mercoledì 7 dicembre 2011

chissà cosa ci porterà il Natale

Non manca mica tanto a Natale.
Magari quest'anno le vetrine saranno un po' meno strabilianti e le strade un po' meno luccicanti, ma insomma, crisi o non crisi, è sempre Natale.
Mi piacciono le decorazioni, mi piace fare una lunga lista e poi il giro dei negozi per cercare i regali (lo so, sono l'unica!), mi piace spendere per gli altri (io che per me sono così tirchia), mi piace pensare a loro mentre acquisto qualcosa che a me sembra perfetto e che con ogni probabilità al destinatario farà pena, mi piacciono le maratone in famiglia caratterizzate soprattutto da abbuffate culinarie (pranzoni/cenoni, etc. che quest'anno potrò a mala pena assaggiare), mi piace il clima "siamo tutti più buoni", mi piace la curiosità che sento prima di aprire un pacco (chissà che cosa ci sarà in serbo per me...) e mi piacciono perfino le canzoni.... insomma: il Natale mi piace.
Però devo confessare che non è merito/colpa del periodo se sono felice.
Sono felice perchè ho preso un decisione allegra, e spensierata.
Ho allegramente, e spensieratamente (perchè queste due qualità sono essenziali in una decisione del genere) deciso di provare ad avere un altro figlio. Il perchè ed il come di questa decisione son presto detti. Il nostro "ménage à trois" è molto bello, sereno, facile... fa appunto parte della natura umana complicare le cose semplici.
Sono tre anni che io e Theo abbiamo deciso, non sempre tutto va liscio al primo tentativo, ma adesso il fegato è a posto, il momento è giusto.
Quindi ho deciso di riprovarci, ma mi rimaneva un po' di paura.
Non avevo paura di rischiare di lasciarci le penne nel parto (come per Elia), non  avevo paura che qualcosa andasse storto e che alla fine dovessi annegare nella delusione (come per la seconda gravidanza). Non c'è mai tempo per pensare a cose così razionali e giuste quando si prendono queste decisioni.
Ci vorrebbero appunto allegria e spensieratezza. Però, un po' di paura l'avevo.
Avevo paura di desiderare un'altra figlia soltanto per sostituire quella mancata. Di volere una rivincita, non un bambino. Avevo paura di proiettare su quel piccolo esserrino innocente l'immagine irrisolta di quella bambina con le treccine che non ho conosciuto mai. E se fosse stato maschio? Avevo paura di non saper più essere una buona mamma, di non saper gestire un altro "fidanzato" (ne ho già due). Avevo paura della reazione di Elia, della sua gelosia fisiologica, della sofferenza che proverei, che proverò, quando lui ce l'avrà con me e mi scaccerà via per aver creato il suo rivale.
Mi stavo appunto torturando con tutte queste paure quando, la scorsa settimana, ho scoperto cos'è una gravidanza biochimica. Niente di speciale, solo una nozione che mi mancava. E' proprio vero che nella vita non si finisce mai di imparare.
E mi è passata la paura.
Ho finalmente sgombrato la mente da tutti i fantasmi e riaperto la porta.
Io non so quando, o se, arriverà un altro figlio. Come il Natale "quando arriva, arriva" e se sarà femmina o maschio, non mi interessa più. Se un giorno deciderà di entrare nella nostra piccola famiglia, sarà il benvenuto. Farà un gran casino, è chiaro, scompiglierà tutti gli equilibri. Creerà il primo giusto allontanamento tra Elia e me, il primo giustissimo limite al suo regno. 
Elia soffrirà e crescerà, lo stesso farò io. 
E dire che lo chiede tanto, un fratellino... povero ignaro mio piccolo Re, lo aspettano tempi duri.
Ma siamo bravi noi tre, siamo in gamba, in qualche modo ce la caveremo.
Però, che emozione concedersi il lusso di una nuova avventura! Che curiosità di scoprire che cosa c'è in serbo per noi, che ebbrezza mettersi alla finestra ad aspettare...
Alla fine è bastato aprire una porta per essere ancora più felici.



lalla

2 commenti:

  1. hai visto che non sei solo un'insegnante, ma anche una moglie e (soprattutto) una mamma?
    ;-)

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  2. già, sono soprattutto una a cui piace mettersi nei guai!
    Il fatto è che con un "guaio" meraviglioso come Elia per le mani la tentazione di ricascarci è troppo forte.

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