provato rivedendoti da viva. Non potevo alzarmi, non potevo accudirti, ma ti hanno messo sul mio cuore ed io ho provato qualcosa che, non lo so, non si può spiegare. 

È questo. 

Eravamo vivi entrambi, io maciullata e tu con una clavicola spezzata, ma vivi. E tu eri così perfetto, con quella tua splendida testolina a forma d'oliva. Con quella bocca a cuore, il nasino minuscolo e le manine raggrinzite. Mi sono sentita così forte, così fiera, così innamorata. Ho desiderato di riuscire a raccogliere i nostri pezzi, di imparare a prendermi cura di te, di essere all'altezza. Diciassette anni fa, da allora e per sempre. 

É solo questo. Buon compleanno Re dei Sugolini.

lalla

P.S. non siamo insieme in questi giorni, ma so che stai facendo una bella esperienza, stasera vengo a vederti cantare con la tua piccola rockband a Cecina, in bocca al lupo!

martedì 19 luglio 2022

un salto al Peggy Guggenheim, in ciabatte

Sapete quella storia di non mescolare il serio al faceto, il sacro al profano, la cultura bassa a quella alta, portare rispetto e tutta quella roba là?
Io non ce l'ho.
Venezia, 13 luglio, ora di colazione.
Va detto che questo è stato in assoluto il nostro primo viaggio culturale insieme, non avevo mai portato i figli a spasso per musei (ho sempre molta paura di traumatizzarli), quindi cercavo di andarci leggera e inserire ogni giorno diversi tipi di intrattenimento.
Insomma, oggi sono previsti 30°, dopo il Guggenheim volete andare a fare un bagno la Lido?”
Piccola Fata, con fanciullesco entusiasmo: “Sì!!!”
“Va bene, è comodo dai, si prende la linea 1 del vaporetto che parte proprio dalla chiesa della Salute…  prepariamo la borsa con due asciugamani e l’acqua, si lascia al deposito bagagli del museo. Mettiamoci direttamente costume, copricostume e ciabatte.”
Il Re dei Sugolini, con reale indignazione: “Mamma, ma ci porti in un museo vestiti da spiaggia?”
“Certo che sì, Peggy era una donna di mondo, sono sicura che avrebbe capito!”
E fu così che omaggiammo una donna ricchissima e i suoi artisti, in costume, infradito e senza vergogna, piacevolmente sopresi di essere cromaticamente coordinati con un buon numero di opere.

A dire il vero, anche per me era la prima volta al museo di Venezia (ero stata al Salom ni NYC).
La collezione è allestita nel palazzo “non finito” (è rimasto a un solo piano) che fu l’ultima abitazione dell’ereditiera e mecenate Peggy Guggenheim. Il tutto è davvero piacevolissimo, con quel suo affaccio sul Canal Grande e quel suo giardino ricco di sculture. 

Peggy è stata una donna liberissima, quasi una sorta di Groupie dell’Arte. Sì, avete capito bene: ho detto proprio "groupie" e la signora non se la sarebbe presa a male, credetemi.  E' stata anche una collezionista eccezionale (con l'aiuto del grande Duchamp). A un certo punto si è sposata Marx Ernst quindi tra le sue opere ovviamente c’è tanto Surrealismo, corrente che, a dire il vero, non è tra le più vicine al mio gusto personale. Con questo non voglio dire che vedere “La vestizione della sposa” dal vivo per la prima volta non mi abbia toccato, anzi: Ernst era un genio diabolico e inquietante, dotato di un’eleganza pittorica visionaria e unica (in particolare mi piace quel suo modo di torturare in alcuni punti la materia con pennellate piccolissime e tormentose).

Puliti ed eleganti anche “L’impero delle luci” e "Magia nera" di Magritte, ma lui è un po’ più freddino, diciamocelo. D’altronde il suo è un Surrealismo atipico, basato sul paradosso e sul ragionamento, più che sulle emozioni.
Invece, so di darvi un dispiacere, ma Dalì quasi sempre non mi piace per niente, sappiatelo, colpa mia che sono una brutta persona. In compenso la purezza e la leggerezza di Mirò mi piacciono un sacco e pure quelle del suo amico scultore Candler (fantastici i suoi pezzi in collezione!). 

Comunque al museo non c’è solo Surrealismo, bensì una spolverata di tutte le avanguardie.
Per esempio: una bella scultura del futurista Boccioni e “La maiastra” 
del rumeno Brancusi, che io adoro; 

non potevano mancare un po’ di pezzi cubisti di Picasso e Braque; due fantastici quadri cubo-futuristi di Severini e Robert Delanuay (Che festa di colori!); 
la mia stanza preferita tutta astratta con l'eleganza di De Stijl, il perfetto Suprematismo di Malevich e il mio grande amore Vassili Kandinsky (solo due quadri, ma da urlo), ogni volta tuffarsi nei suoi colori, inseguire i suoi segni, penetrare nelle sue composizioni, per me è un viaggio fantastico come fu la prima volta.

Piacevolissime anche le due sale con finestra sul Canal Grande, in una sculture in vetro e opere erotiche e giocose, in quell'altra, alcuni lavori di Jackson Pollock (pensavo ce ne fossero di più dato che Peggy praticamente lo sostenne in vita con una reddita mensile a fondo perduto). Quelli che c'erano hanno confutato in me la diceria che l’Action Painting fosse caratterizzato da tinte fluide che non creavano effetti di spessore materico (certo che delle volte anche i libri di testo ne sparano di cavolate: certi bioccoli!)

Insomma, in verità c’erano davvero tante opere da ammirare e, come sempre, tante cose da imparare. Tante ma non troppe e così Elia e Matilde se la sono cavata benissimo, alla fine del giro non erano stanchi (né traumatizzati mi pare), ma soddisfatti. 
Dopo siamo andate al Lido e ci siamo godute un bel bagno in mare con gli occhi ancora pieni di bellezza, io e la Fata. Il Re era ovviamente con noi, ma ha preferito stare steso a rosolare sulla sabbia, non gradiva l'acqua torba e aveva paura delle meduse. 
E vabbè, si sa che i monarchi sono un po' stucchini, invece noi donne magiche non abbiamo paura di nulla.
Grazie cara Peggy per averci ospitato nella tua bella casa, la prossima volta che vengo, prometto di indossare biancheria d'ordinanza e un paio di scarpe!

lalla

lunedì 18 luglio 2022

incoronata

Caro SARS-CoV-2,
infine anche noi, per la prima volta, ci incontriamo.
Come sai, da marzo 2020 mi sono chiusa in casa per mesi e, anche successivamente al primo rigidissimo lockdown, ho girato più mascherata di Zorro. Ho rinunciato quasi completamente alla mia già miserrima vita sociale e mi sono inimicata vari conoscenti scansandomi ad ogni tentativo di abbraccio.
Non te la prendere a male se non volevo incontrarti, niente di personale, però al principio ti ho molto temuto, soprattutto temevo che potessi usare me come veicolo per colpire le persone che amavo. E anche che non amavo né conoscevo, ma che comunque non si meritavano di morire a causa mia. Sono stata un esempio di rettitudine: totale rispetto di ogni restrizione e regola anti-Covid19.
Eppure i rischi di incontrarti c’erano comunque: da settembre 2020 ho soggiornato in aule ricolme di giovani affetti dalla sindrome “della mascherina calante”, ho girato tra banchi infetti e corretto disegni sputacchiati. Per due anni ho visto ammalare la quasi totalità dei miei studenti e delle mie colleghe. Perfino i miei figli si sono ammalati questo aprile e io l’ho magicamente scampata perché erano dal padre.
Ma chiaramente, era solo questione di tempo, prima o poi anche io e te ci saremmo incontrati.
Adesso che sono più incoronata della regina Elisabetta II, trovo che sia il caso di fare insieme alcune considerazioni.
E, nonostante i primi tre giorni di smania e dolori, disturbi intestinali e febbre a 39° (provocate da te, sia chiaro), non sarò polemica, né lamentosa, lo giuro. Probabilmente il fatto che oggi il termometro non superi i 38°, mi mette di buonumore ed infatti eccomi qui tutta allegra a digitare sulla tastiera.
Comincio subito col dirti grazie.
Un enorme grazie. Di aver aspettato due anni a conoscere me e soprattutto la mia mamma (attualmente incoronata quanto me). Diciamocelo, appena sei arrivato eri proprio uno stronzo e non ci saremmo piaciute per niente. Hai fatto delle stragi orribili e probabilmente avresti provato a farci fuori entrambe (soprattutto lei). Grazie di averci dato il tempo di vaccinarci e di esser gradualmente mutato in modo intelligente: più trasmissibile e meno letale. Non faceva comodo neanche a te uccidere il proprio ospite, lo capisci vero?
Quindi, per cortesia, vediamo in futuro di non ricadere in una spirale di eccessiva violenza. Tanto s’è capito che ti trovi bene da queste parti e che sei diventato endemico; allora rompicoglioni ok, ma assassino anche no.
Poi grazie di avermi concesso, in questi due anni e mezzo, di fare tante cose belle nonostante te. Tante riunioni a Reggello con ridicole e fantasiose apparecchiature “a distanza” e foto di gruppo “scomposte”, alcuni piccoli viaggetti con la mamma e Silvia, due estati al mare e le altre stagioni comunque passate in qualche modo sempre accanto alla mia famiglia, anche se talvolta un po’ spezzettata.
Grazie di aver aspettato, in questo luglio, che io potessi completare fino in fondo il mio dovere (ho concluso gli esami di maturità il 9) e di scatenarti sul mio corpo la notte del 14, dopo il ritorno da Venezia; perfino questi quattro giorni di bella vacanza con i miei figli mi hai concesso.
Ora, va detto che in situazione di pandemia, la mia efficienza scolastica ha raggiunto livelli paradossali: durante il primo lock-down 2020 ho avuto una polmonite pazzesca per 45 giorni (ok, ok, non provocata da te) e ho continuato imperterrita a far lezione a distanza e registrare video didattici su You-Tube per le mie classi; in quel periodo surreale è stato anche abbattuto il tabù del “diritto alla disconnessione”, sicché da allora messaggi 24 ore su 24 da studenti/sse e colleghe/ghi (le brutte abitudini si sa, si prendono velocemente e non si perdono mai); in questi due anni sono mancata da scuola solo tre giorni per gli effetti post-vaccino (un lunedì d’assenza per ogni dose perché nonostante fissassi l'appuntamento di venerdì pomeriggio sperando di smaltirlo nel week-end, era tale la sberla di febbre e dolori che al terzo giorno ancora ero in stato comatoso); infine nel 2022 anche io prendo il Covid-19 e mi succede a luglio, quattro giorni dopo la maturità, in questo modo posso godermelo durante le vacanze… ma che culo!
Meglio così, almeno per una volta zero sensi di colpa, tié!
Ci scherzo perché penso di cavarmela, davvero.
Non dico che tu sia diventato una passeggiata, ma quale virus lo è mai stato per me?
Nella mia vita, ogni qual volta ho incontrato un coronavirus (uno dei tuoi tanti cugini responsabili di quella che tutti chiamano “una banale influenza”), sono stata da cani. Ora, vorrei capire, cos’avrebbe di tanto banale l’influenza? Cinque devastanti giorni di febbre (di cui tre altissima) naso colante e gola in fiamme, decine di volte su di me si è complicata in bronchite e tre volte in polmonite virale... che dici, con tre vaccini, me la risparmieresti tu?
Invece, ogni qual volta ho incontrato un virus gastrointestinale, ha fatto festa nel mio precario apparato digerente portandomi al limite della disidratazione (come anche tu stai facendo, beninteso), lasciando ripercussioni sul mio fegato per mesi...
Sì, lo so, la colpa è anche del mio corpo: dei miei polmoni segnati dalla Pertosse e dalla prima grande polmonite che ne derivò quando avevo sette anni (allora i vaccini contro la Pertosse non c’erano, feci più di 60 giorni di assenza a scuola, mi è quasi costata la seconda elementare oltre che la salute!) e del mio fegato cronicamente in difficoltà.
E quindi va bene così, scatenati pure, io sopporto e restiamo amici, solo due cose importanti ti chiedo:
1) La mia mamma deve guarire presto e bene.
2) Non mi friggere il cervello, a quello ci tengo.

lalla


P.S. Ripensandoci caro SARS-CoV-2, sai qual è una cosa che potrebbe aver contribuito a rendermi psicologicamente così accondiscendente nei tuoi confronti? Stamani mi sono pesata e ho scoperto di aver perso due chili. Cioè, tu non ti rendi conto: sei riuscito in un’impresa che neppure il lasciamento arrivò a fare!
Shhh! Zitti e buoni! Lo so anche io che sono solo liquidi, ma lasciatemi illudere porca miseria, dopo tutto voi ve ne state da qualche parte a bisbocciare in compagnia e io me ne sto qua, malata e sola: ho tutto il diritto di mentire a me stessa ;-)

sabato 4 giugno 2022

Strega e fiera

Sono perfettamente consapevole della fortuna che ho.
Sono una persona dolce e sorridente, ma anche acuminata e dritta come una lascia. Disturbante come una spina nel fianco. Naturalmente portata al rispondere, al non chinare la testa. Insofferente alle costrizioni.
Se fossi nata in un diverso spazio temporale? Facilmente sarei stata rinchiusa o morta.
Nel medioevo, mi avrebbero sposata bambina, fatta suora e poi bruciata. O bruciata direttamente. Scusate, lo so che il passato è passato, ma la caccia alle streghe e l'inquisizione mi sono rimaste proprio di traverso.
Invece sono nata nel 1975, che culo!
E se fossi nata in un diverso spazio fisico? Facilmente sarei stata rinchiusa o morta.
In un paese governato dalla sharia, anche oggi, mi avrebbero sposata bambina e poi lapidata. O lapidata direttamente. Scusate, lo so che non essendo islamica forse questi non sono affari miei, ma anche l'infibulazione, il burka e altre porcate simili, sono parecchio indigeste.
Invece sono nata a Firenze, che culo!
In fondo, sono Strega e libera solo perché posso esserlo.
Eppure non è propriamente vero, il caso non basta.
Anche nascendo dove sono nata e quando sono nata, potrei essere manipolata, soggiogata, rinchiusa o morta. La mia non è solo fortuna, ma forza di volontà.
Mi prendo i miei meriti: sono Strega e libera perché ho il coraggio di esserlo, nonostante viva in una società (certo più evoluta di altre, ma ancora patriarcale) che non sempre mi rende la vita facile.

Spezzate le vostre catene, Streghe, e liberate il vostro potenziale! La libertà è nostra, ma nessuno ce la servirà mai, dovremo sempre lottare per ottenerla e difenderla. 
Ci pensate mai che per millenni a metà dell’umanità è stato impedito di creare? Ci pensate mai a quante Raffaello-donna o Petrarca-femmina il mondo si è perso per soddisfare il bisogno del genere maschile di dominare quello femminile? Ci pensate a quanto sia stata mutilata l’Arte? Ne abbiamo persa metà.
Io ogni tanto ci penso e mi si attorcigliano le budella per l’ingiustizia. Per la pena verso questo piccolo mondo meschino.
Mi accusano di essere femminista ed effettivamente lo sono. Fieramente.
Cominciamo con l’eliminare la festa della donna (istituita con il nobile fine di ricordare la morte di centinaia di operaie nel rogo di una fabbrica newyorkese avvenuto l’8 marzo nel 1908). Ormai non basta più proprio per niente: le operaie, le artiste, le donne, le streghe morte ammazzate nella storia, magari fossero solo un centinaio!
Quanti femminicidi nella nostra evoluta Italia? Uno ogni tre giorni, giusto?
Ne voglio 365 di feste della donna, porca miseria, non una!
Ma che esagerazione lalla! Qualche maschio valevole, umano e realmente capace di sentimenti, esiste.
Per fortuna questo è vero, ne ho conosciuti perfino io e non vorrei mai apparire iniqua: potremmo istituire la festa dell’uomo il 29 febbraio. Ogni 4 anni mi pare pure troppo. Che portino pazienza questi esemplari evoluti, fin troppa ne abbiamo portata noi.
Tra qualche millennio, quando finalmente saremo pari, se ne riparla.

lalla

la Strega allo specchio con la Sacra Canon

sabato 9 aprile 2022

leggete il mio libro, fatelo per la mia pancia!

Sarebbe bello poter dire: “durante l’autunno e l’inverno sono ingrassata”.
Così, come facesse parte di un ciclo naturale, tipo le bestie che accumulano prima del letargo, una sorta di dato di fatto, ma al passato.
E invece no, la verità è che lo sto facendo tutt’ora. E non so bene come uscirne.
Mi tirano tutti i vestiti sulla pancia! Il fatto è che accumulo solo sopra (e per sopra non intendo le tette, quelle ci sono comunque, purtroppo intendo pancia, braccia e doppio mento). Avete presente la famosa siluette “a mela”? Nel mio caso è sempre stata più “a lattina di Coca Cola con le poppe”… però maschio… ho la ciambella sopra i pantaloni, ma che brutta!
Dio, quanto invidio le donne “a pera” e la loro cellulitica femminilità!


Il problema lo conosco molto bene: la mia è fame nervosa.
E ne basta pure poca (visto il mio metabolismo), quindi non aspettatevi grandi abbuffate (ma magari, della serie: ingrasso, ma almeno mi sfondo di leccornie!). No, il mio fegato non le reggerebbe, ormai da un decennio seguo un regime alimentare appropriato a base soprattutto di frutta, carne magra e verdure, condite con olio a crudo.
Però, da ottobre, mi sono concessa di reinserire un po’ di carboidrati (che di solito rifuggo) e poi, soprattutto, indugio nei dolciumi al cacao (di cui, ammettiamolo, sono diventata dipendente).
Non va bene per niente.
Ultimamente, mi sono perfino concessa un’Icnusa non filtrata a settimana.
Il fegato, ne sono certa, non ha gradito: “per me solo acqua, orzo e tisane al finocchio, prego”.
Ma sapeste invece quanto garba a tutto il resto del mio corpo! E come riesce a farmi staccare il cervello alla fine di una giornata scolastica estenuante e interminabile, dodici ore connessa su Whatsap e Teams. L’intero popolo della scuola è al capolinea, sappiatelo, sia professori che studenti, siamo tutti alla canna del gas (io, al collo di bottiglia, evidentemente).
I disturbi psicologici e alimentari non ce li ho solo io, purtroppo.
Le mie sono bazzecole in confronto alle crisi attraversate dalle mie studentesse e dai miei studenti.


Ma torniamo a me e a problemi meno gravi. In questi mesi ho sbocconcellato impunemente tavolette di cacao all’arancia, oppure mangiato una pizza e bevuto una birra (entrambe proibite), guardando bei filmoni in pieno degrado e relax (pigiamata e plaiddata) sul divano. Da sola, per due motivi: 1. mi vergogno a farlo in compagnia. 2. la compagnia non esiste.
Non sono mica scema: lo capisco benissimo che sono azioni consolatorie, coccole alternative (infatti lo faccio quando non ho i figli con me). E so che non è una cosa sana.
Che si tratta di una ricerca di sollievo e piacere immediato (che funziona pure, ma che a lungo andare mi sta condannando ad assumere la forma di un insaccato).
Di cosa mi devo consolare?
Volete saperlo davvero? Di due cose soprattutto:
1) Del clima opprimente che la pandemia ha imposto nelle scuole. Ha distrutto tanta della bellezza dell’insegnamento e ha reso il mio lavoro terribilmente frustrante.
2) Del fatto che sono delusa che quel merdoso del genio della lampada non abbia esaudito il mio desiderio: non ho trovato un editore, sono sconosciuta al popolo del mondo e nessuna amante del rosa leggerà mai il mio libro!
Poi c’è una certa solitudine esistenziale di fondo, che mi accompagna da tutta la vita (come il desiderio di sfogarla sul cibo).
E ora, anche una nuova guerra. Da sommarsi a tutte quelle che già c’erano.
Infine, devo ammettere una certa ciclicità, ogni tre anni circa mi lascio andare a una leggera, ma progressiva, trasgressione alle mie regole alimentari. E boom: gonfio come un pallone!
Dopo, mi scatta qualcosa nel cervello. Una sorta di schifo per me stessa, uno scatto d’orgoglio, che mi porta di nuovo a auto-contenermi nella mia dieta perenne: niente grassi saturi, niente carboidrati, niente alcolici.
Divento isterica, questo è vero, però dimagrisco.
Per perdere i 6kg accumulati negli ultimi 6 mesi, mi ce ne vorrebbero almeno altrettanti di semi-digiuno e, una volta persi, la gioiosa condanna al solito regime di privazioni. Che fatica…


Come faccio ad uscirne? Dove la trovo la forza di impormi di nuovo la disciplina ferrea di cui il mio corpo necessita? E quando mi scatta l’auto-schifo stavolta? Mi sto avvicinando al temibile punto di non ritorno… aiutatemi!
Ovviamente, per pandemia e guerra, non potete nulla, ma ci sono altri tentativi di intervento possibili:
1) Sei un’amica?
- Leggi il mio libro, recensiscilo e consiglialo a tutto l’universo femminile!
- Invitami a uscire, ci vediamo un film al cinema e poi ci beviamo una birra insieme (linea a parte, è comunque molto più sano che farlo da sola sul divano).
2a) Sei un amico?
- Leggi il mio libro (o regalalo alla tua lei), recensiscilo e consiglialo a tutto l’universo femminile!
2b) Sei un amico single e belloccio?
- Invitami a cena (evento mai successo in vita mia), per una volta mi metterei in tiro (rotolini permettendo) e ingrasserei a sbafo.
Che dite? Alla veneranda età di 46 anni, farei meglio a godermi la vita senza rimorsi, arrendermi ad un certo sovrappeso e ricomprarmi il guardaroba?
Uffa… ma io odio fare shopping!

lalla

P.S. Nel disperato tentativo di raggiungere  lettrici sconosciute amanti del rosa, ho cercato di creare una nuova copertina più "romantica". Di disegnare due corpi avvinghiati (lui a torso nudo e lei col vento nei capelli) non ce l'ho proprio fatta (per ora). Per la posa mi sono ispirata al manifesto del film "l'ultimo bacio" e per il profilo di lui un po' a Robert Pattinson. Il risultato mi piace, ma io non faccio testo: a me piaceva anche l'altra. Evidentemente, alle lettrici di rosa su Amazon, no.




sabato 2 aprile 2022

2022

C’è chi dice che chiedere scusa sia un segno di debolezza.
Allora io che lo faccio da una vita, a destra e a manca, e quasi sempre senza motivo, dovrei essere considerata debole, no? E invece, mistero, tutti mi considerano forte, una roccia. Indistruttibile.
E può anche darsi che io lo sia, per carità, ma questo non può essere una valida ragione. Una ragione per essere insensibili nei miei confronti. Una ragione per fregarsene di me e dimenticarmi. Per non offrirmi un appoggio. Che tanto lei è forte, che tanto lei ha mille risorse, che tanto lei sa cavarsela da sola, che tanto lei non ha problemi ed è sempre felice.
Col cazzo che non ho problemi e sono sempre felice. E non è vero che le persone non mi feriscono, invece, mi dilaniano. Con le loro piccole coltellate di cattiveria, e con la loro indifferenza.
Potrei essere una delle donne più sensibili su questa terra, ma nessuno se ne accorgerebbe mai perché io sono “quella forte”. Solo perché riesco ad assorbire tutti i colpi (come un pungiball) non significa che io non li senta. Solo perché mi sforzo per non far ricadere sugli altri le mie sofferenze, non significa che io non le provi.
Lasciate che vi dica una cosa: essere considerata “quella forte” può trasformarsi in una bella rottura di palle. (Aprirei una parentesi per sottolineare che sì, credo anche io nel potere della parola, ma scelgo coscientemente di usare l’espressione “mi rompo le palle” perché le ho anche io, proprio come quelle dei maschi, solo che invece che esporle in un sacchettino refrigerante, me le custodisco al calduccio, ma pari sono).
E’ una rottura di palle essere sempre colei che consola, colei che organizza e tira su il morale gli altri, colei che “si prende cura”. Non perché sia faticoso (o fastidioso) tutto questo, anzi, aiutare gli altri è bellissimo. La rottura di palle è quando diventa palese che non ci sarà nessuno che farà altrettanto con te. Se tra tutti i proverbi dovessi sceglierne uno che considero veramente un’emerita cazzata, sarebbe: “chi semina vento, raccoglie tempesta” (oppure “chi di spada ferisce, di spada perisce”). Ma quando mai? Non funziona così, non è vero proprio per niente: i prepotenti fanno del male ai più buoni, le persone sono approfittatrici e fredde soprattutto con chi è empatico e disponibile, sono più stronze con chi è più gentile. Non esiste alcuna giustizia divina, e neanche un cazzo di karma.

Ma magari è solo un problema mio di incomunicabilità.
Forse riguarda solo me. Sono io a non essere in grado di chiedere, a non far capire di cosa ho bisogno. Possibile? Davvero mostrare entusiasmo, gratitudine e un sorriso, nel linguaggio universale, equivale a: “non ho bisogno di cure, attenzioni e gentilezza, non preoccupatevi per me, tanto me la cavo benissimo da sola”?
Perché si fermano al mio sorriso? Che è splendido e solare (su questo siamo tutti d’accordo), ma perché nessuno è in grado di vedere oltre? Di percepire l’urlo disperato che lacera da dentro anche le persone più forti?
Io credo che sia per questo che è una vita che cerco di raccontarmi, a tutti, anche al gelataio. Per questo scrivo, per questo dipingo. Sono tentativi (disperati) di tirar fuori, di comunicare. Sono richieste (spesso mal calibrate) di aiuto e di approvazione.
Può darsi che tutti gli artisti in fondo cerchino questo? Superficialmente, molti sconosciuti gli danno ciò di cui hanno bisogno. L’acclamazione della massa. Non è granché come forma di appoggio, ma è pur sempre meglio di niente. Talvolta è più facile ottenere un aiuto da chi non ci conosce.
Le persone che mi sono state vicine, quelle che hanno vissuto con me, si sono sempre spaventate. Anche quelle che mi amano si spaventerebbero, se non si tutelassero. Per questo, io credo, si appoggiano a me, assorbono la mia gioia di vivere e con me stanno bene, ma cercano di fermarsi al sorriso. Cercano di non porsi troppe domande su quali siano i miei bisogni e, soprattutto, sul perché io senta una così forte esigenza di creare. Perché altrimenti, se lo facessero, gli farei solo paura.
 

Alla fine della prima ondata di pandemia Covid-19, ho dipinto l’allegoria del 2020, avevo bisogno di tirare fuori la frustrazione che provavo (e che provo tutt’oggi) nel non poter più comunicare neanche attraverso la mimica facciale e col mio famigerato sorriso. Nel non poter più leggere le espressioni complete. La pandemia ci ha tolto anche questo, ha amputato i nostri volti, sono rimasti solo gli sguardi. Per questo mi coprii bocca e naso con una mano e rimase solo il mio sguardo.(il Re dei Sugolini: 2020)
Sono passati due anni e i nostri volti sono sempre coperti. In questi giorni ho lavorato all’allegoria del 2022. Il nuovo anno, tanto per non farci mancare nulla, ci ha portato vicino a casa anche l’orrore della guerra. Non mi bastava più tentare di comunicare l’angoscia e la paura attraverso gli occhi, sarebbe stato troppo semplice. 

Ho cominciato a riflettere su cosa c’è sotto. Su cosa c’è dietro. Dietro a una rassicurazione e a una battuta fatte ai miei studenti. Dietro a quella mascherina maledetta. Perfino dietro al più onesto dei sorrisi fatto ai miei figli. Dietro alla mia stessa pelle. Cosa c’è dietro, cosa c’è sotto? Anche se non lo dico, anche se non posso dirlo, anche se mi rifugio nella leggerezza; talvolta c’è tutto quello che ho tentato di mettere in questo quadro. Disperazione e impotenza.
Ci sono per tutti e, credetemi, ci sono anche per me, che sono “quella forte”.


lalla

"Allegoria del 2022", olio su masonite, 42 x 57 cm.

P.S. Quando penso alla composizione e dipingo, non me ne rendo conto, ma la Storia dell’Arte ha impregnato tutta me stessa e si diverte ad inseguirmi. Una volta finito il quadro, l’ho guardato e mi sono resa conto di essere debitrice verso almeno due opere. 

“L’urlo” di Edvard Munch (per aver rappresentato un grido esistenziale muto) e “La cantante con un guanto” di Edgar Degas (per quell’inusuale braccio in primo piano e per la bocca aperta). E vabbè, loro sono entrambi dei grandi e mi perdoneranno, lo so.

venerdì 25 marzo 2022

fuitina a Roma, da Klimt

Giovedì scorso ho trascinato la mia mamma in una fuitina a Roma (un po’ in extremis per visitare la mostra di Klimt). E sono riuscita a farlo nonostante numerosi segnali astrali avversi consigliassero vivamente di desistere.
Della serie, sai quando cominciano ad andare tutte storte e una persona normale pensa: “Madonnina santa, forse è meglio lasciar perdere”? E io invece nulla, perché sono più cocciuta di una mula!
Prima di tutto, negli ultimi due mesi la mia compagna d’avventure ha avuto alcuni simpatici problemini tipo mal di schiena, sciatica e versamento al ginocchio. Ho aspettato fino all’ultimo che si rimettesse in sesto.
A quel punto, l’unica data papabile prima della chiusura risultava essere giovedì 17 (bellina, superstiziosi, vero?). Ma il giovedì è il mio giorno libero e per una volta ho deciso che avrei evitato di passarlo a correggere verifiche e preparare lezioni. Dopo quel primo innamoramento in una mostra a Firenze di circa trent’anni fa, non è mai successo che Klimt venisse in Italia e io non passassi a salutarlo. Vai di 17 e chissenefrega!
Poi, tre giorni prima, vengo convocata a sorpresa per un consiglio di classe straordinario. Ebbene, per la prima volta nella storia (sì, perché di solito non me ne perdo uno, nonostante il part-time), chiedo di essere dispensata per “motivi di famiglia”… e funziona!
E quindi eccoci al fatidico 17, appuntamento alle 8.40 alla stazione di Santa Maria Novella, ma arriviamo e troviamo il caos totale: gente ammucchiata ovunque, tutti i locali cancellati e le alte velocità con un ritardo variabile tra i 70 minuti (le frecce) e i 110 minuti (Italo). Il delirio! Ma che è successo?
Si è rotto un binario a Rovezzano.
Ma come? Proprio oggi che avevo deciso di risalire in treno dopo tre anni!!!
Niente, chi la dura la vince, mi inginocchio davanti al capotreno di un Italo in partenza 30 minuti in ritardo rispetto al nostro programma (ma che di fatto sarebbe stato il treno di due ore prima). Fisicamente lo faccio solo io (per questioni di versamento), ma anche la mamma partecipa al coro di lamenti e suppliche. Si aggiunge una terza signora a cui salterebbe una visita medica. E’ una scena pietosa. Quello, prima tenta di negarci la possibilità, poi ci chiede di pagargli 50e per convertire il biglietto (costato 50e), ma alla fine, alla mia obiezione: “Guardi, io non glielo dico per fare confronti, ma sulle frecce stanno facendo salire tutti”, cede e ci fa passare indicandoci due posti nella carrozza di testa con la sibillina frase “lo fate a vostro rischio e pericolo”. Bo, neanche avesse intenzione di deragliare a nostre spese…

Alla faccia del malocchio e delle gufate, arriviamo a Palazzo Braschi con soli cinque minuti di ritardo e ci lasciamo ammaliare dalla mostra. E’ un po’ furbesca, incentrata su molti altri artisti della Secessione Viennese e di Ver Sacrum (alcuni davvero interessanti). Di veri e propri quadri di Klimt ce ne saranno al massimo una decina (in ogni caso, dieci bastano e avanzano per giustificare il viaggio e ci sono anche parecchi godibilissimi disegni).







L’allestimento è molto in stile secessionista, con luci sacrali a effetto, pareti violacee e inserti dorati ovunque. Chissenefrega, a me basta che si vedano bene le opere e di trovarmi a solo un metro di distanza di fronte a “Giuditta”, dove si è trovato lui, il genio, per cadere in uno stato d’eccitazione.

Ma come sono potenti le donne di Klimt?
Magnifiche regine, sensuali assassine, pericolose sirene tentatrici. Spaventose e magnetiche. Quanto le avrà amate, osservate e desiderate il grande Gustav per riuscire a ritrarle così?
Con quelle linee deformanti ed elegantissime. Con quegli sguardi vibranti e lascivi. Ha saputo regalare all’umanità l’idea stessa della sensualità femminile.







Dopo la mostra, porto la mamma in un ristorantino tipico, è vicino al Pantheon, ma poco turistico. Zuppa di ceci e baccalà per me e maccheroni alla matriciana per lei. Già che siamo a patire, tanto vale lubrificare tutto con una birra alla spina. E dopo, non lo vuoi prendere un gelatino?


Usciamo belle satolle e ci saluta anche il sole (evviva!), così ci facciamo una lunga passeggiata digestiva/esplorativa da fontana a fontana. Ma come è bello fare le turiste! E che colore splendido ha l’acqua nelle fontane romane? Ogni volta mi stupisce. Questioni di travertino, credo. A farsi un bagnetto nella fontana di Trevi (invece di Anitona) c'è un gabbiano e se la gode proprio, manco fosse in Costa Smeralda.
Però Roma ci stupisce anche per quanto è sporca (oltre che bellissima) … e le fontane sono tutte transennate, possibile che in tre anni si sia degradata tanto?

Ai piedi della scalinata di piazza di Spagna, faccio sedere la mamma (altre panchine non ce ne sono manco a pagarle) e, colmo dei colmi, un vigile viene a farci alzare perché “non ci si può sedere su un monumento, questioni di decoro”.
Ma davvero? Il decoro non conta per le strade dissestate, coperte di cartacce e ortica cresciuta tra i sanpietrini?
Trattengo la polemica a stento, in fondo lui sta solo eseguendo gli ordini di qualcuno che evidentemente non sa che questi gradoni sono stati progettati appositamente per questa funzione… in compenso, prima di defilarmi, gli faccio notare che le transenne intorno alla Barcaccia a me non sembrano molto “decorose”.
A quel punto il vigile ci rassicura che le transenne l’indomani non ci saranno più, ma “oggi è una giornata particolarmente sfortunata per visitare Roma, aspettiamo una tifoseria davvero pericolosa che minaccia di danneggiare i monumenti”.
Meno male per le fontane, però pure la tifoseria pericolosa?! Ma tutte oggi?!
“Suvvia, tornate anche domani, da Firenze in treno è un amen!”.
Binari di Rovezzano a parte. Comunque il tipo in divisa è piuttosto belloccio e simpatico.
Ma rientrando verso la stazione troviamo anche Santa Maria della Vittoria (con l’Estasi di Santa Teresa del Bernini) chiusa per “danni alla cupola”, sicché un po’ di degrado purtroppo c’è, partita di calcio a parte…

Insomma, ci riposiamo in Santa Maria degli Angeli di Michelangelo e poi rientriamo a Firenze con il primo Italo senza ritardo (il guasto è stato riparato).
La sera ci sentiamo arzille e pimpanti, la mamma ha zompettato tutto il giorno e io ho digerito la qualunque. Altro che sciatica e fegato scassato.
Ne è valsa proprio la pena e ‘fanculo ai segnali astrali!

lalla

P.S. Però, devo aggiungere una cosa. All’inizio dell’esposizione, sono stata sorpresa dal ritratto di uomo sul letto di morte. Per poco non ho avuto un mancamento, è praticamente uguale all’ultima immagine che ho del mio babbo. Lì per lì, ho cercato di dissimulare e non far notare il dipinto alla mamma (questa fuitina serviva a rallegrare entrambe, non ad aumentare il senso di malinconia), ma in verità ripensarci mi ha lasciato una buonissima sensazione. Non è affatto una cosa triste pensare che Klimt abbia dipinto il mio ultimo ricordo di lui: canuto, affilato ed elegante come un direttore d’orchestra. 

giovedì 10 febbraio 2022

Blu Maria

Alla fine resto sempre la solita: investo (butto?) tante, tantissime energie in più settori, progetti e folli idee. Tre vite, l’ho sempre detto, mi ci vorrebbero tre vite!
Ma di vita ne hai una e così finisci per non fare mai niente bene fino in fondo, così rimani una dilettante in tutti i campi!
Può darsi, ma che vi devo dire, me ne farò una ragione, d’altronde così sono fatta: a cazzo, o multifunzionale che dir si voglia.
Ragazze e ragazzi miei, proprio perché la vita è una, io voglio viverla come mi pare e piace, senza farmi mancare niente. Anche se non tutti se ne sono resi conto, l’ho sempre vissuta così. Da fuori potrei sembrare una persona inquadrata, precisa, seria… per certi versi lo sono, eccome. Anche molto onesta e secchiona… sì, sì, ma sono anche una ribelle e una pazza! E ne vado pure fiera.
Chi mi conosce sa con quale responsabilità io abbia rispettato (e rispetti tutt’ora) ogni regola e limitato al massimo ogni rischio per combattere insieme a tutti gli altri questa pandemia, ma non esiste solo il Covid19, non esistono solo i doveri e non esiste solo la sopravvivenza. Io voglio vivere, voglio sognare, voglio assaporare, voglio ridere delle scemenze, voglio divertirmi ed essere felice.
E c’è chi lo fa comprando vestiti e cose (se gli garba e c’hanno i soldi che facciano pure, ma io anche no), chi prendendosi uno sprits in compagnia e chi (pur non disdegnando lo sprits e una compagnia scelta e interessante) lo fa soprattutto architettando, progettando e facendo, preferibilmente da sola.
Lasciatemi fare, assecondatemi, i pazzi vanno assecondati.
Dopo più di due mesi di insonnia d’amore e scrittura alle 5.00 del mattino, dopo circa tre mesi di revisioni, editing, bozze e correzioni, adesso basta aspettare: i colori in stampa non sono il top, ma la perfezione non è di questo mondo, mi piace finire le cose. E mi piace condividerle.
Circa una settimana fa ho caricato il libro su KDP, ovviamente ho fatto casino e il nome dell’autore è uscito Ilaria Gonnelli, non Lalla come avrei voluto (ma un po’ è colpa del portale che accetta solo nomi composti da due parole). Sono andata per correggere, ma a quel punto avrei dovuto chiudere il progetto e caricare di nuovo, ho notato che Amazon aveva scelto arbitrariamente come data di uscita il 2 febbraio, il giorno del compleanno del mio babbo. E io sono abbastanza miscredente, ma certe coincidenze mi garbano assai. Allora pace, non lo tocco più. Il babbo era anche lui un narratore, sosteneva sempre i miei colpi di testa creativi ed era pure un inguaribile romantico. Q
uesta iniziativa gli sarebbe piaciuta.
Oggi mi sento emozionatissima, piena di felicità e paura... elettrizzata!
Incrocio tutte le dita delle mani e dei piedi, spero di non offendere nessuno e chissà, forse la storia di Maria a qualcuno piacerà.

Lalla

P.S. Blu Maria è scaricabile gratuitamente su Kindleunlimited, costa pochi euro come e-book, ma ben 16e nella versione cartacea a colori. Sedici non sono pochi per una scrittrice che non si fila nessuno, ma io ne prenderò solo uno per copia ed è veramente un compenso simbolico pensando che ho fatto tutto da sola (dallo scritto, all’impaginazione, alle illustrazioni, alla copertina, alla pubblicazione). Non importa, ho cercato di abbassare il prezzo il più possibile per rendere questa storia accessibile anche nella sua versione reale, solida, fatta di carta e colori (non solo di pixel)... e adesso ci siamo, speriamo bene dai, io ce l’ho messa tutta!


P.P.S.S. E comunque stamani comprati stivali nuovi blu e stasera apericena con la mia migliore amica appena guarita dal Covid, tanto per festeggiare... e per essere coerenti!

domenica 23 gennaio 2022

Ci siamo quasi...

Siccome c’ho spesso troppe cose da fare e troppissime cose che mi frullano in testa, tempo e voglia per mettermi ai fornelli: poca. Lo faccio il minimo indispensabile e almeno una volta al mese ordino il cinese. Fatica zero, figlioli felici come pasque e io pure.
A dicembre ci è capitato di ricevere in omaggio i biscottini della fortuna. Non ne aprivo uno dal 30 dicembre 2016 e ci avevo trovato scritto: “this is going to be a turbolent year”… maledetti dolcetti , fortuna una cippa!
Comunque, credevo fosse una pratica estinta (e pensavo a causa delle rimostranze di certi clienti), ma invece no, evidentemente sono temerari questi asiatici.
Sapete che cosa ho trovato scritto stavolta nel mio biscottino?
“You’ll make it!”
Col punto esclamativo, eh!
Antichi risentimenti cancellati in un attimo. E non è che ne ho sgranocchiati venti per trovarlo, c’avevo questo e rizzati. A Tinne è toccato uno tristissimo sull’andamento delle proprie finanze, per dire.
E a gennaio? Ne ho aperto un altro: “Respect! You show courage.”
E ai miei figli sempre roba banalotta e tristanzuola.
Ho preso i magici fogliettini motivazionali e li ho appiccicati sullo schermo del PC così da poterli venerare a dovere. Ormai li amo questi cinesi veggenti della rosticceria. E cucinano pure da Dio!

Ho finito il mio libro, l’ho fatto.
E, alla faccia di coloro che potranno pensare che sia troppo leggerino o più semplicemente una emerita schifezza, intendo pubblicarlo. Coraggio.
Questa consapevolezza mi dà alla testa, mi fa sentire tutta friccicarella. E magari è solo il canto del cigno e tra un pochino si verificherà la catastrofe, ma speriamo di no! E poi anche se fosse, ma mettiamoci un bel chissenefrega. Mi sono divertita tanto a scriverlo, è questo che conta.
Le mie sante nipoti mi hanno aiutato nell’editing e adesso la mia storia d’amore è (abbastanza) pronta per uscire da questo computer.
Condurlo fuori nel modo giusto non sarebbe propriamente un gioco da ragazzi(e). Dovrei iscriverlo a concorsi letterari, inviarlo e aspettare almeno un anno la risposta di una casa editrice che si rispetti… ci vorrebbero molta strategia e pazienza, doti che io non possiedo.
E sicché mi sto già organizzando per fare tutto da sola. In fondo fare è più divertente che delegare, no?
Ammetto con serenità di essere una maniaca del controllo. Ci tengo che per lo meno sia tutto schifo del mio sacco… o fragrante farina.
Mi tocca specificare che è un libro dai 18 in su (non volendo farmi mancare nulla, c’ho infilato pure le parolacce), ma il reale bacino di possibili lettrici penso possa comprendere tutte le ragazze dai 16 ai 76 anni che gradiscano svagarsi con un rosa.
E mica sono poche ‘ste tipe, ce ne sarà almeno una decina tra loro a cui piacerà?
Vedremo. O meglio: leggerete, se vi va.

lalla

P.S. Eccomi alla ricerca di ennesimi refusi sulla prova di auto-pubblicazione di Blu Maria con Amazon KDP arrivata ieri sera fresca fresca. Con gli occhiali, sì, perché è inutile negarlo: ormai sono presbite (dal greco, vecchia). Ma chi se ne frega, anzi, ma meno male: mica me li concedevo tuti questi divertimenti da giovane! Vi giuro che tenere tra le mie mani per la prima volta il libro vero e proprio, fatto di carta e non di pixel, è stata un’emozione da capogiro! Poi mi sono accorta di tutte le beghe sul colore delle illustrazioni e sull’impaginazione… è tutto da aggiustare, mannaggia. Ma d’altronde le prove si fanno per questo, no?

martedì 18 gennaio 2022

il mio capodanno con Silvia

Silvia è un’adolescente.
A dispetto di ciò che pensa la maggioranza delle persone, io adoro quest’età fragile e precaria. Un’età fuggevole e imperfetta, dove tutto sembra ancora possibile.
Ho fotografato Silvia nella sua casa. Prima abbiamo pranzato, era rientrata da scuola tutta spettinata e imbacuccata in una felpa. Dopo il pasto l’ho convinta a cambiarsi e l’ho accompagnata in camera della sua mamma per rubarle un abito leggero. Era troppo grande e così mi piace anche di più. Lascia intuire quanto sia esile e giovane il suo corpo, lascia scoperte le braccia magrissime. Silvia possiede braccia splendide, di un’eleganza inusuale.
L’ho fatta sedere nel salone. Il salone ha grandi finestre. La casa è liberty, luminosa ed elegante come la sua piccola abitante. Mentre la fotografavo pensavo proprio a questo: a come fosse perfetta tra quelle mura. Il contrasto di quel volto così pulito, ancora da bambina, con quel corpo già adulto, slanciato e fiero. Perfino il taglio dei capelli mi ricordava quello di una fanciulla dei primi del novecento.
E che occhi limpidi ha Silvia. Che sguardo. Timoroso e fiducioso insieme. Curioso. Vibrante.
Ad un certo punto ha preso in braccio la sua gatta e io ho trovato la composizione.
Silvia, Sabrina, la luce di quella casa. Un’eleganza fuori dal tempo.
Ho cercato di ricreare queste sensazioni durante la pittura e non sono certa che il risultato piacerà ai committenti (a dire il vero, un po’ ci spero perché mi piacerebbe tenere il quadro per me).
La mia non è una pittura cosmetica: non rende mai più belle o più rassicuranti. La mia è una pittura indagatrice, che scava in cerca dell’anima, nel tentativo di rubarla.

Lalla

"Silvia e Sabrina", olio su masonite, 50 x 60 cm.

P.S. Ho deciso di passare per la prima volta nella mia vita da sola la notte di San Silvestro. Non avendo i miei figli, l’alternativa forse sarebbe stata reggere il moccolo a qualche coppia di amici e a mezzanotte sbaciucchiarsi (come se non ci fosse una pandemia) e far finta di gioire augurandosi “buon 2022!”
Poco allettante.
Così ho deciso di provare qualcosa di diverso: ho organizzato una sorta di performance.
Nel primo pomeriggio ho acquistato una vaschetta da 1 kg di meraviglioso gelato artigianale al gusto cuneese (cacao e rum) e varie cialde. Poi, alle 18:00, mentre il resto degli italiani cucinava il pesce, io ho iniziato a dipingere. L’idea era di arrivare al 2022 (intervallando con qualche cono di gelato in caso di bisogno). Ogni due ore ho aggiornato i miei progressi su FB. Sei ore di countdown artistico che non dimenticherò mai e nelle quali sono riuscita a delineare un primo abbozzo del volto. Non ero sicura di come mi avrebbe fatto sentire passare una capodanno del genere, ma alla fine è andata benissimo. Ho salutato il 2021 e accolto il 2022 facendo qualcosa che amo e in cui credo profondamente. Io e la pittura siamo vecchie amiche. In verità, non ero sola.