venerdì 25 marzo 2022

fuitina a Roma, da Klimt

Giovedì scorso ho trascinato la mia mamma in una fuitina a Roma (un po’ in extremis per visitare la mostra di Klimt). E sono riuscita a farlo nonostante numerosi segnali astrali avversi consigliassero vivamente di desistere.
Della serie, sai quando cominciano ad andare tutte storte e una persona normale pensa: “Madonnina santa, forse è meglio lasciar perdere”? E io invece nulla, perché sono più cocciuta di una mula!
Prima di tutto, negli ultimi due mesi la mia compagna d’avventure ha avuto alcuni simpatici problemini tipo mal di schiena, sciatica e versamento al ginocchio. Ho aspettato fino all’ultimo che si rimettesse in sesto.
A quel punto, l’unica data papabile prima della chiusura risultava essere giovedì 17 (bellina, superstiziosi, vero?). Ma il giovedì è il mio giorno libero e per una volta ho deciso che avrei evitato di passarlo a correggere verifiche e preparare lezioni. Dopo quel primo innamoramento in una mostra a Firenze di circa trent’anni fa, non è mai successo che Klimt venisse in Italia e io non passassi a salutarlo. Vai di 17 e chissenefrega!
Poi, tre giorni prima, vengo convocata a sorpresa per un consiglio di classe straordinario. Ebbene, per la prima volta nella storia (sì, perché di solito non me ne perdo uno, nonostante il part-time), chiedo di essere dispensata per “motivi di famiglia”… e funziona!
E quindi eccoci al fatidico 17, appuntamento alle 8.40 alla stazione di Santa Maria Novella, ma arriviamo e troviamo il caos totale: gente ammucchiata ovunque, tutti i locali cancellati e le alte velocità con un ritardo variabile tra i 70 minuti (le frecce) e i 110 minuti (Italo). Il delirio! Ma che è successo?
Si è rotto un binario a Rovezzano.
Ma come? Proprio oggi che avevo deciso di risalire in treno dopo tre anni!!!
Niente, chi la dura la vince, mi inginocchio davanti al capotreno di un Italo in partenza 30 minuti in ritardo rispetto al nostro programma (ma che di fatto sarebbe stato il treno di due ore prima). Fisicamente lo faccio solo io (per questioni di versamento), ma anche la mamma partecipa al coro di lamenti e suppliche. Si aggiunge una terza signora a cui salterebbe una visita medica. E’ una scena pietosa. Quello, prima tenta di negarci la possibilità, poi ci chiede di pagargli 50e per convertire il biglietto (costato 50e), ma alla fine, alla mia obiezione: “Guardi, io non glielo dico per fare confronti, ma sulle frecce stanno facendo salire tutti”, cede e ci fa passare indicandoci due posti nella carrozza di testa con la sibillina frase “lo fate a vostro rischio e pericolo”. Bo, neanche avesse intenzione di deragliare a nostre spese…

Alla faccia del malocchio e delle gufate, arriviamo a Palazzo Braschi con soli cinque minuti di ritardo e ci lasciamo ammaliare dalla mostra. E’ un po’ furbesca, incentrata su molti altri artisti della Secessione Viennese e di Ver Sacrum (alcuni davvero interessanti). Di veri e propri quadri di Klimt ce ne saranno al massimo una decina (in ogni caso, dieci bastano e avanzano per giustificare il viaggio e ci sono anche parecchi godibilissimi disegni).







L’allestimento è molto in stile secessionista, con luci sacrali a effetto, pareti violacee e inserti dorati ovunque. Chissenefrega, a me basta che si vedano bene le opere e di trovarmi a solo un metro di distanza di fronte a “Giuditta”, dove si è trovato lui, il genio, per cadere in uno stato d’eccitazione.

Ma come sono potenti le donne di Klimt?
Magnifiche regine, sensuali assassine, pericolose sirene tentatrici. Spaventose e magnetiche. Quanto le avrà amate, osservate e desiderate il grande Gustav per riuscire a ritrarle così?
Con quelle linee deformanti ed elegantissime. Con quegli sguardi vibranti e lascivi. Ha saputo regalare all’umanità l’idea stessa della sensualità femminile.







Dopo la mostra, porto la mamma in un ristorantino tipico, è vicino al Pantheon, ma poco turistico. Zuppa di ceci e baccalà per me e maccheroni alla matriciana per lei. Già che siamo a patire, tanto vale lubrificare tutto con una birra alla spina. E dopo, non lo vuoi prendere un gelatino?


Usciamo belle satolle e ci saluta anche il sole (evviva!), così ci facciamo una lunga passeggiata digestiva/esplorativa da fontana a fontana. Ma come è bello fare le turiste! E che colore splendido ha l’acqua nelle fontane romane? Ogni volta mi stupisce. Questioni di travertino, credo. A farsi un bagnetto nella fontana di Trevi (invece di Anitona) c'è un gabbiano e se la gode proprio, manco fosse in Costa Smeralda.
Però Roma ci stupisce anche per quanto è sporca (oltre che bellissima) … e le fontane sono tutte transennate, possibile che in tre anni si sia degradata tanto?

Ai piedi della scalinata di piazza di Spagna, faccio sedere la mamma (altre panchine non ce ne sono manco a pagarle) e, colmo dei colmi, un vigile viene a farci alzare perché “non ci si può sedere su un monumento, questioni di decoro”.
Ma davvero? Il decoro non conta per le strade dissestate, coperte di cartacce e ortica cresciuta tra i sanpietrini?
Trattengo la polemica a stento, in fondo lui sta solo eseguendo gli ordini di qualcuno che evidentemente non sa che questi gradoni sono stati progettati appositamente per questa funzione… in compenso, prima di defilarmi, gli faccio notare che le transenne intorno alla Barcaccia a me non sembrano molto “decorose”.
A quel punto il vigile ci rassicura che le transenne l’indomani non ci saranno più, ma “oggi è una giornata particolarmente sfortunata per visitare Roma, aspettiamo una tifoseria davvero pericolosa che minaccia di danneggiare i monumenti”.
Meno male per le fontane, però pure la tifoseria pericolosa?! Ma tutte oggi?!
“Suvvia, tornate anche domani, da Firenze in treno è un amen!”.
Binari di Rovezzano a parte. Comunque il tipo in divisa è piuttosto belloccio e simpatico.
Ma rientrando verso la stazione troviamo anche Santa Maria della Vittoria (con l’Estasi di Santa Teresa del Bernini) chiusa per “danni alla cupola”, sicché un po’ di degrado purtroppo c’è, partita di calcio a parte…

Insomma, ci riposiamo in Santa Maria degli Angeli di Michelangelo e poi rientriamo a Firenze con il primo Italo senza ritardo (il guasto è stato riparato).
La sera ci sentiamo arzille e pimpanti, la mamma ha zompettato tutto il giorno e io ho digerito la qualunque. Altro che sciatica e fegato scassato.
Ne è valsa proprio la pena e ‘fanculo ai segnali astrali!

lalla

P.S. Però, devo aggiungere una cosa. All’inizio dell’esposizione, sono stata sorpresa dal ritratto di uomo sul letto di morte. Per poco non ho avuto un mancamento, è praticamente uguale all’ultima immagine che ho del mio babbo. Lì per lì, ho cercato di dissimulare e non far notare il dipinto alla mamma (questa fuitina serviva a rallegrare entrambe, non ad aumentare il senso di malinconia), ma in verità ripensarci mi ha lasciato una buonissima sensazione. Non è affatto una cosa triste pensare che Klimt abbia dipinto il mio ultimo ricordo di lui: canuto, affilato ed elegante come un direttore d’orchestra.