martedì 9 marzo 2010

la secchiona, il "rosa maiale" e la morbidezza della carne

In terza/quarta liceo artistico il nostro prof. di arte ci portò agli Uffizi a vedere il michelangiolesco "Tondo Doni", da poco restaurato.
Va precisato che a quei tempi ero una "nerd" in piena regola: portavo golfini infeltriti e camicette con galetta bianca (giuro), capelli lunghi fino al sedere con la frangetta, mocassini ai piedi (il resto femminile della classe sfoggiava magliettine aderenti, all-star, trucco pesante, banana di gelatina nei capelli e una sigaretta tra le dita), ero secchionissima, mai fatta una forca (neanche pensata), il senso del dovere e la paura di deludere genitori e professori mi ossessionava. Per fortuna mi ossessionava anche la curiosità, la voglia di conoscere ed imparare e alla fine vale il proverbio "impara l'arte e mettila da parte", o almeno spero.
Ma nonostante fossi sempre seduta nel primo banco a prendere appunti e preparatissima sulla lezione, dell'arte non avevo ancora capito nulla.
Forse era colpa del suddetto prof. (un uomo serissimo nel suo lavoro, ma molto piatto e asettico, spiegava con la voce monocorde, sembrava che parlasse di ragioneria...) o forse ero semplicemente io, troppo immatura e troppo inesperta. Pensavo di conoscere l'arte solo perchè ricordavo i nomi, le date, le nozioni e prendevo bei voti, che scema...
Insomma, andiamo agli Uffizi.
Come al solito, ad una buona parte della classe non gliene importava nulla di arrivare al museo, si attardavano alle vetrine, chiacchieravano tutto il tempo, io stavo appiccicata al prof., ogni tanto mi guardavo indietro con una certa disapprovazione. Ero anche un po' snob, ammettiamolo.
Ed ecco che, una volta davanti al "Tondo Doni" successe una cosa strana: sinceramente, il quadro non mi piacque per niente. La riproduzione sul libro di testo conservava la patina del tempo, ma dal vero il restauro regalava alla superficie pittorica dei colori incredibilmente sgargianti. La pelle dei personaggi era "rosa maiale", non scherzo, brillava come uno smalto, le vesti erano gialle, verdi, azzurre che cangiavano in
viola, la Madonna aveva più muscoli di un culturista, idem il bambin Gesù... io ero solo una ragazzina, non ero pronta per questa irruenza, per questa violenza pittorica. Anni più tardi ho capito Michelangelo ed il suo essere uno scultore anche mentre dipingeva.
E così, per la prima volta, mi sono distratta dalla spiegazione del prof. e ho cominciato a vagare per la stanza.
E' stata una fortuna perchè ad un certo punto è accaduta una magia: mi sono innamorata di un dipinto, e dell'arte.
A quei tempi non sapevo chi fosse Tiziano Vecellio, né avrei saputo datare, o commentare, la sua "Venere di Urbino", ma rimasi parecchi minuti ammaliata da quella donna distesa, che mi guardava ammiccante.
Aveva gli occhi umidi e vivi, ma soprattutto la pelle, quella pelle candida, potevo quasi percepirne il calore e il profumo. Che meraviglia, la morbidezza della carne nuda...
Ancora oggi subisco il fascino della Venere, ma certo non sono più un'adolescente e ho corde diverse che vengono sollecitate anche da quadri diversi.
Però quella prima sensazione fu tanto forte da rapirmi completamente, da allora ho passato tutta la vita cercando di provarla ancora (quasi avessi avuto la "sindrome di stendhal" o mi fossi "drogata di pittura"). Ogni tanto mi succede di nuovo, è qualcosa di magico, penso che accada solo se esiste una sintonia perfetta tra quello che si prova in quel momento e ciò che sentiva l'artista.
Non so, so solo che a risvegliarmi dal mio torpore amoroso furono i rimproveri del prof.:
"Gonnelli! Da te non me l'aspettavo, che fai ancora qui, ci siamo spostati nell'altra sala..."
Vaglielo a spiegare al prof. Ragazzini che quella mattina stava cambiato il corso della mia vita, che avevo assaporato quanta gioia e serenità avrebbe potuto darmi l'arte, che avevo deciso che l'avrei dovuta scoprire e cercare sempre, che avrei anche potuto insegnarla un giorno, tanto mi era sembrata immensa...
pensai che, se un giorno fossi riuscita a far sentire a un ragazzo, anche ad uno solo, quello che avevo sentito io, sarei stata una grande professoressa!


lalla

P.S. Negli anni ho fatto pace con Michelangelo.
E' stata proprio la volta della Sistina a ragalarmi una nuova estasi artistica.
Prima di entrare nella Cappella hai già visto centinaia di riproduzioni e pensi di sapere già tutto su quel soffito, ma lei è tanto grandiosa ed eroica da costringerti a restare almeno mezz'ora, sconcertato, con la testa rivolta verso l'alto. E' tanto magnetica da rendere per tutti invisibili i capolavori di Botticelli e Perugino presenti sulle pareti.
Come tanta forza e potenza possano essere scaturite da una sola mano rimane un mistero, ancor più della divina creazione d'Adamo in essa rappresentata.
Saranno sempre, per me, Tiziano "il Pittore" e Michelangelo "lo Scultore", a loro devo tutto e li ringrazio.

"il corpo - grande metopa", olio su masonite, 60x60 cm.

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