lunedì 4 gennaio 2021

saluto il 2020 e dipingo la mia Sacra Famiglia

Addio 2020.
Tutti a farsi gli auguri, invece io ho fatto solo scongiuri, a tutti. In ogni caso, cosa potrà mai significare varcare il 31 dicembre? Una data, del tutto convenzionale e umana, non potrà certo segnare la fine della pandemia. Il virus non è umano e non gliene frega niente se usiamo il calendario gregoriano, mariano o magari quello dei Puffi.
Eppure, a un certo punto dovrà pur finire, muterà lui o in qualche modo muteremo noi. Speriamo muti in meglio e non in peggio allora, il virus, se aspettiamo di farlo noi esseri umani, stiamo freschi.
In ogni caso, ecco cosa mi ha lasciato questo anno che se ne va.

Innanzi tutto, il 2020 ha ribadito che ho parecchio culo! Sono tra i fortunati a non aver perso persone care, le uniche che conosco da lontano e che si sono ammalate, poi sono guarite. La mia salute è andata benino, a parte una polmonite atipica che (con un tempismo perfetto) mi ha colpito in primavera, ma non era il Covid-19, era solo un piacevole diversivo tanto per seminare un po’ di panico.

Poi, il 2020 mi ha fatto vergognare della società molle e decadente che siamo diventati. Sono certa che un giorno sui libri di Storia, nel capitolo intitolato “Il Coronavirus”, questo aspetto sarà trattato. Sarà uno dei fenomeni che ha maggiormente remato contro: l’essere una società formata di individui viziati e incapaci di rinunciare per gli altri ai propri privilegi. La lagnanza. Per le ragioni sbagliate (e cioè non per la montagna di cadaveri giornaliera).
“Non possono obbligarmi a indossare la mascherina, è una limitazione alla mia libertà personale, è dittatura sanitaria!”
Ah, sì? Allora perché indossi un casco se vai in motorino, o la cintura in automobile, quelle non sono limitazioni alla tua libertà personale? Effettivamente lo sono, ma sono soprattutto dispositivi di protezione personale. Dove sta la differenza te lo dico io: sai che se farai un incidente senza cinture o casco quasi di sicuro ci rimarrai secco, invece se ti prenderai il coronavirus (dato che sei giovane e forte) quasi di sicuro avrai poco più che un’influenza e, alle brutte, lo passerai a qualche vecchietto che ci rimarrà secco. Pace all’anima sua… giusto? E allora facciamola finita di parlare di libertà negate, chiamiamo le cose col proprio nome: menefreghismo.
E avanti così: “Io a organizzare feste, a strofinarmi in discoteca per tutta la settimana di Ferragosto, a ubriacarmi in compagnia e pomiciare con le/gli sconosciute/ti non ci rinuncio!” 
Quindi, anche se non se ne parla, è sempre una questione di sesso, giusto?
Donne, non è il momento, compratevi un bel vibratore! Li vendono su Amazon di tutte le forme e colori, se non volete foraggiare la multinazionale, compratevelo su qualche altro sito made in Italy. Voi maschietti ritenetevi fortunati, non dovete neanche spendere, divertitevi da soli, che tanto ciechi non si diventa!
“Io il vaccino non me lo faccio, non si sa nemmeno che effetto abbia, non possono obbligarmi, fascisti!”
E su questo, due parole.
I vaccini hanno salvato l’umanità molte volte, non so se ce la faranno questa.
Io ho sempre vaccinato i miei figli per qualsiasi cosa, tranne che per l’influenza e ora vi spiego il perché. Allora, li ho vaccinati per le meningiti (in Toscana ci sono vari focolai) e anche per Varicella, Morbillo, Rosolia, Pertosse (malattie che io invece ho contratto naturalmente e per cui ho sviluppato gli anticorpi). L’ho fatto in piena coscienza perché sono sani e potevano farlo, ho scelto quindi di vaccinare loro per proteggere altri bambini molto meno fortunati. Ho scelto di non farli essere un veicolo di contagio, bensì una piccola parte dell’immunità di gregge. In questa ottica di altruismo, Elia si è vaccinato anche per il Papillomavirus (che porta tumori al collo dell’utero, organo di cui è chiaramente sprovvisto).
In ogni caso, non è che le care malattie infantili fossero una gran goduria, quando ho contratto la Pertosse avevo 7 anni, non sono guarita, è degenerata nella mia prima grande polmonite bilaterale, 45gg allettata e due mesi di assenza da scuola. Le cicatrici restano (e forse anche un po’ di analfabetismo) e non è un caso se poi da adulta ho avuto altre due polmoniti. Insomma, potendo evitare, perché no?
I virus non sono tutti uguali e la risposta di ciascun organismo è diversa. Per esempio, quello della Varicella è bastardo, il vaccino non protegge sempre e se lo prendi, capace che dopo una trentina d’anni ti regali anche un bel Fuoco di Sant’Antonio, carino no?
L’influenza è invece un coronavirus. I coronavirus per certi versi sono i peggiori perché quelli a diffusione aerea più semplice e soprattutto perché mutano, merdacce. Non ho mai fatto il vaccino ai miei figli perché la copertura non dura più di tre mesi (sicura che l’avrebbero preso al 4°!), di solito si tratta di una malattia abbastanza sopportabile e in ogni caso sarebbero stati esposti a tutti gli altri virus para-influenzali. Io invece, ogni anno, faccio una cura trimestrale con un vaccino liofilizzato che fa sviluppare anticorpi e rafforza il sistema immunitario contro tutti i virus che attaccano il sistema respiratorio. D’altronde, col mio fegataccio e in miei polmoni rattoppati, mi ci vuole un po’ di potenziamento per affrontare i miei cari studentelli untori.
Ed eccoci a noi, viste le riflessioni di cui sopra, non lo so quanto durerà l’effetto di questo vaccino contro il Covid-19, forse, temo, non molto a lungo. Non so neanche quanto riuscirà a rendere immuni o come reagirà ogni singolo organismo (una parte di rischio c’è sempre, non solo con i vaccini, ma assumendo un qualsiasi farmaco).
Io odio gli aghi (ho proprio una fobia a dire il vero) e se mi pungono inizio a ridere come una scema (non di felicità, bensì di crisi isterica), nonostante ciò appena sarà il mio turno, io lo farò.
Lo farò perché ho fatto tutto, proprio tutto quello che potevo per cercare di dare una mano (gel, mascherina, auto-isolamento anche dalle persone che amo, nessun aperitivo, no balli, non cene, no cinema, nessun viaggio, fare lezione con mascherina 6h di fila, poi davanti a schermi spesso oscurati…) e mi rendo conto che ho fatto poco, che non è abbastanza. In Italia la gente muore come mosche, idem nel resto del Mondo.
Il senso di impotenza è terribile.
“Chi si vaccina fa la cavia!”. A me va bene fare la cavia, è comunque fare qualcosa.
Fossimo stati in guerra, ci avrebbero chiamati a combattere, chi si fosse rifiutato sarebbe stato dichiarato “disertore”. Siamo fortunati, siete fortunati: non siamo in guerra e non siamo sotto una dittatura, né sanitaria, né di altro tipo.
Le persone di buona volontà vogliono provare a dare un freno a questa pandemia, forse sarà solo una frenatina e non un arresto completo… per adesso non mi pare che ci vengano prospettate alternative più rosee.
Le donne incinta, i neonati, gli ammalati immunodepressi, gli anziani, lo facciamo soprattutto per loro, no? E anche per gli altri, gli insospettabilmente sani (no-vax compresi), perché questo virus è proprio strano e distribuisce a caso, a chi un mal di testa, a chi la morte. Se dovesse funzionare (non) ci ringrazierete e ci sta bene anche questo (perché l’abbiamo messo in conto).

Infine, parlando di altro (dopo 11 mesi passati a parlarne, il Covid-19 oltre che stronzo è, per certi versi, diventato pure noioso e io mi sono già inimicata una buona porzione di umanità), il 2020 mi ha confermato che io nel mio piccolo mondo ci sto benissimo.
Tante persone sono sclerate dopo i primi 15 giorni di lock-down (intrappolate più dalle soffocanti dinamiche famigliari che dalle quattro mura domestiche). Ovviamente, nessuno di noi in primavera era in vacanza, ma non eravamo neanche reclusi in una cella di prigione. Se davvero per molti la propria casa (dotata di tutti i confort e abitata dalle persone amate) si è rivelata un posto così da incubo, forse sarebbe il caso che cercassero di cambiare qualcosa nella propria vita. Più comprensibili le difficoltà dei single di una certa età, mi pare invece che siano stati quelli più dignitosi e che si siano lamentati di meno.
Io la primavera in casa, devo essere sincera, me la sono anche goduta.
Compatibilmente allo sconforto dovuto alla situazione pandemica, allo shock procurato dalle file di bare che uscivano da Bergamo (immagine che non dimenticherò mai), alla paura per i miei famigliari, alla stanchezza e allo schifo delle boccate di muco che dovevo espellere (la polmonite, che gioia!), allo stress incredibile della didattica a distanza (portata avanti tra uno sputacchio e l’altro), alla polverizzazione irreversibile del fantomatico “diritto alla disconnessione”.
Compatibilmente a tutto questo, me la sono goduta.
Ci sono state un sacco di cose belle, non è stata per nulla una primavera buttata!
Daenerys ha partorito la gattina più splendida dell’universo, l’abbiamo allevata e poi, a fine lock-down, le ho trovata una nuova casa con una padrona che l’adora e mi aggiorna ancora.
Ho supportato Elia (e lui ha sopportato me), ci siamo stati vicini nell’avventura della didattica a distanza. Ho psicologicamente cercato di aiutarlo quando ho potuto, ho osservato ancora una volta la sua serietà e il suo “non saper fare il furbo”, caratteristiche che qualche volta lo mettono un po’ nei guai, ma che me lo fanno piacere molto. L’ho osservato prendere pian piano il largo dal piccolo Re dei Sugolini che è stato, rimanendo infondo sempre se stesso. A Pasqua mi sono concessa di staccare 5gg dalla scuola e ho cercato di catturare in un quadro questo momento di passaggio (dall’essere bambino al diventare un uomo). In seguito ho dipinto ancora, un astratto molto avvolgente che parlava di fluidità e duttilità, qualità che mi parevano essenziali per tutti nel 2020.
La nota più romantica della primavera è stato il rapporto quasi simbiotico con la mia Piccola Fata. Dopo i primi 3 giorni di ribellione, ha capito che avrebbe dovuto far silenzio durante le mie lezioni in remoto, quindi le ha passate disegnando e ascoltando accanto a me. Poi, ogni pomeriggio c’era l’ora che dedicavo solo ai suoi compiti. Non sapete quanto questo mi renda fiera: lei me l’ha chiesto e io le ho insegnato a leggere, scrivere e far di conto, questa cosa nessuno ce la potrà togliere mai. Ho cucinato per loro, ho fatto pure le pulizie di casa (orrore!), li ho intrattenuti in qualche modo.
Dopo è arrivata l’estate, l’estate all'Elba in cui tutti si comportavano come se fosse passato ogni cosa (nonostante nell’altro emisfero morissero a manciate), l’estate in cui io mi sentivo Cassandra e venivo guardata come una pazza perché volevo passarla ancora isolata (ma stavolta insieme al resto della mia famiglia) e incontrare i non famigliari tendendoli "a distanza", quindi di nuovo a Firenze, altri tre splendidi micetti, la ripresa delle lezioni in presenza, l’autunno e un nuovo quadro dedicato al 2020, la seconda (prevedibile) ondata di contagi, le nuove (inefficaci) e poco convinte restrizioni…

Quando Matilde era davvero molto piccola, non so, credo avesse due anni o poco più, inventò un gioco: veniva vicino a me e a Elia proponendo un abbraccio di gruppo: “Giochiamo a tutti?”. Ci è sembrato immediatamente il gioco più bello del mondo e l’abbiamo sempre accontentata, adesso è tanto tempo che non lo chiede più. Ma non c’era bisogno che questo anno cercasse di rammentarmelo, io lo ricordo benissimo.

lalla

P.S. il modo migliore di passare le vacanze natalizie è stato spegnere Teams e dipingere di nuovo. Pensavo a questo quadro da mesi. A primavera mi era venuta in mente "la Famiglia" di Egon Schiele, ma lui è stato davvero sfortunatissimo. Dipingeva questo quadro con trepidante emozione, in attesa del suo primogenito. Il suo sogno è stato infranto dall'influenza spagnola (scelse di rimanere accanto alla moglie incinta malata, se ne sono andati entrambi nel 1918).
Per qualche mese ho lasciato perdere, il peso delle tante famiglie distrutte anche da questo coronavirus era troppo forte e poi vabbè, c'avevo pure la polmonite... un po' di scaramanzia!
Ho aspettato il momento adatto, ho aspettato di sentirmi di nuovo molto fortunata.
Ovviamente io non sono un genio come Schiele, posso solo essere me stessa.
Un ritratto di gruppo non è cosa facile, questa è la mia seconda volta. Mi interessava creare un dialogo di sguardi e mani che raccontasse come questo triangolo mi faccia sentire completa. Ne risulta una composizione molto articolata (e forse un po’ troppo barocca), in ogni caso è abbastanza in equilibrio, è piramidale, circolare… crea l’8 dell’infinito. I colori sono andati da soli verso i viola azzurri, in contrasto con le pelli aranciate. Io porto al collo il regalo che la mamma mi ha fatto per i miei 45 anni, era un gioiello suo, nel mio “tutti” c’è anche un po’ di lei. Per mostrare la collana indosso una maglia scollata e si intravede il seno, mi fa piacere, ha allattato entrambi i miei figli, è un simbolo di fertilità e prosperità. Io sono un po’ come la “Carità educatrice” di Lorenzo Bartolini (nutro il corpo e la mente). E sì, è vero, potrei dirvi che lo sfondo è a pois, ma di fatto ho l’aureola e i miei capelli sono un velo di seta che mi avvolgono… mi piace giocare con le iconografie della Storia dell’Arte, anche con quelle sacre. Se si son messi l'aureola Giustiniano e Teodora in San Vitale, perché non io?  Non sono credente, è vero, ma non ho neppure le blasfeme intenzioni propagandistiche dell'imperatore bizantino. Invece mi piace molto la figura di Maria (e avrei voluto chiamare così la mia Piccola Fata), ammiro il suo coraggio. Mi piace anche il concetto di famiglia strana e un po’ allargata che celebriamo da secoli nel presepe. Dimostra che l’amore e l’appoggio reciproco non pretendono un legame genetico. E poi, lavoravo a questo quadro proprio a Natale (io amo il Natale!), quale momento migliore per dipingere la mia (Sacra) Famiglia?
"Tutti - la (Sacra) Famiglia" - olio su masonite, 80x90 cm, dicembre 2020.