venerdì 13 dicembre 2019

due campanelli

Io mi ascolto e mi osservo molto, da sempre. Mi monitorizzo e sono molto esigente. Allora diciamo “bene, ma non benissimo” dato che questa settimana sono suonati due campanelli.

Primo campanello.
Il lavoro di insegnante me lo hanno sempre invidiato tutti, senza sapere l’abnegazione che richiede (farlo bene) e lo stress psicologico a cui sottopone.  Ma, nonostante il non riconoscimento della società e lo stipendio ridicolo, ho sempre pensato che ne valesse parecchio la pena.
Da qualche anno però, seguendo una curva esponenziale, il mio lavoro sta cambiando. Non si tratta più di insegnare e quindi organizzare attività (la cosa più stimolante) e preparare lezioni (la cosa più interessante), stare in classe (la cosa più bella e importante) e correggere verifiche (la cosa più pallosa), si tratta invece di sopravvivere a tutta una spirale impressionante di adempimenti burocratici, incontri/scontri e impegni pomeridiani, scadenze improvvise e spesso inderogabili  che mi costringono a  un controllo continuo della rete (anche di domenica). Ho sempre corretto piramidi di tavole anche nel fine settimana, non è di questo che mi lamento, il fatto è che adesso non posso staccare mai, non più. Non aiuta il fatto che da tre anni mi ritrovi a dover coordinare il Dipartimento (gratis) e una classe (quasi gratis) nonostante l’esigua scansione oraria di 2h a settimana. Non posso farlo in quelle 2h, è chiaro, altrimenti addio programma di Disegno e Storia dell’Arte, quindi coordino in tutto il resto del tempo (e non sapete che beghe!).  Di conseguenza è decisamente stupido avere un part-time per gestire i miei figli: ci rimetto una fetta di stipendio e mi ritrovo invece a gestire i figli degli altri (a gratis) praticamente non-stop.
Per una persona come me, la ragnatela burocratica e tutto questo carico di preoccupazioni extra sono una maglia asfissiante che mi risucchia energie. Non me ne restano più abbastanza per fare ciò che è più importante che, porca miseria, qualsiasi cosa mi venga detto o ordinato di fare, io so cos’è:  dare ogni volta il 100% quando sono con i miei figli e con i miei studenti. Quel 100% forse non sarà abbastanza, ma io devo sapere di averlo dato (anche il 120% se ce la faccio): non conosco un altro modo per dormire tranquilla.
Devo mettercela tutta e di più.
E io ce la metto, giuro, ma in questa situazione tante energie si disperdono e io non riesco a perdonarmelo.
Eccoci al campanello: martedì ho assegnato un compito in classe di Disegno a due ragazzi, dovevano eseguire la prospettiva centrale di un solido composto… avevo sbagliato il ripasso di due spigoli! Per fortuna sono bravi e se ne sono accorti da soli nei primi 10’ così hanno avuto il tempo di svolgere tutto correttamente, ma io avevo sbagliato.
Potrei dire a mia discolpa che il compito vero e proprio fosse lunedì e che io lo avessi preparato con calma e attenzione, potrei raccontare come i suddetti ragazzi fossero mancati per il blocco dei treni procurato dal terremoto e mi avessero chiesto (la sera del lunedì tramite chat) di recuperarlo l’indomani in un’ora di supplenza, potrei aggiungere come io avessi accettato recandomi a lavoro in fretta e furia un’ora prima (sempre a gratis)  e avessi dovuto cambiare la traccia la volo col bianchetto nei 10’ prima di entrare in aula. E’ tutto vero, ma questo non giustifica il fatto che io abbia sbagliato un ripasso. Non mi era MAI capitato nella vita. Io scambio lettere, parole intere, date, sbaglio i calcoli da sempre, va bene, lo so di essere fallevole, questo lo accetto ma ho anche dei punti di forza, porca miseria: io non sbaglio MAI un ragionamento logico matematico o di geometria descrittiva!
Non è neanche “una tantum”: mi era successa anche un’altra cosa tremenda il primo lunedì di novembre quando è entrato in vigore l’orario scolastico definitivo. Ho letto per benino il nuovo orario prima di entrare in classe: 5°-1°-buco-3°. Ok, sono corsa in 5° e mi sono concentrata nella lezione, ho fatto del mio meglio. Quando sono uscita dalla classe la mia testa bacata aveva elaborato l’orario a modo suo: 5°-buco-1°-3°. Essendo convinta di avere un’ora libera, mi sono messa al computer in aula docenti tutta efficiente a caricare il nuovo orario e l’ora di ricevimento sul registro (come prescritto dalla circolare). Ci sono rimasta per ben 45’ prima di rendermi conto che durante quell’ora sarei dovuta stare in classe. Quando me ne sono accorta, lo giuro, ho rischiato l’infarto. Non mi era mai successa una cosa del genere, mi è presa la disperazione: io non posso perdere un’ora di Storia dell’Arte, significa perdere un’intera settimana! Sono corsa in 1° e mi sono scusata 200 volte. Mi sentivo schiacciata dal senso di colpa. Quando è suonata la campanella e sono entrata nella mia VERA ora libera, sono andata a controllare al banco dei custodi e ho scoperto che l’indomani i ragazzi avrebbero avuto una supplenza (menomale!), così mi sono precipitata in vicepresidenza per costituirmi e a pregare che mi concedessero un’ora aggiuntiva per recuperare la lezione. Solo in quel momento mi si è sciolto il nodo alla gola.
So di essere poco indulgente con me stessa e anche questo errore l’ho vissuto malissimo, ma in ogni caso l’avevo attribuito ai miei soliti problemi di dislessia, mi ero vergognata, ma non spaventata.
Il ripasso sbagliato invece è proprio un campanello d’allarme.
Allora ho deciso una cosa importante: che il prossimo anno cercherò di evitare il coordinamento del dipartimento e se mi nomineranno  di nuovo anche coordinatrice di una classe io troverò il coraggio di rifiutare l’incarico. Non sarà elegante, ma posso e devo farcela. Ci sono persone che sanno destreggiarsi molto meglio di me con burocrazia, cifre e scadenze, io per cercare di farlo decentemente sono spinta ad un affaticamento mentale davvero eccessivo. Non ne vale la pena. Non può risentirne la didattica, non è giusto. Per i miei studenti ci sarò sempre (anche la domenica, anche via chat, anche a gratis) ma vorrei tornare lucida e scattante, come gli servo davvero. Se poi invece questi sono i primi segni di una demenza senile pace, ma almeno vorrei provare a invertire la tendenza.


Secondo campanello.
Ok, accantonato il campanello di over-working (con conseguenti stress e ansia) a cui cercherò di dare ascolto e porre rimedio nel prossimo anno, passiamo a una roba diversa.
Martedì notte (quella dopo aver sbagliato il ripasso), ho fatto un sogno.
Nei sogni sembra tutto vero, poi quando ti svegli ti rendi conto che non torna nulla, ma facciamo finta che quello che vi racconterò adesso abbia un senso.
Allora, siamo in una realtà parallela in cui io vivo in casa con i miei figli però c’è anche un altro bimbo (credo) e soprattutto suo padre (che non è il mio ex-compagno). Questo tizio vive nella nostra casa, ma ognuno sta per conto suo, diciamo che è un coinquilino e io neanche so che faccia c’ha, forse la faccia non ce l’ha neanche. Anche i mie figli parlano con lui e con l’altro bimbo tranquillamente, soprattutto Elia, come se averci questi due in casa fosse la routine (loro non so dove dormano, in ogni caso non nei nostri letti), forse li stiamo ospitando per un periodo, non è chiaro. Vabbè, poi succedono tutta una serie di cose banali che non ricordo, comunque so che il tizio senza faccia è simpatico e tranquillo e la sensazione è che non sia sconosciuto, ma una persona con cui siamo in confidenza .  Ad un certo punto arriva la sera e lui si siede sul divano (credo per guardare la televisione) e anche io devo sedermi e, non so per quale ragione, senza chiedere manco il permesso,  mi ci accovaccio contro (come se lui fosse un guscio semicircolare e io mi ci sistemassi perfettamente all’interno come il frutto della noce). Ho provato una sensazione struggente, che sembrava perfetta e che non provavo da tantissimo tempo. E ho pensato (nel sogno): “ma guarda, questo tizio che non avevo considerato per tutta la giornata e invece è il posto giusto dove sistemarmi”.
Subito dopo mi sono svegliata incazzata come una biscia, non contro il destino avverso che mi ha relegato al ruolo di donna single (per non dire sola), ma contro il mio inconscio e i miei ormoni: il posto giusto NON esiste! Lo dico con cognizione di causa guardandomi intorno: almeno l’80% delle donne con un compagno non hanno trovato il loro guscio (qualcuno che combaci perfettamente, le faccia sentire al sicuro e importanti), figurati se posso perdere il mio tempo a sperare di ricadere nel 20% di quelle acculate.
Nonostante la convinzione razionale di voler procedere da sola, l’inconscio ci prova a mandare dei segnali. 
Il fatto è che ho 44 anni, non 64: gli ormoni ancora pressano. Ben vengano i sogni erotici (mica sono una suora!), ma possibile fare ancora questi cavolo di sogni romantici?
Potrei dire a mia discolpa che a settembre, in seguito a ripetute lusinghe di un simil-corteggiatore, avevo preso l’iniziativa con l’idea di abbandonare il mio triennale ritorno al nubilato, potrei anche rivelarvi che poi quello si è dimostrato solo un quaquaraquà a cui piaceva giocare al gatto col topo, ma che non aveva alcuna intenzione di passare a giochi più interessanti, potrei aggiungere che (al di là della contentezza di provare di nuovo un certo friccichino e di lasciarmi andare a certi pensieri, segno che alcuni eventi del passato sono ormai accantonati) ci sono effettivamente rimasta un po’ male e a bocca asciutta , tutto questo è vero, ma non giustifica il fatto che io abbia sognato una roba tipo il Principe Azzurro! lalla ancora pensi di desiderare queste scemenze? Vergogna!
Non vi dico che amaro in bocca.
Non posso permettere al mio ego ferito di distrarmi dalla mai vita e di farmi rimanere agganciata a una piccola delusione senza importanza.
Tempo due minuti, giuro, sento i passettini di Matilde sul parquet: “Mamma posso venire nel lettone? Ho fatto un incubo”.  Avrei voluto risponderle: “Vieni, vieni, ho fatto un incubo anch’io”.
Mi è salita “in collo” (a Firenze si dice così, non “in braccio”, le braccia possono tenere anche distanti, invece i bambini vanno tenuti attaccati, con la faccia nell’incavo sotto l’orecchio, per percepirne il calore, e la testolina sotto il naso, per gustarne l'odore). Mi si è allacciata come un Koala, calda e profumatissima di bavetta. Nel sogno quando mi sono posizionata nel mio guscio, non ho sentito nessuna resistenza, combaciavamo alla perfezione (era una sensazione troppo perfetta, irreale), invece Matilde mi ha conficcato le ginocchia nel costato e i gomiti nel seno dando vita a una tortura dolcissima che mi ha tolto il sonno e restituito la serenità. Ha sconfitto il mio inconscio con facilità. I miei sentimenti sono più forti dei miei ormoni e la realtà è molto più bella dei sogni. Io sono per gli altri morbida, calda e accogliente, io li faccio sentire al sicuro e importanti.
Io sono il guscio. Dei miei figli, dei miei studenti, probabilmente anche della mia mamma e perfino di chi mi conosce appena. E’ la mia natura, io sono fatta così.
Essere un guscio è bellissimo, basta ascoltare i campanelli e non dimenticarsi di cosa sia importante, scrollarsi di dosso tutto quello che non lo è.

lalla

5 commenti:

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