martedì 4 febbraio 2020

perdo colpi, ma non su tutti i fronti

Scusa babbo, mi dispiace, cerco di darmi un tono, ma ogni volta al giorno della merla ci arrivo con la lingua in terra. E’ una bella fregatura gestire un’indole da maniaca del controllo senza possedere le oggettive capacità per esserlo, soprattutto in zona scrutini.
Ma ci sono tante attenuanti.
Per esempio, da settembre ci sto mettendo tanta buona volontà (anche quella conta) per arginare il mio odio atavico e adempiere prontamente a ogni schifezza burocratica. Tutto ciò alla lunga sfinisce e ciononostante non è che io non mi fossi preparata per tempo o che non avessi corretto e valutato ogni tavola e verifica passo-passo da brava formichina laboriosa, ma considera che la fine del primo quadrimestre riesce sempre e comunque a trasformarsi in un evento piuttosto apocalittico.
Gli studenti ci mettono del loro, le mie ripetute minacce e penalizzazioni non sono bastate per impedire che quei disgraziati di 5° facessero scivolare la consegna delle tavole di progetto fino all’ultimo giorno possibile e (in)immaginabile: venerdì 31 gennaio. E anche quei birboni di 4° hanno rimandato il compito di St.Arte fino allo stesso giorno.
E quindi, a mia discolpa, puoi considerare che venerdì, dopo 5h di scuola, ne abbia passate altre 7 correggendo, facendo medie e prendendo decisioni (scomode).
Dopo 12h di lavoro ci sta di essere un po’ bolliti.
Sabato mattina me ne sono servite altre 3 per ripensarci, caricare ogni voto sul registro e infine scrivere ogni singolo giudizio.
Sono stata davvero diligente e alle 10.30 avevo già finito e mi stavo scapicollando verso il Carrefour per ritirare la stampa di 500 fotografie e acciuffare al volo qualche alimento.
Alle 11.00 è tornata Matilde con raffreddore e catarri (se ne era andata venerdì mattina sana come un pesce), da quel momento ho imbastito il suo intrattenimento, la preparazione del pranzo e il contemporaneo montaggio degli album fotografici.
Alle 14.15, quando è rientrato Elia da scuola (anche lui raffreddato), ho servito a entrambi un ottimo pollo arrosto con patate e carciofi ritti in pentola, bravina, no? Ho mangiato pure poco perché sono a dieta, te lo ricordi vero che schifo che erano le diete? Tienine conto!
Alle 15.00 mi sono rimessa ad attaccare fotografie, efficiente come un treno, dopo circa 2h avevo completato 6 bellissimi album: 3 da regalare la sera stessa a Silvia per il suo compleanno e 3 per la mia mamma che altrimenti sarebbe stata un po’ gelosa (bisogna sempre pensare insieme a tutte le persone che si amano, come quando ci son due sorelline e al compleanno di una, fai un piccolo pensierino anche all’altra). Le foto raccontano delle nostre avventure a Torino, Vicenza e Treviso, bel regalo, non ti pare?
Considera a questo punto quanto mi sentissi fiera di me: contro ogni pronostico, ce la stavo facendo a gestire tutto!
Alle 17.00 mi son messa a preparare la valigia, a sistemare i gatti e la casa per la partenza.
Alle 17.30 era quasi fatta, ma prima di vestire a festa la Piccola Fata, l’ho guardata negli occhi e mi è garbata poco, così le ho provato la temperatura: 37.7°.
Momento di disperazione: tutta la mia corsa era stata inutile? Mi veniva quasi da piangere, altro che album bellissimi. Non avrei potuto raggiungere S.Giovenale e festeggiare mia sorella. Soprattutto non sarei potuta stare accanto alla mia famiglia in questi giorni che sono i più delicati dell’anno, ammantati di dolcezza e tristezza insieme. L’indomani non sarei potuta venire al cimitero da te ad augurarti buon compleanno... io lo so che tu non sei lì dentro in quella bara babbo e neppure tra le nuvole in cielo, so che tutto quello che mi rimane di te lo devo cercare nel mio corpo e nella mia memoria, ma le ricorrenze ricorrono, che io lo voglia o meno.
No, a saltare questa proprio non ci stavo, infondo la Piccola Fata sembrava volenterosa, sabato freddo non era e così mi sono decisa a partire lo stesso.
Ora, considera che avevo perso almeno 30’ in autocommiserazioni e il ritardo pesava nella mia tabella di marcia interiore, quindi quando è arrivato il momento di vestire me stessa “a festa”, l’ho fatto un po’ in fretta e furia, ma con rinnovato ottimismo e l’ottusa certezza di avere di nuovo tutto sotto controllo.
Alle 18.00 ho raccattato ogni cosa, album straripanti di foto, valigia, pacchetti, due figli in precario stato di salute e ho trascinato il mio bottino verso l’auto.
E qui, i primi cenni di cedimento strutturale: ho sbagliato a ricordarmi la via dove avevo parcheggiato e ai poveri ammalati ho fatto fare un inutile giro pesca (altri 15’ persi e qualche grado di febbre guadagnato).
E comunque, dopo 1h di guida, alle 19.15 sono arrivata a destinazione, accompagnata da due untori pieni di catarro, ma prima di tutti e in perfetto orario. Finalmente ho cominciato a rilassarmi e a pensare: “evviva, ce l’ho fatta!”
Autostima a 1000.
Pian piano sono arrivati gli altri e io bella pimpante come sempre.
Infine è arrivata mia nipote Elisa e dopo i consueti baci contaminatori, mi ha guardata un po’ strana e mi ha detto: “scusa zia, ma non è che per caso ti sei messa due scarpe diverse?”
Porca miseria, l’ho fatto.
Ciao autostima, mi sono cascate le braccia, poi l’abbiamo presa parecchio a ridere (prenderla a piangere non ci pareva proprio il caso).


Allego documentazione fotografica, ma tu babbo te le sei mai messe due scarpe diverse per andare in ufficio tutto in tiro? No? ... e due calzini? Nemmeno?
E vabbè, vediamola da un’altra angolazione: il cervello della tu’ figliola sta andando in pappa, ma guardando questa foto mi viene di pensare che ha pur sempre un bel paio di gambe!
Ogni volta che mi metto una gonna lo faccio con orgoglio ricordardomi di tutte le volte che mi hai detto che avevo le gambe più belle del mondo. Non importa quanto sia vero, è bello che tu sia riuscito a farmelo credere.
Mi hai fatto credere anche cose meno simpatiche, mi ricordo anche quelle e mi sta bene così.
Mi sta bene che tu sia nella mia testa e sapere che per sempre ci resterai.


lalla


P.S. Anche ieri mi sono rimboccata le maniche e ho totalizzato 11h di lavoro praticamente continuative, agli scrutini ho cercato di fare del mio meglio per gli studenti e spero in qualche modo di avercela fatta. Sono tornata a casa a ora di cena e mi è iniziato un simpatico mal di gola (gli untori colpiscono ancora).
Stamani effettivamente mi sentivo un po’ confusa, più volte ho dovuto guardare l’orario per ricordarmi in che classe andare e meno male che c’è la “pausa didattica” perché brancolavo parecchio nel buio.
Dopo pranzo ho telefonato alla mamma (le foto, a proposito, sono piaciute molto ad entrambe, soprattutto perché le nostre avventure sono fantastiche). Comunque, mi sentivo stanca e stonata, ma cercavo di parlarle del più e del meno, poi lei mi fa: “ma insomma non te lo ricordi che oggi è il 4 febbraio?”. E io certo che me lo ricordo (le ricorrenze ricorrono, che io lo voglia o meno), ma perdonami babbo se preferisco celebrare il giorno della tua nascita e non quello della tua dipartita anche se, per coincidenza, sul calendario sono così vicini.