domenica 12 luglio 2020

parlando di esami

Io sono sempre stata un caterpillar nel fare esami. Una macchina da guerra.
La cosa che mi rendeva speciale era la capacità di “fare io” l’esame, di condurlo. Nel senso che non me ne stavo lì come un agnello sacrificale in attesa della mazzata, nel 90% dei casi è stata praticamente una conversazione alla pari anche perché avevo ben chiaro dove sarebbe calato il bastone e così potevo scansarmi in tempo. La caratteristica più importante del bravo studente non è la preparazione, bensì la capacità di “leggere” il proprio insegnante. Insomma, potendo prevedere dove saremmo andati a parare, non ci sono mai state troppe sorprese. Sia io che il mio professore avevamo qualcosa (molto) da dire sull’argomento perché ovviamente io ero anche preparatissima (oltre che sveglia) e quando si tratta di parlare, qualcuno dovrebbe spararmi alle gambe per farmi stare zitta.
Tutto è iniziato alle elementari, le ho vissute in modo davvero travagliato.
Non ho frequentato nessun asilo e ne vado fiera, ho passato la mia infanzia allegramente appesa sugli alberi, a coccolare gatti e a rincorrere galline. Trascorrevo le giornate da sola (e in piena armonia) a disegnare splendide donne libere (come lo ero io) e a inventare storie (più o meno quello che mi piacerebbe fare anche adesso). La vera spensieratezza.
Poi da un giorno all’altro, senza preavviso, mi hanno buttato su un banco (e io sono nata a novembre, quindi a scuola ci sono pure andata presto).
Non l'ho presa bene. C’ho provato, credetemi, e all’inizio ero molto emozionata di questa novità e anche ottimista (sono una a cui piace buttarsi). Avrei conosciuto la maestra di Guido e Silvia, solida istituzione del paese, ci tenevo a fare bella figura.
Appena entrati in classe ci fece un bel sorriso, poi ci chiese: “chi di voi sa scrivere il proprio nome?” Io alzai subito la mano perché sapevo scriverlo benissimo, anzi, andavo tutta fiera di aver inventato un modo molto grafico di incastrare le due “LL” per formare una firma stilosa da apporre sui miei disegni. Scrisse i nostri nomi alla lavagna e ci chiese di alzarsi, uno per uno, e di andare a riconoscerli. Io non sapevo leggere nient’altro ma ci sono andata fiduciosa, solo che il mio nome non c’era e così gliel’ho detto: “il mio nome non c’è”.
“Come no? Allora scrivilo tu, se ne sei capace davvero”. Aveva smesso di sorridere, il suo tono di sfida mi turbò. Non conoscevo ancora la “razza insegnante”, era il mio primo contatto, e non mi aspettavo di poter finire così alla gogna in un attimo. Ricordo che la mano mi tremava e la firma non venne tanto elegante. “Questo non è il tuo nome: lalla non significa niente, tu ti chiami Ilaria” e sempre più fredda “vai a sederti”. Quindi pensò bene che non bastasse e che fosse il caso di umiliarmi di fronte a tutta la classe: “Bambini, ricordatevelo bene tutti: se non sapete fare una cosa non dovete dire bugie, io non sopporto le persone che mentono”.
Io non mento mai. Era lei a non conoscere il mio vero nome. Prendermi della bugiarda in quel modo dopo 10’ di scuola, è stata una delle offese più pesanti che ho subito nella vita.
A fine mattinata entrò un’altra insegnate: “Dovremmo riequilibrare le classi, l’altra sezione è troppo piccola, va spostato uno studente, dopo ne parliamo”.
La maestra/istituzione del paese non ci pensò neanche un secondo, lo disse senza guardarmi negli occhi: “non c’è bisogno di parlarne, prenditi lei”.
Prenditi lei.
Lo so che questa storia l’ho già raccontata un milione di volte, il fatto è che, evidentemente, mi brucia ancora. Magari a quella povera donna era morto il gatto il giorno prima, vallo a sapere, ma io sono permalosa a livello patologico e a tutt’oggi non mi è chiaro una cosa: se sono nata dislessica o se ci sono diventata per forza di volontà. Quel rifiuto mi fece sentire in diritto di rifiutare. In ogni caso, non posso negare di aver sofferto di disturbi specifici dell’apprendimento (e di non esserne guarita mai completamente).
Non ricordo più niente della prima elementare e sospetto persino di non averla fatta, in ogni caso non credo di aver imparato praticamente nulla. La maestra/istituzione fu costretta a riprendermi in seconda, ma quel primo giorno era cominciata una guerra, dal mio punto di vista l’aveva iniziata lei, io mi impegnai molto nel portarla avanti scrivendo davvero come una bestia.
I miei quadernoni di seconda elementare sono commoventi, li ho ritrovati anni fa e mi sono quasi messa a piangere, poi li ho rinchiusi in uno scatolone che non ho avuto più il coraggio di riaprire. Ricordo solo di aver pensato “la mia mamma vedendo questi scempi come ha fatto a non pensare che io avessi un problema?”. Bo, misteri della maternità.
In alcune pagine campeggiano enormi parole (in quello che sarebbe dovuto essere un corsivo) scritte con un pennarellone spuntato viola, tutte storte e completamente fuori-scala, praticamente illeggibili e completamente fuori dalle righe, come mi sentivo io.
Passavo la ricreazione a disegnare sa sola, nel mio banco. Quella era l’unica cosa che sapevo fare davvero bene e infondo anche adesso, no? Non è che poi in quarant’anni si cambi granché.
Torniamo in seconda elementare, forse anche la maestra ci metteva del suo: io adoravo recitare ed ero anche bravissima e pimpante ma allo spettacolo di Natale lei mi fece vestire da pastore maschio “sei troppo scura per fare la Madonna e hai i capelli troppo corti per fare la femmina”. Per Maria scelse una sdolcinata bionda e vabbè, ma farmi fare il pastore maschio... stiamo scherzando?
Ero scura e maschiaccia, è vero, ma sapevo disegnare meglio degli studenti di quinta. Tutte le maestre della scuola se ne erano accorte, ignoravano però che a poco più di 7 anni sapessi anche vendicarmi. Mi misero a decorare tutte le finestre della scuola, che settimane magnifiche, passavo intere mattinate a dipingere un enorme presepe sui vetri mentre i miei compagni (poveracci) se ne stavano al banco a spremere le meningi.
Nell’ultima grande finestra dipinsi la Sacra Famiglia, erano tutti bellissimi e con la pelle più scura di Barack Obama. La mia mamma si fece una grassa risata, poi sentenziò che la mia ricostruzione era storicamente corretta e per poco la maestra/istituzione non ci rimase secca!
Continuammo a scambiarci cortesie per quattro anni.
Ricordo ancora l’incubo di quando mi interrogava per giorni e giorni in piedi sulle tabelline esordendo sempre con la stessa frase “ora sentiamo l’Ilaria che tanto non le sa” e infatti io non le sapevo, mai. Non mi capacitavo, il pomeriggio le ripassavo e ogni volta al mattino mi fregava. Alla fine, disperata, mi rivolsi alla mamma: “ti prego aiutami, sono un caso disperato con le tabelline, in classe lo sanno tutti ormai”.  Dopo avermele fatte un po’ ripetere la mamma, con mia grande sorpresa, disse: “Guarda lalla che tu sai praticamente tutte le tabelline eccetto pochissime (7x6, 8x6, 7x9, 8x9)”
L’arpia mi chiedeva sempre quelle!
In una mezz’oretta trovai il modo di impararle  e il giorno dopo la lasciai senza fiato. “Ma come hai fatto Ilaria a imparare tutte le tabelline in un giorno?”
E io, che sono una pura di spirito, le risposi pure: “Non le ho imparate tutte, lei mi chiede sempre le solite 4 o 5 più rognose, mi è bastato imparare quelle!”.
Arriviamo all’esame di 5° elementare (che purtroppo adesso non esiste più) e al momento che ha dato finalmente un senso al nostro rapporto di maestra e allieva.
L’ho affrontato con grande serenità e infatti non avevo studiato un bel niente di Storia (per me, che ancora non riuscivo a leggere fluidamente, studiare senza le immagini era un supplizio). Dopo il tema di Italiano mi ricordo che ci divisero un po’ a scaglioni, mentre interrogavano alcuni a matematica, misero altri a fare scienze e un disegno. Il disegno lo finii presto e così entrai in aula dove la maestra/istituzione stava interrogando in geometria. La geometria mi piace parecchio!
Toccava a Nicoletta, compagna intelligente, sempre ben preparata e molto più scolarizzata di me.
La maestra sorridendo cominciò a dettarle il testo di un problema e lei lo scrisse elegantemente alla lavagna, fece un bel disegno, riportò i dati e la domanda e… silenzio… si voltò impietrita: “non lo so fare”.
Momento di panico, la maestra guardò meglio la pagina: “Oddio, scusa Nicoletta, questo argomento non lo abbiamo fatto, lo farete il prossimo anno alle medie, cancella pure la lavagna”.
E io: “Scusate, ma io invece credo di saperlo fare, posso provare?”.
Erano entrambe incredule, in ogni caso mi disse che potevo avvicinarmi.
Il mio ultimo giorno di elementari ho alzato la mano e sono tornata di mia spontanea volontà di fronte alla stessa lavagna, alla stessa maestra, a dimostrare quello che sapevo fare.
Non ricordo esattamente il testo del problema, c’entravano una circonferenza e un triangolo equilatero inscritto, il raggio… Pitagora? Ricordo bene la faccia della maestra osservando il mio ragionamento perfetto e veloce.
Alla fine le chiesi: “Va bene così?”
E lei, ancora un po’ meravigliata, rispose: “Va benissimo Ilaria… penso che adesso puoi andare alle medie”.
E io, votata al sacrificio: “Ma no Maestra, dovete interrogarmi ancora in Storia…”
“No, fidati, sei pronta”. Come lo disse, con calma e orgoglio, davanti a mezza classe rimasta congelata, Nicoletta compresa.
Che botta d’autostima!
In quell’attimo si chiuse il cerchio perfetto. Quell’esame mi ha consegnato ai successivi impegni scolastici convinta di avere sì tantissimi limiti, ma anche infinite possibilità.
Aveva ragione la mia meravigliosa e terribile maestra/istituzione: io ero pronta. E a quel punto mi ci aveva portato lei, con le sue durezze, con le sue sfide assurde, con i suoi piccoli dispetti, ma anche con la sua capacità di sopportare le mie ripicche e, alla fine, di riconoscere i miei pregi oltre ai miei difetti e alle mie stravaganze.
In prima media ho dovuto davvero sgobbare molto per cercare di colmare i miei problemi di letto-scrittura, non esistevano i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e non avendo aiuti speciali, ho dovuto trovare con la logica una strada per aiutarmi da sola, inventarmi dei trucchi, ce l’ho fatta soprattutto perché mi ero convinta di avere la forza di potercela fare. Mi ero convinta di poter fare tutto quello che avrei voluto. E quindi diciamo che poi l’esame di 3° media con Ottimo, il 60/60 alla maturità, il 110 e lode alla laurea, il 1° posto al concorso a cattedre per l’insegnamento… contano molto meno e sono solo una logica conseguenza di quel primo grandioso esame e di quel primo disastroso giorno di scuola. Sono la conseguenza di una sfida nata e poi vinta davanti a quella lavagna e della consapevolezza che con la mia determinazione da quel momento in avanti avrei potuto vincerle tutte!

Gli esami, magari c’é chi li prende sotto gamba, ma possono contare molto nella vita, sono degli spartiacque. Per questo ci tenevo tanto che riuscissimo a far svolgere alle nostre 5° gli esami di Stato (la famosa “maturità”) in presenza.
Molti ragazzi si sarebbero venduti il cane pur di portare avanti una farsa a distanza, la paura ovviamente era tanta. Alla fine per fortuna li abbiamo delusi. Certe cose nessuno ha mai voglia di farle, ti ci devono costringere, ma quella fifa e quell’adrenalina ogni tanto ci vogliono nella vita!
Il terribile periodo che il mondo intero sta vivendo gli ha evitato di giocarsela agli scritti, peccato soprattutto per il tema di Italiano, perché quella sensazione da “fine di mondo” che ho provato il 24 giugno 1993, all’apertura della busta con i titoli, non è per niente una roba comune. Comunque, qualche brividino anche i miei studenti l’hanno provato e soprattutto grazie a me.
Per iniziare il colloquio interdisciplinare siamo partiti sempre da un’opera d’Arte. Io sono una persona corretta, non si fanno pagliacciate: non gli ho fatto nessuna anticipazione su che opera gli sarebbe toccata (nel programma dettagliato erano circa trecento). Ogni volta che andavo a proiettare l’immagine ero presa io stessa dal terrore, sapevo che erano preparati, ma se con il panico del momento avessero avuto un vuoto e non l'avessero riconosciuta? Non si sa mai… invece è andato tutto bene e alcuni non solo hanno analizzato in modo approfondito l’opera, ma sono riusciti a creare continui collegamenti interdisciplinari e a condurre un colloquio eccellente! Che bellezza!
Ho cercato di dare soddisfazione a tutti e concedergli quella spinta tanto determinante che, quando avevo solo 10 anni, fu data a me.
Li ho visti piangere, gioire, tremare, alcuni sono stati capaci di meravigliarmi e di riempirmi d’orgoglio, li conosco da 4 anni, come potevo rimanere distaccata emotivamente?
In sostanza, nonostante la serietà e l’entusiasmo, non sono l'insegnate adatta per fare il membro interno alla maturità: non ho dormito una settimana intera!
Poi, molto velocemente (solo orali di 60’ ciascuno, si fa presto), il 20 giugno anche questo esame è finito.
Ma io non ho potuto riprendere sonno fino al 23 giugno, mi aspettava un altro esame e ora vi spiego il perché.

Visto che gli esami alle elementari non esistono più, noi abbiamo trovato il modo di inventarcelo. 
La Piccola Fata è nata il 30 aprile 2014, è molto grande e sveglia, avrei potuto mandarla in 1° elementare a settembre 2019, ma non sono riuscita a capire se fosse o meno una buona idea, non volevo farle un torto. Tutti a dirmi “le togli un anno di giochi”, questione per me poco chiara, in che senso? Io comunque l’avrei rispedita alla materna 8h al giorno, non è che proprio l’avrei lasciata libera di farsi i cavoli suoi come me ne stavo io alla sua età.
Comunque, alla materna ci era sempre andata volentieri, il padre era contrario all’anticipo e quindi nulla.
A settembre ha iniziato il suo terzo anno all’asilo e mi ha sorpreso: piangeva e non voleva più andarci, ci è rimasta malissimo che le migliori amiche fossero andate alle elementari, ha iniziato a ribellarsi, non voleva più stare in cerchio a cantare (secondo una maestra: “meno male che non l’avete iscritta alle elementari, la bambina è regredita. Evidentemente è molto indietro. Quando raccontiamo una storiella lei non ha memoria e non capisce, ad ogni domanda risponde sempre “siamo in autunno”).
Ma se per due anni mi avevano detto che era intelligente, allegra e socializzava con tutti?
Non capisce??? Forse non ascolta!
“Matilde, ma perché non vuoi più ubbidire alle maestre e andare a scuola? Ti garbava tanto!”
“Ci sono tanti bambini piccoli e io mi annoio, voglio imparare a leggere e scrivere”.
Oioi, e ora?
“Facciamo un patto Tinne: adesso tu vai a scuola più allegra e provi a fare amicizia con i bambini nuovi e a divertirti, io ti prometto che a Natale, se ne hai ancora voglia, inizio a insegnarti io a leggere e a scrivere”.
Pensavo che se ne scordasse.
Il 1° dicembre abbiamo fatto l’albero e lei mi ha detto tutta seria: “adesso è Natale, insegnami”.
Così ho tirato fuori i quaderni del piccolo Elia (riesumare i miei orripilanti non mi pareva proprio il caso) e ho iniziato a farle fare le stesse identiche cose, ogni giorno voleva andare avanti. Pensavo che le passasse. Non le passava, ha iniziato a scrivere bigliettini d’amore per me e il fratello, a firmare e descrivere i disegni con cui decora tutta la casa. Siamo state insieme all’open-day della scuola elementare, ha parlato con le maestre e le è piaciuto tutto. Mi sono informata e ho scoperto che a giugno i bimbi possono fare un esamino per entrare direttamente in seconda. Quindi dopo due mesi mi sono resa conto che sarebbe stato il caso di chiamare una vera maestra per capire dove stavamo andando a parare.
La vera maestra mi ha detto che la bimba era sveglissima e interessata e che secondo lei era il caso di “cavalcare l’onda”.
Poi c’è stato il lock-down, la didattica a distanza, ore e ore davanti al PC, io che registravo video-lezioni e lei che disegnava in silenzio accanto a me, la sua bronchite, la mia polmonite, in tutto questo c’eravamo anche io e la mia Piccola Fata, un’ora ogni giorno solo per lei, per farla imparare.
Ho chiesto alla scuola i programmi da farle fare, mi hanno dato quelli comuni a tutte le classi dell’istituto.
Ha lavorato con grande dedizione, ogni tanto è stata più svogliata (quando l’argomento le piaceva meno).
Finalmente a fine aprile ho ottenuto di poter comunicare con le sue possibili maestre di seconda, volevo avere delle dritte per allineare la sua preparazione a quella delle sue compagne, mi hanno risposto, molto carine: “ma non si preoccupi, con il coronavirus si è praticamente fermata la didattica, non importa che le faccia fare l’intero programma, faremo un breve colloquio per conoscerci meglio, ci ricordiamo di Matilde, la accogliamo in seconda con tanto piacere”.
Vabbè, noi comunque siamo andate avanti su tutto, fino al 23 giugno.
Il giorno prima ho confessato alla mia mamma di essere terrorizzata. “Ma dai lalla, è un formalità, poi con molti studenti d’Italia che non hanno fatto nulla, lei è così brava, le faranno leggere e scrivere due frasi e fare due operazioni, che vuoi che sia?”
Temevo che potesse essere qualcosa di spiacevole per lei, magari un piccolo/grande trauma, perché ormai un po’ d’esperienza ce l’ho e conosco “la razza insegnante”…
Eccoci al 1° esame della Piccola Fata presentato da me come: “Tinne, che bello! Oggi andiamo a conoscere le maestre delle elementari, vogliono vedere cosa hai imparato, quindi tu sii educata, ascolta e fai tranquilla ciò che ti chiedono, non preoccuparti se qualcosa ti riesce di meno, ok?”
E lei subito “ti sbagli mamma, le abbiamo già conosciute all’open day”. Già, questa è quella senza memoria.
L’esame è stato sconcertante.
Innanzi tutto le due maestre carine non c’erano, c’erano un maestro e una maestra molto giovani e che hanno preso la questione parecchio seriamente.
L’hanno fatta sedere a un banco e l’hanno interrogata, giuro, su qualsiasi cosa per 1h e 30’. Una bambina che a un banco non c’era stata seduta mai. Ha tenuto la mascherina tutto il tempo.
Io ero a soli due metri da lei appena fuori dalla porta e ho ascoltato tutto.
Nella prima oretta ha fatto pure la splendida, esordendo con frasi tipo: ”Ma questo è un subacqueo, voi due lo sapete che è una delle “parole bagnate” che ci scrivono  con C e Q?” Poi gli ha detto tutte le altre e anche l’unica che si scrive con QQ. Ha proseguito tipo maestrina spiegando ai due mal capitati la storiella di Re Nome e dei suoi servitori gli Articoli e dei due birichini che perdono la faccia davanti alla vocale e gli resta una lacrimuccia… e via così di grammatica in grammatica, l’analisi della frase, singolare e plurale… dopo 60’ ha iniziato ad accusare la stanchezza e quando le hanno chiesto se conosceva i numeri ordinati non lo sapeva (non glieli avevo fatti) e neppure cosa fosse un numero precedente perchè non le avevo insegnato al parola (poi appena le hanno detto che era il numero che veniva prima allora lo sapeva), poi maggiore minore e uguale, ha fatto le operazioni, risolto un problema (ma arrancava, non ne poteva più), risposto in inglese, parlato dei 5 sensi e delle stagioni…
E’ uscito il maestro per fare delle fotocopie e gli ho spiegato che non le avevo mai parlato dei numeri ordinati e che la bambina mi sembrava un po’ provata.
“Sì Sì, non si preoccupi, nella prima parte è stata bravissima, molto pronta, poi adesso ci siamo resi conto che è stanca, ma siamo interessati a sondare tutto il programma”.
Madonnina celeste.
Al 90° minuto alla domanda secca “il fungo è un vivente?” era un po’ perplessa e a dire il vero anche io.
Ha risposto: “Sono stanca”:
“Lo sappiamo, ma secondo te è un vivente?”.
“Non lo so”
“… ma cresce come un albero…”
“… allora sarà vivente” che era un po’ come dire: fai un po’ come ti pare, a me non è che a quest’ora me ne freghi molto.
Fine.
I due esaminatori sono stati fin troppo accurati, ma per fortuna niente di umiliante, le hanno fatto un sacco di complimenti. Hanno voluto trattenere i 4 quadernoni di Matilde per farli vedere alle maestre spergiurandomi che me li restituiranno (devo impilarli con quelli belli di Elia e con quelli orripilanti miei).
Siamo usciti, ero più sfinita io di lei.
“Tinne sei stata bravissima, scusa che non ti avevo insegnato cosa fossero i numeri ordinati”
“Non importa mamma, tanto me l’hanno spiegato questi due maestri e adesso lo so”. Che mito.
“Mamma, ma come mai non c’erano le altre due maestre?”
“Oggi non sono potute venire, ma non ti preoccupare: gli raccontano tutto quello che gli hai detto e loro le rivedi a settembre”.
Dopo abbiamo chiamato la nonna e lei complimentandosi le ha spiegato un po’ meglio che aveva appena sostenuto un esame e da quel momento la Piccola Fata ha cominciato a vantarsi in giro con tutti. Speriamo bene, che questo strano inizio di istruzione parentale con maestra/mamma/dislessica sia per te un buon inizio e che questo lunghissimo primo esame ti porti fortuna.
Ma è solo il primo Piccola fata, gli esami non finiscono mai.

lalla

Quella con le braccia incrociate e dallo sguardo inferocito (che ben rappresenta il mio stato d'animo alle elementari) sono io, proprio di fronte alla mia amata/odiata maestra, l'unica da cui desideravo così tanto ottenere l'approvazione e che, solo pochi giorni dopo questa foto, finalmente e definitivamente me la concesse (cambiando per sempre la mia espressione).
Il cartellone con i ritrattini di tutti i compagni ovviamente lo avevo disegnato io.

3 commenti:

  1. Sarò per sempre in debito con il grande dottor Adeleke per aver sistemato il mio matrimonio rotto dopo che mio marito mi ha lasciato per la sua amante per 7 mesi .. la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124. Non ho mai creduto agli incantesimi fino a quando il mio amico non me lo ha presentato. All'inizio ero scettico su di lui perché ho sentito molto parlare di falsi lanciatori di incantesimi, ma ho messo i miei dubbi dietro di me perché volevo disperatamente riavere mio marito e ho fatto secondo quello che mi aveva detto di fare. Ora mio marito è tornato solo 48 ore dopo averlo contattato. Vivo di nuovo felicemente con mio marito dopo 6 mesi di divorzio e non mi riposerò finché non sarà conosciuto in tutto il mondo. È anche specializzato in incantesimi con denaro, lotterie, incantesimi di malattia E.T.C. Connettiti con il dottor Adeleke ora, la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124 ... È potente

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  2. Sarò per sempre in debito con il grande dottor Adeleke per aver sistemato il mio matrimonio rotto dopo che mio marito mi ha lasciato per la sua amante per 7 mesi .. la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124. Non ho mai creduto agli incantesimi fino a quando il mio amico non me lo ha presentato. All'inizio ero scettico su di lui perché ho sentito molto parlare di falsi lanciatori di incantesimi, ma ho messo i miei dubbi dietro di me perché volevo disperatamente riavere mio marito e ho fatto secondo quello che mi aveva detto di fare. Ora mio marito è tornato solo 48 ore dopo averlo contattato. Vivo di nuovo felicemente con mio marito dopo 6 mesi di divorzio e non mi riposerò finché non sarà conosciuto in tutto il mondo. È anche specializzato in incantesimi con denaro, lotterie, incantesimi di malattia E.T.C. Connettiti con il dottor Adeleke ora, la sua email è aoba5019@gmail.com o WhatsApp su +27740386124 ... È potente

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  3. Mio marito mi ha lasciato per una donna più giovane ed ero devastata. Era come se lo avesse avuto sotto un incantesimo malvagio, Saul si è rivoltato contro di me durante la notte senza alcun preavviso. È successo l'anno scorso, ero disperato, quindi ho usato ogni singolo sito Web di incantesimi che potevo trovare senza risultati. Un amico mi ha mandato dal Dr. Adeleke e l'ho contattato. Ha iniziato a lavorare con me a giugno. Come risultato di tutto il suo meraviglioso lavoro, io e il mio uomo siamo tornati insieme. Sono così felice e privilegiato di avere una persona così grande come te al mio fianco. Grazie! Contatta aoba5019@gmail.com e su whatsapp:+27740386124

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