mercoledì 14 febbraio 2018

buon San Valentino lalla

Oggi ho fatto una lezione introduttiva agli ospiti francesi della mia terza su “Firenze, la città del Rinascimento” (alla cui scoperta li accompagnerò nei prossimi giorni), io c’ho provato ma dubito che abbiano capito una sola parola di italiano, ma tant’è… ed ho (anche) un raffreddore fotonico.
Comunque oggi è una bellissima giornata di sole, almeno il cielo azzurro l’avranno gradito… ed è (anche) S.Valentino, la festa degli innamorati.
A proposito di San Valentino, ormai non riesco più a contare l‘enorme quantità di commenti e suggerimenti che negli ultimi due anni mi sono stati regalati (a sproposito) sulla mia coppia scoppiata e sull’argomento “amore”.


Iniziando dagli improbabili e (dal mio punto di vista) persino offensivi:
- “Ci sono novità? E’ tornato indietro?” (Eh no, mi dispiace, forse avrebbe voluto, ma non aveva acquistato un biglietto del treno A/R)
- “Avete risolto?” (come se il nostro fosse stato un problema di geometria, magari).


Attraverso i banalissimi e poco rassicuranti:
-“morto un papa se ne fa un altro” (sai che soddisfazione! E perché non “morto un papa si passa all’ateismo”?)
- “si chiude una porta, si apre un portone” (ma per dove? Dove vuole andare e mandarmi ‘sta gente? Attenzione, preferirei evitare di andarmene nuovamente affanculo!)
- “vedrai che tra poco fuori ci sarà la fila” (Ma perché mai? Non sono mica un’attrazione turistica, non mi ci metto a stampare tickets!).


Fino ai più recenti, paradossali e increduli:
- “perché non ti cerchi un fidanzato?”(alludendo credo a una pratica seria tipo “ricerca di mercato”, mi è giunta in effetti voce di portali appositi, anche se mi è parso di capire che di solito si trova altro). Guardate, lasciamo perdere, mi fanno già abbastanza incazzare le 300 richieste di amicizia da parte di uomini che ho su facebook….
- “non ti piacerebbe innamorarti ancora ed essere felice di nuovo?”
E su questo, stai calma lalla…


Allora, grazie a tutti del pensiero, ma di tutta questa saggezza popolare elargita aggratisse ne farei volentieri a meno.
Credetemi, non ce n’è bisogno, sull’argomento “amore” sono piuttosto ferrata. Mi ci sono abbandonata completamente e per molti anni ho assaporato fino infondo la sensazione con ogni fibra del mio corpo nonostante (e grazie a) i miei piedi per terra. Per lungo tempo ho reso la persona amata molto felice e lo sono stata anche io. Ho provato l’amore vero (so di cosa stiamo parlando) che è meglio assai di quello scritto sui cioccolatini e che sarebbe durato in eterno proprio come quello delle favole se solo l’altro soggetto coinvolto non avesse combinato l’inverosimile per distruggerlo.
Perciò, una volta accertata una mia certa competenza a riguardo, vorrei rispondere alle ultime domande una volta per tutte: “No, non me lo vado a cercare un fidanzato con la scritta Saldi sulla fronte” e “No, non desidero innamorarmi di nuovo”.
Il tempo è breve, non ho intenzione di sprecarlo nei rimpianti o nel tentativo di ripetere esperienze già vissute. Quel che è stato, è stato.

E, a proposito della felicità… nel 99,9% dei casi non sono gli uomini a rendere felici le donne (guardatevi intorno, gente!). A dire il vero non sono neppure le donne nel 99,9% dei casi a rendere felici gli uomini (ma diciamo che questo aspetto mi interessa di meno a questo punto della storia, mi sembra di essermi già prodigata abbastanza!)
La felicità non è qualcosa che va cercata, ma che viene da dentro, che nasce dall’equilibrio (chimico), dall’amore per le piccole cose e da una certa spericolata curiosità e propensione al rischio. Credo che quando si ha il mega culo di provarla, vada difesa e coltivata con una forte determinazione e coerenza. C’entra anche qualcosa col guardarsi allo specchio al mattino e sentirsi puliti e fieri di se stessi.
Sono sempre stata una persona equilibrata e non ho rimpianti: ho seguito il mio cuore e ho ascoltato la mia coscienza. Tutto questo aiuta. Al di là del giramento di coglioni che ogni tanto la situazione mi impone, dopo 42 anni di impegno, avventure e disavventure, vado molto d’accordo con lalla… non vorrei mai che proprio adesso un terzo incomodo arrivasse a rovinarmi l’idillio!
E poi c’è un’altra cosa: sono una persona piuttosto ottimista, non mi va di pensare che la vita sia così banale da ripropormi ancora le stesse cose (che noia!), mi auguro invece che stia preparando per me qualcosa di nuovo.
Anzi, ci conto.


lalla


P.S. Non finirò mai di ringraziare questo corpo (imperfetto e degradabile) che da sempre mi regala la possibilità di sentire, pensare e vivere. E, soprattutto, mi regala la possibilità di farlo in un modo tutto diverso dagli altri, perciò di essere un’entità distinta (imperfetta e degradabile), unica e sola.
Dura poco, ma non è una cosa da poco, esistere.
Ti voglio bene cara lalla e scusa se ogni tanto non mi prendo abbastanza cura di te, so che fai sempre del tuo meglio, per favore accompagnami ancora a lungo su questa terra, stare da queste parti mi piace un sacco!

un po' di selfie senza filtri e senza vergogna, ma con molto orgoglio e amore (per me).

martedì 6 febbraio 2018

un po' come i Romani, il "Ritratto Felino"

In Storia dell’Arte gli antichi Romani passano spesso per copioni dei Greci. Cavolate!
L’organizzazione culturale, sociale e politica dell’Impero Romano non aveva nulla a che vedere con quella delle democratiche poleis greche, figuriamoci se potevano avere la stessa arte!
Vi sembra che il Colosseo di Roma (per scopo/forma/materiali/tecnica costruttiva) abbia forse qualcosa a che vedere con il Partenone di Atene?
I Romani erano come spugne, assorbivano ciò che gli serviva, ma hanno inventato anche un sacco di costrutti architettonici e artistici nuovi (tipo l’Arco di Trionfo, tanto per dire) e tutti funzionano alla grande (e infatti loro sì che sono stati scopiazzati ad oltranza > vedi Napoleone e il suo Arc de Triomphe!).
O.K., dai Greci avevano copiato gli Dei dell’Olimpo, questo è vero, ma ciò dimostra solo e soltanto che della religione, agli antichi Romani non gliene poteva fregare di meno, allora tanto valeva prendersene una già fatta e usarla per scopi di potere (così l’imperatore poteva spacciarsi per semi-Dio). L’impronta dell’imperatore sull’Arte era talmente forte che quello Romano è l’unico periodo artistico che non ha praticamente tramandato il nome degli autori, ma solo quello dei committenti.
Hanno conquistato mezzo mondo, erano certamente un popolo molto pratico e se dovevano impegnare del tempo per fare qualcosa ci doveva essere uno scopo ben preciso (anche in Arte).
Pratici, ma non aridi e a dire il vero un culto personale, spontaneo e sincero, ce l’avevano: era il culto dei Lari, degli antenati. Per loro la cosa più importante era conservare la memoria storica (della propria famiglia e del proprio popolo).
Per questo, per ricordare il singolo e le sue gesta, si diffuse il Ritratto.
Il Ritratto è l’esatto contrario del Modello Ideale greco (codificato per rappresentare la superiorità fisica e psicologica di tutti i cittadini della polis). I ritratti dovevano invece sottolineare tutte quelle caratteristiche (fisiche e psicologiche) che allontanavano la singola persona dal modello ideale e che la rendevano unica. Quasi tutti chiamano queste caratteristiche “difetti”. Cavolate!
A chi mai piacerebbe vivere in un popolo di cloni identici e perfetti? Forse agli antichi Greci, ma a me no di certo. Io adoro le differenze.
Un ritratto molto speciale inventato dai romani è il Monumento Equestre (dove la potenza del cavallo si unisce all’intelligenza dell’uomo per simboleggiare l’invincibilità del grande condottiero). Si pensi al bronzeo Marco Aurelio (l’unico sopravvissuto alle fusioni cristiane): l’imperatore calmo e pacato doma con la sola forza del pensiero l’irrequieto destriero (simbolo anche del grande Impero in declino). Come già detto, la roba romana funziona benissimo e, dal Rinascimento in avanti, giù a rifare Monumenti Equestri in tutte le piazze d’Italia e poi d’Europa, nei secoli dei secoli, Amen.
Non mi lamento, per carità, mi piacciono molto i monumenti equestri, ma (almeno per adesso) non mi interessa copiarli perché sono diversa da un Imperatore Romano e di conseguenza diversa è la mia Arte. Non ho (ancora) un ego abbastanza grande per conquistare il mondo.
Ma anche io, come gli antichi Romani, ho il culto dei Lari e custodisco gelosamente la memoria della mia famiglia e del mio popolo. E infatti anche io faccio Ritratti, ma un po’ meno monumentali di quelli imperiali.
Cerco soprattutto di raccontare me stessa e il mio mondo, che è quello delle donne.
Per questo ho pensato a un ritratto di donna con animale. Il cavallo è un meraviglioso animale, ma non mi serviva un simbolo di potenza muscolare e soprattutto non volevo che la mia donna lo domasse. Adesso mi viene in mente la mia opera preferita di Leonardo:"la dama con l'ermellino" (anni fa venne a trovarmi a Firenze e io andai a incontrarla nella sala bianca di Palazzo Pitti, che eleganza sublime), ma non va bene neanche quella, non è un omaggio alla donna in realtà, ma il ritratto dell'amante di un potente (è Cecilia Gallarani e l'ermellino é un'allusione al suo cognome e a Ludovico il Moro).
Io volevo omaggiare la donna come donna (non come "amante di", "madre di", "figlia di") e mi serviva un animale specchio. Ho pensato che quello specchio potesse essere un gatto, anzi, una gatta.
La gatta non è un animale ammaestrabile, è un simbolo di fierezza, di indipendenza e di mistero.
Nel mio “Ritratto Felino”, la gatta sorniona e sfuggente viene trattenuta dolcemente dalle mani della ragazza che quasi si fondono al suo corpo (le due sono in simbiosi, non in opposizione). Lo sguardo fiero e senza paura della giovane è il mio augurio a tutte le donne: che possano un giorno assaporare la consapevolezza della propria grandezza.
Vedo nella donna una profondità maggiore, una praticità maggiore, una coerenza maggiore, una forza maggiore. E forse ho torto, forse non sono maggiori, ma solo diverse da quelle maschili.
Comunque sia, io adoro le differenze.

lalla
"Le due gatte", Ritratto Felino, olio su masonite, 50x60cm
P.S. La mia splendida modella domani avrà 17 anni. Le ho chiesto io di alzare il mento mentre posava, per natura non ha questo atteggiamento spavaldo. E’ una ragazza mite, silenziosa e misteriosa (come una gatta). Ma è anche intelligente, studiosa e determinata. E’ coerente, è forte, è dolce, è romantica, è piena di speranza, è bellissima. Alla sua età ero come lei, ma forse un po' più imbranata (parecchio più imbranata).
Le auguro di incontrare nella vita persone giuste, che sappiano apprezzare la sua grandezza, che non cerchino di frenarla, che non si sentano in competizione con lei, che siano in grado di godersi la fortuna di averla accanto. E se così non fosse (perché il mondo è pieno di stronzi invidiosi) le auguro di fare come me: di andare avanti come un treno, di continuare a vivere la vita a testa alta e di lasciare indietro chi non se lo merita.
Auguri Lucia, vai e spacca!

sabato 3 febbraio 2018

ciao, oggi ti racconto

Ciao, oggi è il 2 febbraio, il tuo giorno.
Appena mi sono svegliata ho pensato a te. Poi però ho avuto un sacco di cose da fare e noi non ci siamo incontrati, allora ti racconto come ho passato la giornata.
Se avessi visto che tempo! Ha piovuto un casino, tutto il giorno. E’ una noia tremenda quando piove! Devo andare in bici a lavoro e lo so che con le mantelline la gente non si bagna, ma io non sono la gente, io sono parecchio imbranata: ogni volta il cappuccio mi casca sugli occhi trasformando l’80% del campo visivo in zona cieca (pericolo!), piove sempre a vento e (non ho ancora capito secondo quale legge della fisica) il vento è sempre diretto sulla mia faccia, quando parto il sellino sembra asciutto, invece il bastardo è una spugna impegnata e appena mi ci siedo si impregna il mio culo (quando entro in classe alla prima ora sembra che me la sia fatta addosso). Insomma: lo so che alle piante fa bene la pioggia, a me no.
Ho fatto quattro ore di lezione, mi piace sempre il mio lavoro.
A pranzo ho trangugiato un panino di corsa mentre mi spostavo da una sede all’altra, oggi era giornata di scrutini. Quasi sei ore, che fatica! Sul finale procedevamo per inerzia, devastati psicologicamente, è un miracolo se domani non scopriamo di aver dato 4 recuperi alla prima della classe e 10 in condotta al teppistello dell’Istituto!
Stavo per lasciare la scuola quando mi ha chiamato Silvia e così (ancora sotto la pioggia) sono andata diretta a un ristorante messicano, c'erano anche Elena e Elisa. Era la prima volta per me, che ganzo (e che rischio) ordinare a casaccio! Appena ho visto arrivare i piatti ho pensato a come ti sarebbe piaciuto assaggiare tutti quegli intrugli piccanti. Così ho proposto un bel brindisi per te, per farti gli auguri.
D'altronde me l’hai insegnata tu la curiosità culinaria. Avresti addentato qualsiasi cosa, non ti schifava niente, anzi, per certi versi più una roba era strana e orripilante e meglio era. "Quel che non ammazza ingrassa". Vasetti con pietanze sospette o scadute da mesi, perfino da anni. Che temerario, ti credevi invincibile. Mi ricordo ancora in Sardegna, era il 1981, un contadino ci regalò il formaggio coi bachi. La mamma neanche riusciva a guardarlo, Guido non voleva mangiarlo, tu lo gustavi tutto contento (spingendo dentro il pane con un dito i bachini che tentavano la fuga), allora anche io (che avevo solo 6 anni) volli assaggiarlo per forza e dissi che era buonissimo. Sarò sincera: non credo che mi piacesse sul serio, lo dissi per renderti orgoglioso e infatti tu lo eri: “guarda Lucia com’è brava la lalla! Guarda come lo mangia!”.
Che belle estati quelle passate in Sardegna, a rosolarci al sole.

A dire il vero è da un bel po’ di tempo che non ci incontriamo, allora ti racconto anche un’altra cosa.
Questa appena passata è stata un’estate caldissima, come quella del 2003 (quando per l’appunto tornammo insieme in Sardegna per l’ultima volta). Non è piovuto mai e io son stata proprio bene a rosolarmi al sole, ma le piante no, loro sono state male. Sono morti tanti alberi, anche quelli grandi, sai? Guido ha dovuto annaffiare perfino il Moro di San Giovenale perché si stava seccando, incredibile!
Poi l’estate è passata ed è ricominciato a piovere.
Una sera d’autunno ha tirato un vento forte, giusto una mezz’oretta, ma è bastata. Guido era in giardino per cercare di mettere in salvo dei vasi e ha sentito lo schianto... il Moro, è caduto, si è accasciato su un fianco, con tutte le radici fuori.
Tu e la mamma avete comprato la casa perché c’era quell’albero enorme, ce l’avete raccontato migliaia di volte. Siamo cresciuti sotto la sua ombra, ci abbiamo fatto compleanni, picnic e le feste più disparate, io mi ci sono pure sposata. Tutto finisce.
Quando l’ho saputo ho pianto come se quell’albero mitologico fosse stato un altro pezzettino di te che se ne andava via.
Poi però ho pensato che era giusto così: il Moro era stanco, avrà avuto due o trecento anni (non he ho la più pallida idea), ma insomma ormai aveva tutto il diritto di morire. Ho anche pensato che sarebbe stato bello e catartico piantare al suo posto un nuovo albero proprio il giorno del tuo compleanno (l’ho anche detto alla mamma). A te sarebbe garbata l'idea? O ti saresti messo a vociare arrabbiato? Vallo a sapere...
L’indomani Guido ha scapitozzato la salma del Moro, ha ritirato sù il tronco con delle carrucole, lo ha rimesso al suo posto e lo ha puntellato con dei pali. Bravo eh, per carità, ma io non lo posso vedere così, quel moncherino pericolante non è più lui. La mamma spera che germogli di nuovo, io spero che non lo faccia. Vorrei lasciarlo andare. Vorrei bruciarlo nel fuoco.
Prima o poi tutti hanno il diritto di finire.
Anche gli alberi mitologici e le persone invincibili.
Agli altri, a chi rimane, il dovere di ricordare.

Buon compleanno babbo, niente mi dimentico, mi manchi.
Sempre mi mancherai.

lalla