venerdì 2 febbraio 2024

torna quando vuoi

Che cosa strana l’inconscio, non trovi?
Nel mio caso spesso e volentieri lavora contro di me sostenendo simpatici sensi di colpa e immancabili ansie da prestazione; stanotte pareva dello stesso avviso. Invece.
Come sai in questo periodo siamo di scrutini, quelli del primo quadrimestre e io potrei concedermi di dormire se non fosse che ci sono già in ballo decisioni importanti come la composizione delle commissioni (i miei studenti e le mie studentesse mi fanno una corte spietata perché li porti all’esame, ma quest’anno, non so se lo sai, anche tuo nipote Elia deve sostenere la maturità nella mia scuola; diciamo che la situazione è più complicata del solito e dovunque mi volti rischio di far danni e scontentare qualcuno). Tanti, tanti pensieri. A metà nottata mi sono ritrovata con l’occhio pallato. I miei intorcinamenti cerebrali, ti confesso, non ti riguardavano (ero così presa dai miei doveri di insegnante e di mamma che mi stavo scordando quelli di figlia).
Ma per fortuna dopo un po’ mi sono addormentata di nuovo e ho iniziato a sognare: un gruppo di persone allegre, tipo quasi a braccetto, chi fossero non mi interessa, ma a due metri da me e un po’ spostato sulla sinistra c’eri tu. Tu ancora vigoroso e forte, ma non troppo in sovrappeso. Neanche troppo imbiancato, diciamo un tu cinquantenne, praticamente mio coetaneo.
Ti ho riconosciuto e mi sono sentita fortunatissima di poterti incontrare di nuovo: “Che bello che sei venuto, era tanto tempo che non lo facevi.” Anche tu mi hai riconosciuto e mi hai sorriso. Sapevo che era un sogno e sapevo anche che avevamo poco tempo a disposizione così ti sono venuta subito incontro e ti ho abbracciato. Ho percepito fisicamente il nostro contatto (ed è strano, nei sogni di solito vedo ciò che succede “da fuori” e non riesco ad utilizzare davvero i sensi). Invece ho sentito la solidità del tuo corpo e, deliziosa, la tua barba sulla mia guancia. Come allora, forse un pochino più dura di allora perché in effetti la tua era molto soffice, ma l’ho sentita. Chiaramente. Ho fatto bene ad abbracciarti, è stata una sensazione bellissima. Ma è durata solo un attimo, poi mi sono svegliata.
Se avessimo avuto ancora un po’ di tempo, magari anche solo una frazione di secondo, che nel sogno si sarebbe dilatata, avrei potuto raccontarti tante cose su di noi e su quello che facciamo. Rassicurarti sul fatto che stiamo tutti bene e ricordarti che devi aver fatto qualcosa di davvero buono se ancora oggi, dopo otto anni, ti portiamo con noi. Forse avrei potuto utilizzare quel poco tempo che avevamo per confessarti che la mamma ti guarda ancora con lo stesso sguardo, so che ti avrebbe fatto piacere perché sei sempre stato un inguaribile romantico. Invece no, non ho potuto fare a meno di essere egoista: avevo tanto bisogno dal tuo abbraccio e me lo sono preso. Mi ha riempito di soddisfazione, ha sciolto ogni nervosismo e tensione, ha riportato la mia mente alle cose belle e giuste. È stato un dolcissimo modo di passare la giornata ogni tanto toccarmi la guancia e ricordare quella carezza ispida. Grazie.
Grazie di essermi venuto a trovare proprio per il tuo compleanno.  
Caro babbo, torna quando vuoi.


lalla



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